Draghi, l'«ammazza-boiardi» Chi è il superburocrate che guida il tesoro di Roberto Ippolito

Droghi, Mammana-boiardi» Droghi, Mammana-boiardi» Chi è il superburocrate che guida il Tesoro CAMMINA cammina. Finché un bel giorno d'aprile arriva sul Colle. Al Quirinale Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, si toglie una soddisfazione insolita per un superburocrate: lo riceve il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. L'udienza sembra la ciliegina su una carriera da protagonista nell'economia italiana. Una carriera sempre più al centro delle attenzioni e anche delle invidie. Tanto che ormai si parla di Draghi in termini quasi leggendari. Perfino al segretario del pds Massimo D'Alema è attribuita una battuta sul direttore del Tesoro di cui però non esistono le prove che sia mai stata pronunciata: «Su cinque nomine nelle aziende pubbliche quattro le fa Draghi» avrebbe osservato D'Alema. Autentica o no la battuta, è un fatto che nei palazzi del potere si discuta sul ruolo di questo professore di economia che a settembre compirà cinquantanni: la scelta dei manager pubblici dipende da lui? E' l'uomo che fa tremare i boiardi? O che addirittura, secondo i maligni, li... ammazza per la gioia del governo di Romano Prodi? A provocare le domande è il caso di Fabiano Fabiani, dimissionario da presidente della Finmeccanica dopo che l'In (azionista di controllo) ha annunciato un piano di riorganizzazione indigesto. Piano che rispecchierebbe la filosofia dello «spezzatino» di Draghi: creazione di società distinte nella Finmeccanica e vendita separata. Avallata da Prodi, dal sottosegretario alla presidenza Enrico Micheli, dai ministri del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi e dell'Industria Pierluigi Bersani e dal pds, la riorganizzazione ha come regista Draghi? Nelle ali estreme del Parlamento, a destra come a sinistra, c'è chi lo sostiene. Molto aspro, Nerio Nesi, responsabile economico di Rifondazione, è convinto che il caso Fa¬ biani «dipenda da un funzionario del Tesoro come questo Draghi assolutamente non idoneo per decidere in questioni industriali» ma «eccellente in materia di politica monetaria». Per l'opposizione il capogruppo di Alleanza nazionale, Giuseppe Tatarella, vede dietro la vicenda Fabiani «la costituzione di veri e propri gruppi di potere: i più noti attualmente fanno capo a Micheli da una parte e Draghi dall'altra». Quando Ciampi è venuto a conoscenza degli attacchi paralleli di Rifondazione e An si è preoccupato di rasserenare Draghi: «Lasci perdere, non se la prenda» gli ha detto. Del resto lo stesso ministro ci tiene a non rinunciare alle proprie prerogative: il potere di nomina nelle società controllate dal Tesoro spetta personalmente a Ciampi. «Draghi - spiegano al ministero - è un funzionario dello Stato che esegue al meglio delle sue possibilità le indicazioni che vengono dal governo nel rispetto dei compiti assegnati dalla legge». Se le cose stanno così, com'è nato il mito di Draghi-terrore dei boiardi? Forse perché il direttore ha un piede in infinite faccende: è consigliere di amministrazione di Iri, Eni e Bnl. E istruisce tutte le pratiche per le nomine: contatta i cacciatori di teste (le società che cercano i manager più adatti per un incarico), seleziona i papabili, prepara il curriculum di un candidato. E' un lavoro nell'ombra? A volte è Ciampi a farlo svolgere sotto i riflettori: fu lui a inviare Draghi dal ministro dei Trasporti Claudio Burlando per le nomine alle Ferrovie. Alle Fs, all'Enel o alla Stet il governo Prodi in meno di un anno ha cambiato i vertici. Una rivoluzione che ha scosso molti equilibri: qualcuno non gradisce. Roberto Ippolito