Una staffetta di dive a lezione da Maria
Una staffetta di dive a lezione da Maria Il mito Caiias a vent'anni dalla morte Una staffetta di dive a lezione da Maria Gira l'Europa la pièce «Master Class» dopo Patti LuPone ecco Irene Papas LONDRA, Viva Maria! è il tributo che si leva dai teatri ai quattro angoli del mondo nel ventesimo anniversario della morte della Callas. Pochi Paesi sembrano resistere all'allure di una serata in compagnia della Divina, regalmente intenta a fare allo spiedo un pugno di giovani cantanti. «Master Class», la pièce dell'americano Terence McNally sulle lezioni di perfezionamento tenute dalla Divina nel 1971, arriva in questi giorni a Londra con Patti LuPone. In settembre ad Atene la parte della protagonista toccherà a Irene Papas, la connazionale che più somiglia a Maria nell'intensità bruciante dello sguardo: la regìa sarà di Michael Cacoyannis. Tra qualche mese l'attuale produzione parigina con Fanny Ardant diretta da Roman Polanski si trasferirà a Madrid. Il soprano drammatico Hildegard Behrens accarezza l'idea di intraprendere la parte in Germania. Londra è una tappa specialmente commovente, perché qui la Callas ottenne il suo più memoràbile trionfo nei panni di Tosca: il Covent Garden produce ancora la famosa messinscena tagliata su misura per Maria. Patti LuPone e il canto hanno due cose in comune: primo, il fatto che nel 1994 è stata lei a tenere a battesimo, proprio qui nel West End, il musical di Andrew Lloyd Webber «Sunset Boulevard»; secondo, la parentela dell'attrice con Adelina Patti, il soprano di coloratura della Belle Epoque che oltre ad essere la sua bisnonna le ha prestato il nome d'arte. La focosa LuPone, il cui naso dritto e importante è davvero callasiano, aveva già suggellato il trionfo newyorkese di «Master Class», che a Broadway ha fatto il tutto esaurito per 18 mesi. Terence McNally, 57 anni, è un fan della prima ora: da adolescente Maria Callas fece la coda per tre giorni, all'addiaccio, per vedere il debutto di Maria al Metropolitan. Nel 1971 assistette a tre master classes della Callas alla Juillard Schoòl di Manhattan: è dunque un testimone oculare, ma insiste che la pièce non è un documentario. Quelle lezioni, a suo dire, furono ,molto noiose perché la Callas non cantò. L'autore respinge anche l'accusa di avere fatto della Divina una sadica: il suo obiettivo, spiega, era di cavare il meglio dai giovani cantanti con la medesima implacabile severità che lei aveva sempre esercitato su se stessa. Patti LuPone, sul palcoscenico del Queen's Theatre, è egregia nel rappresentare questa temibile qualità di Maria, I che rende i giovani allievi spaventati come polli senza testa. «En- tri la prossima vittima!», tuona in un inglese spigoloso da immigrata greca. Egocentrica (tra una rampogna e l'altra rompe la concentrazione dei cantanti chiedendo al pubblico dove può trovare un'estetista), tigresca («Stop! - ferma un sopranino leggero dopo la prima nota -. Stai soltanto cantando e quindi non significa nulla»), vulnerabile («Ho dato tutto a te», geme, intendendo il pubblico e «Ari» Onassis), la Callas di LuPone è una fiera domata soltanto dal proprio declino. «L'arte è dominio»; «Credi che le donne abbiano le palle? Verdi ti dà la possibilità di mostrarle»; «Il palcoscenico è un luogo sacro»; «Canta per salvare te stesso»; «Fegato e look» sono gli imperativi principali di Callas-LuPone. La parallela ossessione della vera Maria per la tecnica del belcanto è qui completamente oscurata da un ordine perentorio: «Senti e sii», è la sua formula per l'interpretazione. Maria Chiara Bonazzi I Maria Callas
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