«Adesso voglio vedere Napoli»

3 che ha finora impedito l'ingresso in Italia degli eredi maschi «Adesso voglio vedere Napoli» Vittorio Emanuele: un premio alla pazienza IL PRINCIPE TRA EMOZIONE E SORPRESA ALLORA, Vittorio Emanuele torna. Sembra proprio così, dopo mezzo secolo d'esilio. Emozionato? «Sono stato colto di sorpresa. Data l'autorevolezza dell'iniziativa ho provato una certa emozione. In me è sempre stato vivissimo il desiderio di rientrare in Italia e adesso che il momento sembra avvicinarsi questo desiderio è ancora più forte. E' un'attesa che si protrae da più di cinquant'anni, da 50 anni e 10 mesi, per l'esattezza». Il governo è d'accordo, ma anche il Paese sembra da tempo su questa linea. E a guardare i sondaggi, ad esempio, sono anni che gli italiani chiedono il ritorno di Vittorio Emanuele... «L'ultimo sondaggio dava 1*82 per cento a favore del rientro. E l'I 1 per cento contro. Considerando che ci sono contrari al nostro rientro anche a destra al centro e non solo a sinistra, questo denota almeno un'Italia molto serena». Ringrazia Prodi per questo provvedimento? «Prendo atto con grande soddisfazione di questa iniziativa di governo. Ho avuto pazienza per tanti anni». A un amico di casa Savoia confida: «Beh, il provvedimento del governo rompe una certa acrimonia nei nostri riguardi». Vittorio Emuanele, adesso che il Suo sogno si sta avverando, teme qualcosa? «In me c'è una grande speranza. Credo nella parola'del governo, e spero che il mio rientro sia visibile in tempi ragionevoli. Spero di non essere deluso un'altra volta». Dove andrà a vivere quando verrà in Italia? «La prima città che voglio vedere è Napoli. Perché sono nato a Napoli e da lì sono partito un giorno. Poi dedicherò il primo periodo di permanenza in Italia per conoscerla meglio e per farla conoscere a mio figlio che non l'ha mai vista». Forse questo è il primo giorno. 0 forse l'ultimo, di un esilio strano, un po' anacronistico. Vittorio Emanuele è fuori, informa la sua segretaria dall'ufficio che sta su a mezza costa, lungo il Chemin des Princes, una stradina che sale lontano dal lago. E dalla grande villa con le mura spesse e il cancello di ferro, ripetono che magari arriva stasera. Dicono «torna», dicono «rientra», come un lapsus, o come per evocare un altro ritorno, un altro rientro. Però, dovunque fossero il Principe e la famiglia, o do- vunque siano, la verità è che anche per loro questa è stata una sorpresa. Non troppo tempo fa, Vittorio Emanuele aveva detto che dopo le dichiarazioni del presidente Scalfaro l'anno scorso, lui ci aveva fatto qualcosa di più che un pensiero sul ritorno in Italia. Ma poi c'era stata una frenata, nessuno aveva più parlato del rientro. Nel comunicato che si apprestano a scrivere diranno che quelle promesse avevano «tenuto vive le nostre speranze». Chissà. Una sera di queste il principe parlava con gli amici, nella sua villa di Ginevra, e c'era Sergio Boschiero, segretario nazionale della Federazione monarchica, e c'era anche Emanuele Filiberto, suo figlio, e qualcuno diceva che speranze non ce n'erano più molte, che il problema del loro rientro ormai non faceva più passi avanti. Troppe erano state le illu- sioni. «Anche piccole, anche ridicole», si diceva. Così, c'è una storia che non tutti conoscono di qualche anno addietro, quando il ministro deg'; Esteri era De Michelis, che vale per esempio e che gli amici di casa Savoia sono soliti raccontare. Emanuele Filiberto aveva chiesto se poteva avere il passaporto italiano. Non ci misero nemmeno troppo tempo a rispondergli, e il ministero degli Esteri gli fece sapere che sì, poteva averlo. A lui non sembrava vero. Gli dissero anche che doveva andare a ritirarlo alla sede diplomatica dell'ambasciata italiana in Svizzera. Emanuele Filiberto restò un po' di sasso, incredulo. In pratica, in questo modo finiva per mettere piede in Italia, gli sembrava quasi che gli concedessero di nascosto quello che i Savoia chiedevano pubblicamente da cinquant'anni, dall'alba del 6 giugno 1946, quando il «Duca degli Abruzzi» salpò dal golfo di Napoli, con a bordo la regina di maggio, l'erede al trono e la principessa Maria Gabriella. Allora, Emanuele Filiberto andò una mattina nella sede dell'ambasciata italiana in Svizzera, ma credeva che una volta arrivato li gli dicessero che c'era stato un errore, che non era vero niente, che lui non aveva capito. E invece no. Il passaporto glielo consegnarono davvero, e Emanuele Filiberto raccontò una volta agli amici che si sentiva un passo sopra terra tanto era felice. E uscendo da lì, fece come tutti, che se lo riguardano, che so lo sbirciano velocemente. E cosi s'accorse che c'era scritto: «Valido per tutti i Paesi riconosciuti dal governo italiano eccetto che per l'Italia». Fu un colpo al cuore. Ritornò indietro e riconsegnò il passaporto. Questa volta, però, non sarà così. Vittorio Emanuele scrive un comunicato per la stampa. Sono le sci di una sera bella. E' un comunicato prudente: «L'iniziativa del Presidente Prodi per un provvedimento ufficiale del Governo Italiano, il primo dopo 50 anni, è un pas • so importante per la cancellazione dell'esilio dalla Costituzione Italiana. E' certamente una buona notizia per me e mio figlio, che attendiamo da sempre il diritto di rientrare nel nostro Paese. Le tante promesse fatteci in tutti questi anni da politici di ogni colore culminate nelle parole del Presidente Scalfaro il 2 giugno scorso, hanno tenuto vive le nostre speranze». Chiosa: «Ora non ci resta che attendere: abbiamo avuto serenità e pazienza per tanti anni. Quando tutte le necessarie procedure avranno fatto il loro corso rivedremo con l'affetto di sempre il nostro Paese». Vittorio Emanuele l'ha annunciato: sarà un viaggio di ritorno verso Napoli, per sbarcare al tramonto magari. L'alba l'aveva già vista, era quella del sei giugno 1946. Pierangelo Sapegno «Credo nel governo Spero di non essere deluso un'altra volta» «Porterò mio figlio in giro per l'Italia Lui non l'ha mai vista» I tempi saranno comunque lunghi Alcuni esponenti del Polo accusano «E' una manovra di sapore elettorale» CHE COSA DICE LA COSTITUZIONE «1 membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettoti e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale», dice la XI11 disposizione transitoria della Costituzione Italiana. «1 beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati allo Stato. 1 trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946 sono nulli», continua il testo. I tempi saranno comunque lunghi Alcuni esponenti del Polo accusano «E' una manovra di sapore elettorale»