Show di Freccero, direttore «imputato»

Show di Freccerò, direttore «imputato» «Ho la febbre, giudicatemi voi», il presidente Storace lo invita ad essere serio Show di Freccerò, direttore «imputato» Interrogato dalla commissione di vigilanza Rai ROMA. «Penso di essere stato convocato per ricevere i complimenti per il mio lavoro svolto a Raidue. Sono un po' stupito di questa convocazione e per la verità sono anche malato, he la febbre. Comunque sono venuto ugualmente». Sciolto e informale come è nel personaggio, pallidissimo e un po' arruffato, sicuramente anticonvenzionale per un ospite del Palazzo, il direttore di Raidue, Carlo Freccerò, comincia a parlare nell'aula di San Macuto, e molti fra i membri della Commissione parlamentare di vigilanza restano a bocca aperta, stupefatti, Il presidente, l'alleato nazionale Francesco Storace, si dice subito «imbarazzato» e invita il direttore a introdurre seriamente il dibattito. Freccerò è stato convocato in Vigilanza per riferire sui molti «casi» sorti intorno a Faidue: il servizio sulla massoneria, sospeso e mai andato in onda. La puntata di «Macao» in cui Carmelo Bene affermava che Dio non esiste, col suo stra¬ scico di polemiche, dopo la reazione furibonda del quotidiano cattolico r«Awenire», polemiche alimentate, anziché sedate, dalle dichiarazioni dello stesso direttore di rete al convegno «Antenna Cinema» di Conegliano Veneto («Il 21 aprile abbiamo vinto le elezioni, adesso dobbiamo ancora sopportare le critiche di questi qui»). «Un chiarimento è obbligatorio, invito il direttore a un atteggiamento di maggiore responsabilità», lo esorta l'azzurro Paolo Romani. Ma Freccerò sembra non sentirci proprio. Fornisce una sua versione dei fatti. Difende la scelta di non aver trasmesso il filmato sulla massoneria «perché la commissione etica della Rai non aveva dato la liberatoria» e giura che andrà in onda il 17 maggio. Difende la serata fatidica con Bene a «Macao»: «Credo che la programmazione di quella sera, con il documentario su Auschwitz, Macao e l'intervento del teologo, abbia dato un senso alla tv». E per quanto riguarda le co- se dette a Antenna Cinema, chiede ai presenti «comprensione e complicità»: «Quel giorno ero amareggiato per tutte queste polemiche, mi hanno messo in un dibattito con Oliviero Toscani, ho cominciato a giocare e a provocare, ma non ho insultato i vescovi». Ma il bello, il vero happening, deve ancora cominciare. Parla il ecd Marco Follini e, criticando il silenzio di Storace su tutta la vicenda, cita incidentalmente Aldo Moro. «Lei cita Moro ma il dibatti¬ to politico da allora è cambiato in peggio», si intromette il direttore. E attacca Follini, «che se la prende con me perché non è più il tempo dei suoi raccomandati alla Rai». Attacca pure i vescovi: «C'è una persecuzione fondamentalista di quel giornale nei miei confronti, che dura da quattro mesi», butta lì riferendosi al quotidiano della Conferenza episcopale italiana. E ormai infervorato, già che c'è se la prende anche con Silvio Berlusconi. Dice: «Ad Antenna .Cinema ho detto la pura verità: fui cacciato nel 1992 dalla Fininvest a causa del Caf, certi politici chiesero a Berlusconi di cacciarmi via. Mi hanno fatto del male. Non ce la faccio fisicamente a non dirlo, questo è il mio limite. Ti vero problema è che Raidue ha destabilizzato il mercato, raddoppiando gli ascolti». I parlamentari sono sbigottiti. Anche perché il dibattito-happening è inframmezzato da continue marce indietro: «Non ho fatto niente di male», «Non volevo insultare nessuno», «Scusatemi molto», «Mi offro in pasto, giudicatemi voi». Finché Follini, Romani, e l'alleata nazionale Adriana Poh-Bortone non escono dall'aula. Confermando la richiesta di dimissioni per Freccerò. «Mi pare che se l'altra volta è finita a tarallucci e vino, questa volta non ci sono più né i taralli né il vino» commenta, tra l'amaro e l'ironico, Follini. Maria Grazia Bruzzone Gli dicono: «Serve un chiarimento», ma lui difende tutte le sue scelte Carlo Freccerò ha cominciato la sua audizione davanti alla commissione di vigilanza della iìai dicendo: «Sono stupito di essere stato convocato qui. Per la verità sono anche malato, ho la febbre. Comunque sono venuto ugualmente»

Luoghi citati: Antenna, Macao, Roma