Chiude la scuola dei Presidenti
Chiude la scuola dei Presidenti Tra gli allievi dell'istituto voluto da de Gaulle Chirac, Giscard, Balladur Chiude la scuola dei Presidenti Juppé: l'Ena è inefficiente, dobbiamo riformarla PARIGI NOSTRO SERVIZIO Basta con i tecnocrati. La Francia si sfila il suo fiore all'occhiello, l'Ena, la più grande delle «Grandi scuole», quella da cui è uscita per mezzo secolo la crema dei politici, dei funzionari dello Stato e dei manager delle grandi imprese nazionali. Al posto della prestigiosa scuola, per decenni citata ed invidiata ad ogni pie sospinto per indicare l'efficienza e la presenza dello Stato, nascerà «qualche altra cosa», ha annunciato senza aggiungere altro l'«enarca» di turno in questi anni a Palazzo Matignon, il primo ministro Alain Juppé. Secondo lui, «l'Ena è invecchiata». Proprio dagli ex allievi più illustri, quelli che oggi guidano lo Stato, il capo dello Stato Jacques Chirac, il premier Juppé, ma anche dagli enarchi dell'opposizione socialista, Lionel Jospin in testa, è venuta la sentenza. Figli ingrati rimproverano gli ultimi difensori della «Grande Ecole» -che sull'altare delle legislative anticipate e della sbandierata «destatalizzazione» della Francia, sacrificano la creatura voluta dal generale de Gaulle all'indomani della seconda guerra mondiale. Ma la crisi dell'Ena viene da molto più lontano ed è parte della crisi stessa che attraversa in questi anni la Francia, Paese con una «grande testa» parigina che non riesce ad «autoriformarsi», a snellire e decentralizzare come prescrivono le ricette per il futuro. All'Eliseo abita l'enarca Chirac e abitava l'enarca Giscard d'Estaing, a Matignon sono stati sei gli inquilini provenienti dalla scuola ora in estinzione, tra cui Edouard Balladur, innumerevoli ministri (Léotard, Toubon, Chevenement), all'Ena studiò il governatore della Banca di Francia, Jean-Claude Trichet, così come i presidenti della «Société Generale» o del gigante petrolifero Elf. Ieri è stato Juppé a sancire la prossima fine dell'Elia così com'è, qualche giorno fa era stato il socialista (ed ex enarca pure lui) Laurent Fabius, che molto più seccamente aveva decretato: «Bisogna abolirla. E' una riforma da fare ed anche in fretta». Le avvisaglie, però, si erano moltiplicate in questi ultimi anni, proprio perché la crisi ha suggerito a molti l'inadeguatezza della megastruttura che forma la leadership di alti funzionari. Tullio Giannotto
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