E la prima Repubblica ricompare in Sala Rossa
E la prima Repubblica ricompare in Sala Rossa E la prima Repubblica ricompare in Sala Rossa QUELLI CHE TORNANO TORNANO gli uomini della prima Repubblica. Piccolo esercito di ex assessori, ex segretari, ex consiglieri con tanta voglia di togliersi quel maledetto prefisso sul biglietto da visita e rituffarsi nel gioco della politica. Tornano, lasciando alle spalle storie personali spesso controverse, a volte dolorose. Si ricomincia. Con qualche anno di più e molte illusioni in meno. Ma l'importante è esserci, deve aver pensato Baldassarre Furnari detto Baldo, già assessore al Commercio nel partito che fu di Saragat. Poi, per pochi giorni, anche sindaco a termine, giusto il tempo di farsi fotografare con moglie e figli nell'ufficio che oggi è di Castellani. Furnari non è lontano dai 70 anni, ha alle spalle qualche guaio giudiziario: si è rimesso in gioco nella squadra dei socialisti sopravvissuta alla diaspora del dopo-Craxi. Vecchio campione delle preferenze, è arrivato prima di tutti, anche di Ugo Intini. Ma il seggio per lui resta un chimera. Sogna, invece, Tommaso Scardicchio, appeso alle fortune di Castellani. Se il professore ce la farà, l'inventore dei Pensionati torinesi potrebbe riavere la sua poltrona. E, chissà, quella delega agli anziani che la prima Repùbblica gli aveva sempre negato. Al punto che una sera, in dissenso con la maggioranza e ben deciso a non votare, Scardicchio fu protagonista della più ingloriosa fuga mai vista in Sala Rossa. Finì nelle toilettes, vanamente inseguito dall'avvocato Chiusane E con Scardicchio sogna Sergio Gaiotti, nato alla politica sotto l'ombrello di Donat-Cattin, assessore al Lavoro e poi, per una breve e deludente stagione, uomo di punta di Mariotto Segni sotto la Mole. Di Gaiotti restano memorabili gli scontri (quasi tutti persi) con Giovanni Porcellana, che pure era il suo capogruppo. Acqua passata. Ma, intanto, il vecchio sindaco è tornato a giocare e a vincere proprio questa volta. E Gaiotti si è dovuto accontentare della terza piazza, l'ultima disponibile se Castellani vincerà la sfida con Costa. Comunque vada, è invece sicuro il ritorno di Marziano Marzano, già assessore alla Cultura, già vicesindaco e, per pochi giorni, papabile alla ca¬ rica più prestigiosa. Era l'inverno 1991, finiva la breve avventura di Giovanna Cattaneo e il prefetto di prima classe Malpica stava per guadagnarsi, come commissario, il primo di tanti titoli sui giornali. Marzano fallì, perché ormai era finita la lunga, controversa stagione del pentapartito e il «Governissimo» dc-pds era destinato a restare una formula senza contenuti. Tanta storia del Palazzo è ruotata intorno all'avvocato Marzano, il socialista che conosceva la macchina Comune come pochi altri. Come Bepi Dondona, ad esempio, il liberale amico dei monarchici che ricompare sotto la bandiera di Raffaele Costa e, incurante di qualche bypass, conserva lo spirito del vecchio goliarda e la facondia oratoria dell'antica scuola legale. Che non gli impedì il più clamoroso scivolone della sua lunga carriera, quando ammi¬ se di aver fatto il provocatore a pagamento durante i comizi dei «rossi». Tornano. Ricompare a 70 anni suonati Giorgio Balmas, l'assessore di «Settembre musica» e «Punti verdi», potrebbe strappare un seggio la preside Maria Grazia Sestero, arruolata sotto il simbolo della Quercia dopo aver lasciato Rifondazione per approdare ai comunisti unitari. Si rivede Daniele Cantore, ex segretario psi ai tempi di Craxi e La Ganga, assessore regionale quando già il partito del Garofano si era dissolto, ed ora quarto nella lista vincente di Forza Italia. E c'è chi pronostica un posto da assessore (negatogli a suo tempo da Castellani) per Beppe Lodi, secondo eletto tra gli azzurri. Lodi non è mai uscito dal municipio pur avendo tentato (senza successo) l'assalto alla presidenza provinciale. Ma, insomma, senza un posto in giunta lo psicologo approdato a Forza Italia si sente orfano: «A me piace amministrare, la politica la facciano pure gli altri» confessa da sempre. Pare stia spolverando le piccole cose di pessimo gusto che hanno nutrito la sua leggenda di responsabile dei cimiteri o, come si definiva lui, «sindaco dell'altra Torino»: i portapenne a forma di bara, l'inginocchiatoio riservato ai postulanti molesti, il metro con cui prendere le misure ai più fastidiosi. Storie di un'altra Repubblica? «No, cose di un altro mondo». Appunto. Giampiero Paviolo Sperano nel seggio tanti «ex» degli Anni 80 Marziano Marzano (sopra), (da sin.) Giorgio Balmas e Beppe Lodi
Luoghi citati: Torino
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