Scalfaro: non mi lascio zittire di Renato Rizzo
Mastella: se insistono sul doppio turno la riforma muore subito Il Presidente rilancia le accuse alla Commissione di Bruxelles che ha bocciato l'Italia Scalfari»; non mi lascio zittire Milano, il Polo in piazza contro Prodi TASKENT DAL NOSTRO INVIATO «E' sempre la politica che prevale. Sempre»: Oscar Luigi Scalfaro scrive, metaforicamente, questa sentenza al fondo del bilancio denso di cifre con il quale la Commissione di Bruxelles ha respinto, al momento, l'ingresso dell'Italia nell'Europa della moneta unica. Ed è una sentenza che suona come beffarda e lapidaria condanna degli stessi giudici: guardate con pedanteria l'aritmetica, ma perdete di vista l'ideologia; siete bravi nel controllare i numeri ma troppo miopi per coglierne il valore meno intrinseco. Si coglie nella perentorietà dei termini un nuovo ardore di polemica in ore in cui le polemiche volano veloci, almeno quanto il Falcon dell'Aeronautica Militare che, bucando un crepuscolo color ametista, è sceso su Taskent portando il Capo di Stato italiano in quest'angolo di mondo dove il presidente, che doveva scadere nel '95, è stato prorogato con referendum fino al Duemila e, per Costituzione, detiene un potere di decretazione con forza di legge. Scalfaro arriva qui con la zavorra delle voci discordi che fanno ribollire la politica italiana dopo il suo discorso aspro e rivendicativo del primo maggio. Sugli applausi dei sindacati che considerano le parole del Presidente «un aiuto» nella lotta contro la burocrazia ammazza-occupazione perché servono «a stimolare un processo sino ad ora fran- camente deludente». Ma si affastellano le critiche: il «compito di richiamare» che il Quirinale ha avocato a sé come diritto-dovere, già è bollato come «fuori luogo ed inopportuno»; mentre l'avvertimento di Scalfaro, quel «non tacerò», dal tono stentoreo e vagamente muscolare suona alle orecchie di qualcuno come una inaccettabile promessa di interventismo o «la sponsorizzazione di un governo delegittimato». Appena giunto in Uzbekistan il Presidente tenta di spazzar via, con un perentorio gesto della mano, le critiche: «Conta la politica», afferma appunto. E, proba¬ bilmente, vuole sigillare una duplice condanna: non solo ai contabili belgi ma anche, e soprattutto, a chi, pur occupandosi quotidianamente di quella politica così importante, sposa tesi aritmetiche per alimentare i dissidi. In Italia, migliaia di chilometri ad Ovest di questo fastidio, ancora si discute di Europa e di lavoro, i due temi scandagliati dal Capo dello Stato nel suo discorso romano che si intrecciano e richiedono un atteggiamento coraggioso: quello con cui il Quirinale spiega, ed anzi giustifica, il proprio modo diretto di affrontare alcuni nodi cruciali del Paese: «Se certe volte sono uscito anche con termini forti e vigorosi, non me ne pento. E non tacerò». Poco importa se nel mirino di Scalfaro c'è la Commissione di Bruxelles o il governo ed il Parlamento che, nel campo dell'occupazione, «si fermano» nonostante esistano sia i progetti sia i fondi per realizzarli. Lo stesso Presidente che, oggi, a Taskent ribadisce la prevalenza della politica, il primo maggio è sceso senza freni: ha affrontato, aspro e definitivo, ancora una volta il tema di Maastricht che già aveva riempito di sussulti la sua recente visita in Germania: «Dovevo forse tacere?», si è chiesto assolvendosi subito senza neppure comminarsi la più piccola penitenza, guardando ai giudizi contrastanti sull'ingresso dell'Italia nel Club dell'Euro. Sono tanti, troppi gli interrogativi che questa divaricazione di apprezzamenti lascia aperti: «Né, del resto, può non lasciarne quando grandi autorità monetarie di Washington dicono parole di compiacimento ed altre persone - nessuno mi chieda di definirle autorità - da Bruxelles danno una pagella diversa». Politica come metro di giudizio, invoca Scalfaro prima da Ro- ma ed ora da Taskent. E sul suo stesso terreno scende, con feroce pacatezza democristiana, Pierferdinando Casini: «Ha ragione il Presidente, ma la perplessità espressa dalla Commissione europea è, appunto, politica perché il governo non ha ancora assunto i prowedimenti di riforma strutturale da tempo sollecitati». E Gasparri attacca a sua volta: «Mi pare molto grave che il Capo dello Stato si metta in conflitto con l'Unione Europea. Purtroppo per lui e per il suo .governo - perché tale è quello di Prodi - è l'Unione Europea che ci deve giudicare, non altri». Un fuoco di fila dal Polo. Taradash accusa Scalfaro di «divorare gli ultimi margini di credibilità del governo e di compromettere l'ingresso in Europa». E l'esecutivo? I grandi calibri tacciono. L'applauso al Capo dello Stato è affidato a Ranieri, responsabile degli Esteri del pds: «L'Europa non è solo moneta», sostiene. Ma, poi, sembra raffreddare l'entusiasmo: per Maastricht non servono «né mugugni, né rinvìi, né sconti. Ma bisogna procedere col risanamento, come fa il governo». Di chi sono questi mugugni? Forse proprio di chi continua a criticare dalla Germania e da Roma e dalle pianure dell'Uzbekistan le opinioni dei poco autorevoli giudici di Bruxelles? Renato Rizzo Il presideOscar Lu Mastella: se insistono sul doppio turno la riforma muore subito I ° maggio a Portella della Ginestra: cinquemila persone e i leader di Cgi l-Cisl-U i I per i 50 anni della strage Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro
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