Cutolo: voglio un figlio «Lasciatemi usare la provetta» di Fulvio Milone

Cutoio: voglio un figlio Cutoio: voglio un figlio «Lasciatemi usare la provetta» NAPOLI. «Sono un uomo, non una bestia». Parola di «don» Raffaele Cutoio, il padrino di Ottaviano che negli Anni 80 ha terrorizzato la Campania con la sua «Nuova camorra organizzata», tenuto a lungo in scacco polizia e carabinieri e stretto patti inconfessabili con ministri e parlamentari. Oggi il boss, condannato a sei ergastoli, è come un vecchio leone al quale sono state strappate unghie e zanne: davanti al tribunale di sorveglianza di Venezia (competente per il penitenziario di Baldenich in cui il boss è rinchiuso) ha abbandonato il suo atteggiamento spavaldo per chiedere che siano attenuate alcune misure restrittive previste dall'articolo 41 bis, quello che regola il regime carcerario dei detenuti particolarmente pericolosi. Ma il vecchio e spodestato re della camorra non si limita a chiedere clemenza: sta ancora aspettando una risposta dal ministero di Grazia e Giustizia al quale ha chiesto, ben cinque anni fa, di poter avere un figlio dalla moglie, Immacolata Iacone, magari con l'inseminazione artificiale. Ieri i canali di Venezia sembravano cinti d'assedio: carabinieri e polizia hanno scortato in forze il motoscafo con a bordo il padrino di Ottaviano giunto in città per presenziare all'udienza fissata dal tribunale di sorveglianza. Cutoio, con i capelli bianchi e il passo incerto, si è presentato per la prima volta davanti al giudice: mai, prima di ieri, aveva voluto mettere piede in aula. Il suo avvocato, Paolo Trofino, ha presentato una serie di reclami e di richieste di modifica dell'art. 41 bis. «Il giudice - ha spiegato - ha il potere di disattendere quelle norme che determinano un trattamento disumano». Ma quali vessazioni lamenta l'uomo che per un decennio ha seminato morte e terrore? Quali torti ritiene di subire il boss che nell'81, in nome e per conto di esponenti politici di primo piano, trattò con le Bierre che avevano rapito un assessore regionale campano della de, Ciro Cirillo? «Don» Raffaele chiede che i colloqui con i famigliari siano più frequenti: attualmente ne può avere uno solo al mese. E a quanto pare neanche il vitto in carcere lo soddisfa: il suo avvocato ha fatto istanza affinché il suo cliente possa ricevere dall'esterno pacchi con generi alimentari compatibili con il suo stato di salute, reso ormai precario dal diabete. Allo stato, l'unico svago durante le lunghe ore trascorse in cella è un impianto stereo, che consente a Cutoio di ascoltare della buona musica. E poi c'è Immacolata Iacone, la giovane di Ottaviano che il boss ha sposato anni fa nel carcere dell'Asinara. Il padrino pensa spesso a lei, ma vorrebbe telefonarle ogni tanto. Il suo sogno, però, è un altro: un figlio. Per il vecchio capo camorrista in disarmo quel desiderio si è trasformato quasi in un'ossessione: un'idea fissa che lo tortura ormai da sette anni, da quando cioè una coppia di sicari gli ha ucciso il suo unico adorato figlio, Robertino. Cinque anni fa, deciso a percorrere tutte le strade possibili pur di raggiungere il suo obiettivo, Raffaele Cutoio ha presentato al ministero di Grazia e Giustizia un'istanza per diventare padre attraverso la fecondazione assistita. Immacolata Iacone, naturalmente, ha fatto sapere in più di un'intervista di essere assolutamente d'accordo con il marito, ma dal ministero di via Arenula non è ancora arrivata una risposta. Fulvio Milone Il boss in cella: nessuno mi ascolta di Ottaviano, con la moglie

Persone citate: Ciro Cirillo, Immacolata Iacone, Paolo Trofino, Raffaele Cutoio

Luoghi citati: Campania, Napoli, Ottaviano, Venezia