Stelle morte fatte di neutroni

Stelle morte fatte di neutroni Stelle morte fatte di neutroni Trentanni fa la scoperta delle pulsar PER gli astronomi, gli Anni 60 sono stati il decennio delle maggiori scoperte di questo secolo: sorgenti X extrasolari, radiazione cosmica di fondo, quasar, pulsar. La storia della scoperta delle pulsar è curiosa e vale la pena di raccontarla perché dimostra come anche nella ricerca scientifica, così come nella vita di tutti i giorni, il caso sia una componente essenziale. Siamo nel 1967 - esattamente trent'anni fa - e una giovane che preparava il dottorato all'Università di Cambridge, Jocelyn Bell, osservava il cielo con un radiotelescopio. Il suo era un lavoro piuttosto noioso, uno di quelli che, solitamente, vengono affidati agli studenti di buona volontà. Un giorno, però, il normale tran-tran delle osservazioni venne interrotto da un evento imprevisto. Jocelyn, infatti, trovò una sorgente radio molto ben localizzata nel cielo, e fin qui nulla di strano. La cosa curiosa era che l'emissione di questa sorgente era periodica, cioè si accendeva e si spegneva ritmicamente con un periodo di un secondo e 377 centesimi. Dopo i controlli di rito, Jocelyn corse tutta eccitata a raccontare la scoperta al suo professore, Anthony Hewish, che, narra la leggenda, non la prese troppo sul serio, considerando il segnale frutto di qualche interferenza o di qualche baco nell'analisi dei dati. Per fortuna, la nostra Jocelyn non era il tipo di persona che si perdeva d'animo facilmente e dopo un po' riuscì a convincere anche i colleghi più scettici che aveva scoperto veramente una sorgente radio periodica. l gpQuale corpo celeste poteva essere responsabile di un fenomeno di questo tipo? La cosa più immediata fu pensare che il segnale fosse originato dal susseguirsi di contrazioni ed espansioni della sorgente o dalla sua rotazione su se stessa. In un caso o nell'altro doveva trattarsi di una stella anche se di natura del tutto particolare. La sorgente venne battezzata con il nome di pulsar, dalla combinazione delle parole inglesi PULSating StAR, cioè, stella pulsante. Ben presto si capì, però, che la periodicità del segnale non poteva essere originata da un'effettiva pulsazione della stella. Espansioni e contrazioni così rapide produrrebbero condizioni di instabilità nell'interno della stella ed il fenomeno sarebbe destinato a smorzarsi in tempi brevi. Le osservazioni, invece, dimostravano che il periodo della pulsar era estremamente regolare. Esclusa, quindi, la pulsazione, rimaneva solo la rotazione. Ma quale stella poteva ruotare così velocemente su se stessa senza disgregarsi sotto l'azione della sua forza centrifuga? Doveva trattarsi di una stella dalla densità estremamente elevata, pari a quella del nucleo atomico, vale a dire 100 milioni di tonnellate in un centimetro cubo. L'esistenza di una stella con queste caratteristiche era stata ipotizzata negli Anni 30. Si tratta delle stelle dì neutroni, cadaveri stellari che si formerebbero dal nucleo collassato di astri molto più massicci del Sole dopo che questi sono esplosi come supernovae. Qualche mese più tardi, la scoperta della pulsar PSR0531+21 all'interno della Nebulosa del Granchio, resto dell'esplosione di supernova osservata dagli astronomi cinesi nel lontano 1Q54 d.C, sembrò una conferma di questa ipotesi. Da allora molte nuove pulsar sono state scoperte ed il numero totale ammonta ora a circa 800. La scoperta di nuove pulsar e lo studio costante di quelle già conosciute ha permesso di ricostruirne il percorso evolutivo. A quanto pare, le pulsar più giovani sono anche quelle che ruotano su se stesse più velocemente e, quindi, i periodi di pulsazione sono anche più brevi. Col passare del tempo, però, le pulsar tendono a rallentare e, quindi, le loro pulsazioni si fanno sempre più lente e più deboli fino a diventare, dopo qualche centinaio di milioni di anni, praticamente inosservabili. Nel frattempo, grazie allo sviluppo degli osservatori orbitanti, le pulsar sono diventate oggetto di osservazione anche in bande di lunghezza d'onda diverse da quella radio. Una ventina di esse, infatti, sono state identificate anche come sorgenti di raggi X e tra queste sette risultano essere anche sorgenti di raggi Gamma (la forma di radiazione più energetica esistente in natura). Un numero simile è stato osservato anche nella regione visuale dello spettro (dove vengono solitamente osservate le stelle «normali»). In questo caso a farla da protagonisti sono stati i telescopi dell'Eso (l'Osservatorio Europeo Australe) ed il telescopio spaziale Hubble. Anche se, finora, solo il 3 per cento delle pulsar è stato identificato fuori della banda radio, le osservazioni a diverse lunghezza d'onda sono fondamentali per chiarire gli enigmi ancora insoluti e su questa strada si muoverà la ricerca futura. Roberto Mignani Max Planck Institut, Garching

Persone citate: Anthony Hewish, Gamma, Hubble, Jocelyn Bell, Roberto Mignani Max Planck Institut