Ma l'Ulivo fa finta di nulla di Augusto Minzolini

Ma l'Ulivo fa finta di nulla Ma l'Ulivo fa finta di nulla E la maggioranza va avanti come prima f ROMA ALE MA canta vittoria, Fausto Bertinotti pure, Silvio Berlusconi anche, Massimo Fini idem e lo stesso Franco Marini, a cui pure non mancano i problemi, si unisce al coro. Così il bipolarismo italiano, che come tutti i sistemi di questo tipo dovrebbe essere organizzato in modo tale da assicurare un vincitore e un vinto, riesce nella difficile impresa di premiare tutti senza scontentare nessuno. Almeno a sentire i discorsi dei suoi protagonisti. Stando così le cose è evidente che il voto di ieri avrà poche conseguenze: chi dovrebbe sentire il campanello d'allarme delle urne fa finta di niente e la situazione è consacrata allo stallo. Rimarrà il governo Prodi, i toni dell'opposizione aumenteranno, i lavori della Bicamerale si impantaneranno in un muro contro muro, Bertinotti continuerà a tirare la corda e gli altri subiranno, malgrado D'Alema - ma non è la prima volta - inviti il leader di Rifondazione alla «prudenza» e a tenere a bada la «boria». Il governo è debole, la coalizione di maggioranza mostra di avere problemi elettorali, le difficoltà si moltiplicano ma proprio per questo nulla cambia, tutto va avanti come prima. Al solito, si «galleggia». «La verifica è più facile per tutti - è stata l'analisi entusiasta che Romano Prodi ha fatto dei risultati elettorali ai suoi collaboratori - perché tutti hanno capito che l'attuale assetto di governo è imprescindibile. Voglio vedere se qualcuno continuerà a dare in testa inutilmente a Bertinotti. Anche Dini da queste elezioni dovrebbe aver capito che conta ben poco». Insomma, non è successo niente. Come non è avvenuto niente quando un partito della maggioranza di governo ha votato contro la missione italiana in Albania. O, ancora, quando la Commissione europea ha preannunciato al nostro governo la possibile esclusione dell'Italia dalla moneta unica europea. Eppure ci sarebbe di che rimuginare su questo voto. Specie a sinistra. Ci sarebbe da riflettere, ad esempio, sul fatto che dopo queste elezioni con il venir meno della gamba moderata dello schieramento di centro-sinistra («ridotta ad un moncherino» per usare un'espressione del pidiessino Mauro Zani), ha più senso parlare di pds che non di Ulivo, visto che i due soggetti sono diventati - almeno nei consensi più o meno la stessa cosa. Oppure bisognerebbe analizzare con più attenzione il successo politico (evitiamo di parlare di quello «numerico» per non dare sulla voce a D'Alema) raggiunto da Fausto Bertinotti. Al di là degli «altolà» del segretario del pds, infatti, i dirigenti di Botteghe Oscure invece di interrogarsi sul freno posto da Rifondazione alle possibilità dell'Ulivo - e della Quercia - di conquistare i ceti moderati, si sono gettati in una vera e propria corsa verso il partito di Bertinotti. Pietro Folena arriva a teorizzare che gli elet- tori hanno premiato «l'anima governativa» di Rifondazione. Mauro Zani teorizza l'accordo e 1'«apparentamento» al secondo turno in tutti i comuni con il partito di Cossutta. Cesare Salvi ha detto ieri sera davanti a duecento parlamentari del pds che sarebbe pronto «a sottoscrivere il documento di Rifondazione sulla giustizia in Bicamerale come punto di partenza». Napolitano ha assunto una posizione di prudenza sulla tesi dell'ingresso nella moneta unica europea a tutti i costi, avvicinandosi alla linea dei neo¬ comunisti. Di questo passo c'è il rischio che non sia il pds a risucchiare Rifondazione sulle sue posizioni, ma l'esatto contrario. C'è il pericolo, in altre parole, che la debolezza di Marini e l'estinzione di Dini trasformino l'identità dell'Ulivo e del centro-sinistra: da oggi in poi l'attuale schieramento di governo potrebbe fondarsi sulla dialettica e, magari sulla polemica, tra le due sinistre con Romano Prodi in mezzo. Come avviene spesso in Italia i mali si trasformano in virtù: una condizione che negli scorsi mesi era vissuta con sofferenza, all'improvviso potrebbe essere considerata, o meglio, accettata per forza di cose come un possibile «modus vivendi». Risultato: il pds verrebbe indotto a ricercare ad ogni costo una mediazione con Rifondazione sia sulla riforma dello Stato sociale, sia sul lavoro in Bicamerale. Perché potrebbe avvenire tutto questo? Al di là dei tanti discorsi che si possono fare, c'è una sola risposta: la paura. «Noi rischiamo - è l'analisi spietata che fa di questo possibile epilogo un pidiessino come Lanfranco Turci - di ragionare privilegiando il breve periodo, rispetto al medio e al lungo. Per non mettere in ballo il governo, entriamo nella logica di Fort Alamo stringendoci a Rifondazione. Si toma ad una dialettica tutta interna all'ex-pci, si finisce per rappresentare, per giunta in due, solo quel vecchio bacino elettorale e neppure tutto. Il che significa dire addio ad ogni espansione verso l'area moderata, condannare nei prossimi anni la sinistra ad una sconfitta storica: per non mettere in pericolo oggi il governo Prodi si compiono sbagli che potrebbero tenerci lontani dal governo per 15 anni». Ma a sentire D'Alema, il «realista», c'è poco da fare: in Italia al momento non esistono né socialisti, né liberali. Ma tanto fatalismo, tanta resistenza ad osare, fa sorgere un dubbio: esisteranno mai?. Augusto Minzolini

Luoghi citati: Albania, Italia, Roma