IL DESERTO DEGLI SKIPETARI di Guido Ceronetti

« PRIMA PAGINA IL DESERTO DEGLI SKIPETARI mai una deroga, in qualsiasi circostanza. Pacilia non spara. Pacilia è molto apprezzata per la sua ingente tolleranza in specie, temo, da quelli che hanno il vizio sadico, l'idea fissa di aggredire e di sparare. L'inesistenza di pensiero militare (perfino di un sospetto che dei problemi militari esistano e premano) nei partiti, nei politici, in tutto il potere civile, è conseguenza diretta di una perdita tra le più gravi: quella del senso dell'interesse nazionale. Nessuno sa più che cosa sia. Tra la gente che scrive e parla in pubblico è addirittura un'indecenza accennarvi. E si tratta di una castrazione invisibile, il cui effetto naturale è che qui, ormai, c'è una nazione diventata incapace di generare la propria difesa. Ora, l'interesse nazionale primario, modernamente assoluto, esige una cosa soltanto: la sicurezza interna; e se c'è inettitudine all'azione, se manca una dottrina politicomilitare che prima di tutto fissi i limiti della tolleranza alle offese, la sicurezza non solo si fa precaria, ma il suo posto è preso da un Buco Nero che non usa mettere cartelli di avvertimento: «Attenzione, chi scivola dentro non ne esce più». C'è più bisogno di cure psichiche e di recuperi mentah' che di radar, in un simile vuoto di sensibilità al segnale di pericolo, e perfino al ripetersi dell'avvertimento. E si è dato il caso che nel dramma albanese l'interesse nazionale italiano - non quello genericamente papistico-umanitario o dei marmi ONU - fosse in gioco, e lo sia tuttora, duramente. Era interesse nazionale, esigenza primaria di sicurezza, bloccare fin da subito - prevenirli se possibile - i traslochi incessanti di umanità (in parte infelice, in parte per nulla benintenzionata e pacifica) da quelle coste. Ma ecco quel che succede quando pigliano le vertigini a un potere politico che non vuole saperne di strette militari e amputato di senso dell'interesse nazionale: che si mandano (molto tardivamente, nella speranza che non ce ne sia più bisogno) navi e truppe a Valona e in altri porti, senza che le partenze dei gommoni stracarichi e anche di più grossa roba natante, spesso con armi, denaro, droga in abbondanza, diretti alle coste pugliesi, ne ricevano il minimo segnale di dissuasione. Neppure la gaffe sanguinosa dello speronamento del Venerdì Santo ha tolto popolarità alla presenza militare italiana: evidentemente perché ci si aspettava, laggiù, che i nostri e gli altri ONU si dessero da fare per dare scacco matto ai banditi, e riportassero un po' d'ordine. Ma no! Pacilia è andata là per togliere le ragnatele dalle caserme albanesi, non per forzare della canaglia pericolosa a deporre le armi, non per svuotare dei depositi micidiali che verranno a fare del turismo in Italia. Non so quanto si rallegreranno, quei poveretti angariati dal potere legale e stremati dall'aggressività delle mafie, di avere nelle loro caserme, vecchie sedi del terrore comunista, degli spettatori in tuta mimetica col binocolo puntato sulle loro miserie, pronti a fornire streptomicina quando con qualche colpo di fucile si allontanerebbe da lorc il rischio di altre ferite. E neppure per proteggere dei connazionali i nostri si muovono! «Non ce l'abbiamo in agenda»: questa ci tocca di sentire! Quale sia il compito reale di militari itabani in missione è meglio non cercare di spiegarselo con un repertorio logico normale. Sta di fatto che, se degli italiani vengano, come è accaduto, aggrediti e fatti fuori, la surreale missione militare ha l'ordine di restare sul piede di pace. Pax anche per gli inermi ammazzati - perpetua. Del puro nullismo militare, spedizioni che si perdono, figure che torneranno qua dubitando di esserci realmente state, in quella disgraziata Albania. Binocoli senz'occhi da Deserto dei Tartari. Per noi, il deserto degli skipetari. Guido Ceronetti

Luoghi citati: Albania, Italia