Bufera sui Savoia per una gaffe di Flavia Amabile

9 Vittorio Emanuele, dopo l'intervista, fa dietrofront e chiede scusa agli ebrei Bufera sui Savoia per una gaffe «Le leggi razziali non erano così terribili» ROMA. «Lei sa che sotto le leggi razziali volute dal fascismo, oltre alla firma di Mussolini, c'è anche la firma di un re Savoia. Molti in Italia le chiedono un atto simbolico di scusa. Lei che cosa risponde?», chiede il Tg2, giovedì sera, primo maggio a Vittorio Emanuele. «No, no» è la risposta. «Perché no?» chiede il Tg2. «Perché io non ero neanche nato», replica Vittorio Emanuele. «Quelle leggi sono stati atroci, infami», ribatte il Tg Due. «Sì, ma io non ero neanche nato» risponde di nuovo Vittorio Emanuele. «Non è lei sotto accusa, ma il casato», precisa il Tg Due. «No, no, il casato con quelle leggi... no, non sono così terribili» risponde Vittorio Emanuele. Fine dell'intervista, inizio di una gaffe. Ieri il principe ha fatto un'immediata marcia indietro. «Le leggi razziali furono certamente un grave errore - recita un comunicato firmato dall'erede di casa Savoia -. Mi inchino, commosso, alle vittime dell'Olocausto e a tutti i perseguitati. Casa Savoia fu la prima, con Carlo Alberto, a approvare una legislazione a favore della comunità israelitica e valdese. Mio nonno, il re Vittorio Emanuele III, era personalmente contrario alle leggi razziali. Le firmò come Capo dello Stato, ma cercò in tutti i modi di mitigarle e contrastarle». In aiuto di Vittorio Emanuele si è espresso anche il duca Amedeo d'Aosta. «Mi risulta difficile, conoscendolo, che abbia potuto dire una cosa del genere», ha spiegato, aggiungendo che quelle leggi rappresentano «la pagina più brutta di questa spiacevole convivenza tra monarchia e fascismo» e che se toccasse a lui chiederebbe scusa. Ma né la marcia indietro di Vittorio Emanuele, né le scuse di Amedeo d'Aosta, hanno potuto impedire l'ondata di polemiche e un'ulteriore scissione all'interno del mondo politico, già diviso sul rientro dei Savoia dopo la disponibilità annunciata mercoledì dal governo Prodi. La prima a giungere è stata la risposta della comunità ebraica. «Quelle leggi sono un'onta che ri mane indelebile nella storia di casa Savoia», ha affermato Elio Toaff, rabbino capo di Roma. Toaff non si è però detto contrario al rientro di Vittorio Emanuele e della sua fa miglia. «Non contano niente, non danno nessun fastidio - ha spiegato -. Sarebbe meglio se rimanesse ro fuori, ma se rientrassero non co stituirebbero qualcosa di impor tante». Più duro il giudizio di Tul Ha Zevi, presidente della Comunità ebraica. «La prima dichiarazione, che è quella rilasciata a caldo e con spontaneità, nella valutazione del le leggi razziali dimostra una gran de ignoranza storica e una scarsa sensibilità umana». «Penso - ha ag giunto - che queste balordaggini dovrebbero far riflettere i membri del Parlamento, quando saranno chiamati a pronunciarsi in mate ria». Alessandra Mussolini, nipote del Duce e parlamentare di An, ha sot tolineato come «i Savoia hanno una vena di vigliaccheria storica che evidentemente continua a pesare». Ma «Vittorio Emanuele non c'entra», ha concluso. Sulla questione è intervenuto anche l'Osservatore Romano, condannando il governo Prodi che pur essendo in ritardo sulla questione lavoro si occupa di «altre questioni, certamente di riguardo, ma che non possono paragonarsi per urgenza, gravità e drammaticità a quelle di una disoccupazione dilagante». Il partito repubblicano ha giudicato le dichiarazioni dell'erede di casa Savoia «un atteggiamento sfrontato e insopportabile». E Pannella: «I Savoia possono già tornare quando vogliono, e da tempo. Qualsiasi Tar cui facessero ricorso dinanzi a provvedimenti amministrativi contro la loro presenza in Italia darebbe loro immediatamente e per sempre ragione». Più sfumata, la reazione del governo. La decisione politica di dare via libera al rientro dei Savoia - ha affermato il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni - «non significa una sorta di cancellazione della storia, perché nella storia rimangono le responsabilità di quelli che hanno consentito l'av¬ vento del fascismo e delle leggi razziali e rimangono i meriti di quelli che hanno cacciato il fascismo». In difesa del principe si sono schierati i monarchici. «Credo che abbia compreso male la domanda», ha spiegato il segretario nazionale della Federazione Monarchica Italiana, Sergio Boschiero. Parole di giustificazione sono giunte anche dall'ex ambasciatore Edgardo Sogno: «Pretendere le sue scuse per qualcosa che non ha commesso sarebbe come chiedere ai nipoti di D'Alema di scusarsi per i crimini di Stalin». Flavia Amabile Tullia Zevi accusa: «Queste balordaggini devono fare riflettere il Parlamento che voterà il rientro» 2^''^'%. Sotto Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto A sinistra il rabbino Elio Toaff

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