«Processate Di Pietro e il suo pool» di Paolo Colonnello

A giugno un revival dell'ultimo congresso con Andreotti e Forlani La Procura di Brescia accusa l'ex pm: firmava gli interrogatori fatti dai suoi collaboratori «Processate Pi Pietro e il suo pool» E lui ripensa alla politica MILANO. Antonio Di Pietro lo aveva previsto appena una settimana fa: «Vedrete, con tutto questo parlare del mio ingresso in politica, tempo qualche giorno qualcuno chiederà di nuovo il mio rinvio a giudizio». E la profezia si è puntualmente avverata: con il reato di concorso in falso ideologico, ieri il pm della procura di Brescia Roberto De Martino ha chiesto all'ufficio gip di mandare alla sbarra l'ex pm insieme ad almeno 4 suoi «storici» collaboratori accusandoli di alcune «irregolarità» nella stesura di 7 verbali. Ma questa volta, anziché rintanarsi ancor più nella vita privata. Di Pietro sembra voler reagire. Ed è il suo avvocato, Massimo Dinoia, a rilanciare la posta in un durissimo comunicato: «In un'indagine in cui il dottor Di Pietro ha condotto circa 10.000 interrogatori..., la Procura di Brescia ha ritenuto di ravvisare delle irregolarità, per altro del tutto formali, ininfluenti e comunque in realtà inesistenti, nella stesura di qualche verbale. Irregolarità che nemmeno ha sentito di indicare al dottor Di Pietro per permettergli un'adeguata difesa sin nella fase delle indagini preliminari e nonostante egli ne avesse fatto richiesta addirittura per iscritto... In questa situazione - prosegue Dinoia - non condivido più la presa di posizione di Di Pietro di subordinare le sue scelte future alla risoluzione di tutte le vicende giduiziarie. La pazienza ha un limite e mi sembra che Di Pietro ne abbia avuta abbastanza». In altre parole, l'annuncio che Di Pietro potrebbe iniziare a far politica, indipendentemente dalle inchieste che lo riguardano. Lo si vedrà al prossimo appuntamento pubblico: il convegno organizzato a Castellanza a giugno, cui dovrebbe partecipare anche U senatore Francesco Cossiga. Dinoia rivela anche che, sempre ieri, il gip di Bergamo ha disposto un sequestro conservativo nei confronti di Bettino Craxi di beni immobili, mobili e delle cose o somme a lui dovute, sino a 80 milioni, per una delle tante querele promosse e vinte da Di Pietro. Ma il clima in procura, tra gli ex collaboratori di Di Pietro, è pesante. Le accuse colpiscono in pratica il minuscolo nucleo interforze che diede vita con l'ex pm a Mani Puli¬ te. Si tratta dell'ispettore di Ps Giancarlo Spadoni, del maresciallo dei carabinieri Giorgio Fazzari, del maresciallo della Gdf Nazario Pacilli e del vigile urbano Maurizio Rosa. Uomini sconosciuti alle cronache dei giornali ma notissimi tra gli oltre 3000 indagati di Tangentopoli, di cui hanno verbalizzato migliaia di interrogatori, scoperto i segreti e, a volte, rincuorato gli animi. Ed è proprio per questo lavoro, poco glorioso forse, ma fondamentale per la tenuta delle centinaia d'inchieste che si sono succedute dal 17 febbraio del 1992 ad oggi, che adesso i magistrati di Brescia chiedono che vengano processati, ritenendo che abbiano commesso presunte irregolarità, in concorso con il loro ex capo, in almeno 7 di questi verbali. Tutti e quattro - ma nel prowedimento del pm bresciano si parlerebbe in realtà di 5 ufficiali di polizia giudiziaria - sono già stati trasferiti dall'ufficio di Mani Polite subito dopo la loro iscrizione nel registro degli indagati. E per gente che ha lavorato anni nell'ombra, senza risparmiare sull'orario, sacrificando impegni e famiglia, lo sconforto è grande: se il gip accogliesse le richieste del pm tra l'altro rischierebbero la sospensione dal ruolo e dallo stipendio. «Sia chiaro - dice l'avvocato Guido Alleva, difensore di uno di loro - che nessuno ha verbalizzato dichiarazioni diverse da quelle rese dagli interrogati». Secondo l'accusa, Di Pietro, nei casi contestati, avrebbe delegato gli interrogatori di alcuni indagati in stato di arresto ai suoi collabo- ratori, cosa vietata dal codice. Gli interessati respingono naturalmente l'addebito e anche molti avvocati fanno notare che i verbali venivano comunque sempre compilati alla presenza dei difensori, i quali non risulta abbiano mai avuto nulla da dire. Finché, nell'agosto del '95, quando cioè Di Pietro aveva ormai lasciato da un anno la procura, un avvocato milanese, rimasto finora sconosciuto, non ha presentato un esposto, segnalando un caso di verbalizzazione irregolare, l'unico che però il pm di Brescia avrebbe archiviato. Successivamente, nel corso del processo bresciano per le tangenti alla Gdf, il pm De Martino riscontrò che nei verbali d'interrogatorio del 1994 dell'editore di Tex Willer, Sergio Bonelli, e del suo commercialista, Cesare Bozzali, era stato corretto a mano da Di Pietro l'orario d'inizio di quest'ultimo. Sugli episodi contestati, il riserbo per ora è assoluto. Si sa soltanto che le irregolarità sarebbero state commesse durante alcuni interrogatori avvenuti nel carcere di San Vittore e alla procura di Milano e che riguarderebbero principalmente, ma non solo, le inchieste condotte da Di Pietro sulla corruzione tra la Guardia di Finanza. Inizialmente, nell'inchiesta era stato indagato anche il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, la cui posizione però, nel febbraio scorso, era stata archiviata dal gip Andrea Battistacci su richiesta del pm De Martino. Paolo Colonnello :^:^^■.:■:■:■■V:>^v>::M■:•:■^^S:' L'ex magistrato ed ex ministro Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Bergamo, Brescia, Castellanza, Milano