«Il permesso premio? Vedere il Papa» Detenuti di Rebibbia: vogliamo andare a San Pietro

«Il permesso premio? Vedere il Papa» «Il permesso premio? Vedere il Papa» Detenuti di Rebibbia: vogliamo andare a San Pietro IL CASO TRA LE SBARRI U ROMA NO ha l'ergastolo, è Francesco Grasso, calabrese di San Luca, condannato per sequestro di persona e altri reati. Un altro uscirà di galera tra 25 anni, nel 2022: è Francesco Strangio, pure lui di San Luca, il «paese dei sequestri». Nel gruppo c'è anche suo fratello Giuseppe, fine pena nel 2013, uno dei rapitori di Cesare Casella: a 16 anni uccise suo zio nel bar del paese. Altri tre usciranno nel 2015, due nel 2010, e giù giù fino a quelli che dovrebbero tornare liberi l'anno prossimo. In tutto sono ventuno detenuti calabresi, sequestratori o trafficanti di droga rinchiusi nel carcere romano di Rebibbia, che hanno chiesto al giudice di sorveglianza uno strano e inedito «permesso premio» di cinque ore: vogliono andare in piazza San Pietro, domenica prossima, dove alla presenza del Papa sarà celebrata la beatificazione di padre Gaetano Catanoso, un prete della provincia di Reggio Calabria morto nel 1963. «Se il tribunale lo riterrà necessario, siamo disposti a partecipare alla funzione anche con la scorta», hanno scritto nella loro richiesta, anche se assicurano che l'accompagnamento di un sacerdote, una suora e un gruppo di agenti penitenziari «rendano superflue, tenuto conto della nostra parola data, le "manette"». La sera, garantiscono gli interessati, sarebbero tutti di nuovo nelle loro celle. Sono ventuno persone responsabili di reati gravissimi, che in carcere hanno scoperto la fede nella religione cattolica e che due volte a settimana, a Rebibbia, partecipano alle riunioni di catechesi. Nomi noti della criminalità calabrese, dagli Strangio a Ierinò, da Antonio Papalia a Domenico Palamara, che oggi dichiarano: «Siamo orgogliosi di rappresentare la prima comunità cristiana costituitasi in un carcere romano... Crediamo che assistere alla beatificazione di padre Catanoso in San Pietro sia per tutti noi un privilegio ed uno sprone a continuare sulla strada della fede, anche ritrovata per qualcuno di noi». La concessione del permesso di poche ore, aggiungono, «costituirebbe un atto di fiducia che saremmo lieti di onorare con la correttezza che per lunghi anni di percorso carcerario abbiamo dimostrato». Ci saranno dunque i sequestratori di persona a piazza San Pietro, con il Papa, domenica prossima? La parola spetta al giudice di sorveglianza, ma anche al Vaticano. Padre Stefano De Fiores - sacerdote calabrese, professore all'università Gregoriana e presidente della Fondazione Corrado Alvaro di San Luca - ha scritto una lettera a monsignor Re, sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede, chiedendo «ventuno biglietti per i detenuti e altri trenta per il personale che li accompagnerà». Il neobeato Catanoso, scrive padre De Fiores, «ha speso la sua vita per il recupero dei diseredati e malavitosi dell'Aspromonte, e abbiamo pensato che la partecipazione dei suddetti detenuti al sacro rito costituirà un'esperienza impor¬ tante ed altamente formativa per il riscatto morale dei medesimi». Ma non ci sono pericoli di evasione, o di problemi di altro genere? «Non credo proprio - risponde il sacerdote che sta aspettando il via libera del Vaticano -. A parte le assicurazioni che ci hanno dato, molti di loro si sono a suo tempo costituiti: non avrebbero vantaggi a tornare in latitanza». Qualcuno potrebbe invocare la sicurezza del Papa per negare il permesso. «Ma la piazza è grande, ci possono anche mettere a distanza di sicurezza, no?», sorride padre De Fiores. La storia di padre Catanoso (raccontata in un libro in uscita di Paolo Gheda, Il custode del Volto Santo, Sei editrice) in qualche modo ha a che fare con la criminalità calabrese. Il neobeato, nato nel 1879, svolse la sua azione pastorale ai primi nel '900 nell'entroterra reggino, a contatto con le popolazioni taglieggiate dal vassallaggio e dalla mafia locale. E convertiva gli antenati dei boss, come fece intorno al 1915 con gli «sgherri» inviati ad ucciderlo perché aveva celebrato le nozze di due giovani contro il volere del signorotto del paese. Ora anche ì sequestratori sperano nell'intercessione, dall'«alto», del beato Catanoso: «Osiamo pensare scrivono, nella richiesta - che Lui, nostro corregionale, sarà il faro che illumina il nostro difficile cammino per un rientro sano in seno alla società civile, forti dei valori ritrovati». Giovanni Bianconi «Siamo orgogliosi di rappresentare la prima comunità cristiana in carcere» «Siamo disposti a partecipare alla funzione anche con la scorta» Ventuno detenuti calabresi sequestratori o trafficanti di droga rinchiusi nel carcere di Rebibbia hanno chiesto al giudice il permesso di andare in piazza San Pietro per la beatificazione di padre Gaetano Catanoso un prete della provincia di Reggio Calabria morto nel 1963

Luoghi citati: Reggio Calabria, Roma