Il Senato cambia le norme per i pentiti

Il Senato cambia le norme per i pentiti Il relatore Calvi: principio della parità delle parti. Vigna: porterà complicazioni Il Senato cambia le norme per i pentiti La riforma del 513: valgono solo le dichiarazioni in aula ROMA. Le dichiarazioni dei pentiti che non si recano al dibattimento per confermare le proprie deposizioni, non potranno essere utilizzate dal pm come prova. E' quanto prevede la riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale approvata, in sede deliberante, dalla commissione Giustizia del Senato e che passa ora alla Camera. Il relatore Guido Calvi (sd) ha spiegato che il principio ispiratore è quello della parità delle parti, in particolare nel momento della formazione della prova, la quale diventa tale sempre e solo nel contraddittorio. Attualmente quando il pentito, e più in generale il chiamante in correo, si avvaleva della facoltà di non rispondere, il pm poteva produrre le sue dichiarazioni fatte o in una fase precedente del procedimento o in un altro processo, e queste costituivano prova senza che vi fosse stato il contraddittorio tra le parti e il difensore avesse avuto la possibilità di un controinterrogatorio. Con le nuove norme se il pentito non si presenta al dibattimento o si avvale della facoltà di non rispondere, al pm non è consentito di far acquisire come prove le sue dichiarazioni. Perplesse le reazioni dei magistrati. Dice Piero Luigi Vigna, superprocuratore antima¬ fia: «Comporterà sicuramente complicazioni in taluni procedimenti dove coDaboratori importanti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in dibattimento». Per Guido Lo Forte, procuratore aggiunto di Palermo, è giusto che il «pentito deponga anche al dibattimento, l'astensione dal rispondere è fenomeno da correggere», ma con le nuove norme tanto il collaborante quanto i familiari potrebbero subire «intimidazioni, minacce, atti di violenza occulta» perché non confer¬ mi in dibattimento. Mario Busacca, procuratore della Repubblica a Catania, osserva che le modifiche «rischiano di trasformare in carta straccia il lavoro di anni se la regola ha valore immediato», ma aggiunge di «poterle accettare per l'avvenire». Anche Paolo Giordano, procuratore distrettuale aggiunto a Caltanissetta e vicepresidente dell'Associazione nazionale magistrati ha espresso critiche e riserve. «Da un punto di vista generale si riequilibrano i poteri tra accusa e difesa e dunque si aumentano i poteri del giudice, si va nella direzione auspicata da tutti. La norma recupera l'oralità del dibattimento», ma ci sono anche «perplessità». Riguardano «il rapporto tra Parlamento e Corte Costituzionale. Da un punto di vista teorico questa nuova norma, secondo il vice presidente dell' Anm, «non può riferirsi ai pentiti, rispetto ai quali, in un certo modo è quasi superflua. Rimane l'ipotesi che un pentito possa tacere, perché intimidito, perché non è sereno. Ma se ciò accade evidentemente è conseguenza di reati, sui quali si deve allora indagare e intervenire». Secondo Giordano, dunque «la nuova norma riguarda soprattutto altri settori dell'ordinamento» ed ha citato «i processi di Tangentopoli dove il problema può essere acuto, perché non c'è l'obbligo contrattuale dell'imputato di reato connesso di deporre». Luigi Li Gotti, un avvocato che ha tra i suoi assistiti numerosi e noti pentiti, è invece favorevole all'approvazione della nuova norma. «E' stato raggiunto un primo passo verso la regolarizzazione di una materia non ancora completamente disciplinata». «In passato - aggiunge - è stata registrata una tendenza a ricorrere all'esercizio del diritto di non rispondere, ma il nuovo processo impostato sull'oralità esige la verifica del racconto». [r. cri.] Favorevole l'avvocato Li Gotti «Questo è il primo passo verso la regolarizzazione» &- Piero Luigi Vigna superprocuratore antimafia

Persone citate: Guido Calvi, Guido Lo Forte, Li Gotti, Luigi Li Gotti, Mario Busacca, Paolo Giordano, Piero Luigi Vigna

Luoghi citati: Caltanissetta, Catania, Roma