«Italiani checche»: interviene l'ambasciata di F. Gal.

« Italiani checche»: interviene l'ambasciata Sullo Spectator, rivista intellettuale della destra, altre accuse: «Indifferenti a musica e cultura» « Italiani checche»: interviene l'ambasciata A Londra quasi un incidente diplomatico per un articolo al veleno LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Italiani tutti «checche incipriate di rosa», per prendere a prestito l'espressione di un viaggiatore inglese di due secoli fa? Peggio, interessati alla cultura non più di quella «gentaglia di invasori barbari da cui discendono»? Per farla breve: non sarebbe meglio che «l'Italia fosse tolta agli italiani e data a qualcun altro da accudire»? Se si trattava di uno scherzo, era di cattivo gusto. Ma se non lo era, forse, sarebbe stato meglio ignorare il dente avvelenato di Petronella Wyatt, il cui sfogo sullo «Spectator» - battagliera rivista intellettuale della destra britannica - sapeva di malumori personali. Invece è diventato un «caso» diplomatico; perché nella polemica è entrato Antonio Armellini, ministro-consigliere dell'ambasciata italiana a Londra, che le ha risposto per le rime. Lo ha fatto con garbo, per evi¬ tare che lo scontro diventasse rissa; ma senza tralasciare nulla, neppure la difesa d'ufficio del maschio italiano. Citando quel viaggiatore inglese che parlava di «checche incipriate», e accusando Casanova di essere stato una «mendace eccezione», la Wyatt aveva tirato in ballo anche una giovane (e sessualmente insoddisfatta) contessa veneziana. «A Roma - aveva scritto Wilkes - Venere potrebbe camminare nuda per strada e nessun gentiluomo itabano le presterebbe attenzione. Sarebbe però diverso se si trattasse di un giovane inserviente senza vestiti»: E la contessuta: «I miei connazionali sono insoddisfacenti compagni d'amore. Oh, se potessi essere nata altrove». Armellini interviene, in una lettera uscita nell'ultimo numero della rivista, per dire che «è difficile seguire la logica» di un ragionamento per cui, prendendo quelle testimonianze di due secoli fa, si ha «la "confer¬ ma" che un crescente numero d'italiani della fine del 20° secolo sia impotente o omosessuale». Che non sia, insinua, la rabbia di una donna respinta? In effetti l'acidità è molta, nei ripetuti attacchi della Wyatt all'Italia. E se l'atto d'accusa era nato dall'incendio al teatro La Fenice di Venezia e al Petruzzelli di Bari, la requisitoria è presto diventata «tous azimuts». Dire sulla base di quelle tragedie che «gli italiani sono indifferenti alla musica e alla cultura», s'infervora Armellini, sarebbe come dire che gli inglesi sono indifferenti ai trasporti perché di tanto in tanto qualcuno dà fuoco a un treno. Ma quello che più irrita è quell'altana senza italiani». «E' un Paese - aveva scritto Petronella Wyatt - che esiste soltanto nella mente degli stranieri. Così come lo conosciamo è creatura di generazioni di inglesi e americani iper-romantici». «Ottima idea per un nuovo gioco di società», repbca Armellini: immaginiamo Firenze senza italiani come Masaccio, Donatello e Brunelleschi, Roma senza Michelangelo. Venezia, per esempio, diventerebbe la Stoccolma del Sud. «Non posso dire che Pienza sarebbe Bath - aggiunge con cattiveria - perché senza l'esempio di città rinascimentali come Pienza, costruita da e per italiani, Bath non esisterebbe». Una nota di leggerezza, a risollevare il tono della polemica, è venuta in un'altra lettera, scritta da Aliai, la moglie di Sir Rocco Forte di fama alberghiera. Anche lei se la prende con la Wyatt, dicendole senza peli sulla lingua che forse «non è il tipo che piace agli italiani». Ma poi difende quelle «checche incipriate di rosa». In Italia, dice, tutti gli uomini mi fanno una corte spietata; in Inghilterra, in dodici anni, nessuno ci ha provato. Si chiama dare a Cesare quel che è di Cesare. [f. gal.]