«Neanche più un voto a questo governo»

«Neanche più un voto a questo governo» Il leader di Forza Italia alla campagna di primavera: Milano e Torino, che bella sorpresa «Neanche più un voto a questo governo» Berlusconi: scenderemo in piazza, Prodi vada a casa ARCORE DAL NOSTRO INVIATO «Non daremo mai più un voto a favore di questo governo. L'abbiamo fatto, e non ce ne pentiamo, perché abbiamo evitato che l'Italia fosse esposta al ridicolo. Ma siamo stati mal ripagati. Per il bene del Paese questo governo deve andare a casa». Altro che inciucio. Altro che larghe intese. Silvio Berlusconi, dopo la battaglia elettorale, va all'attacco. E dalla villa di Arcore, in attesa che il Polo dia la scalata decisiva a Milano e Torino («lì ho avuto una gradita sorpresa...») lancia la sua campagna di primavera quando, sottolinea, «porteremo la nostra indignazione in aula e in piazza». Ma D'Alema, presidente... «L'ho detto in Parlamento. Caro D'Alema, ci vuole coraggio. Hai avanzato un progetto, non puoi stracciarlo o metterlo in un cassetto perché c'è Bertinotti. A questo punto è proprio Bertinotti il vero protagonista e D'Alema un comprimario». Quindi non sarete disponibili a votare la Finanziaria? «Noi abbiamo sempre avuto un atteggiamento responsabile. E ci hanno sempre sbattuto la porta in faccia. Ma a questo punto, è chiaro, non daremo mai più un voto a questo governo. La situazione, del resto, è chiara: il centro non conta più niente. Esiste solo la sinistra e per la sinistra la via per l'Europa passa per più tasse. E perdiamo posti di lavoro». Il pds, intanto... «Il pds è succube delle imposizioni di Rifondazione. E D'Alema... In aula gli avevo chiesto, guardandolo negli occhi, uno scatto di fantasia e di coraggio, una luce d'intesa. Purtroppo non c'è stata». E pensare che ancora, pochi giorni fa si parlava di larghe intese. O no? «Alt. Io non ho mai parlato di larghe intese. O meglio, ho detto che un Paese serio a questo punto avrebbe pensato ad una grande coalizione. Ma sapevo che non c'erano le condizioni perché la sinistra, dopo 50 anni d'attesa, non era disposta a rinunciare al potere. E ho cercato di spiegarlo ai miei elettori. No, non intendevo dar fiducia al pds perché convertito finalmente alla socialdemocrazia. Ma per un'altra ragione». Ovvero? «Ma per interrompere l'occupazione sistematica del potere in tutte le istituzioni, le aziende pubbliche e adesso anche nei comuni. Basta vedere quel che è accaduto al Monte Paschi dove il pds dispone di 7 consiglieri su 8. Ho cercato di spiegarlo agli elettori e forse sono stato capito. Non volevo cambiare politica. Anzi, sono sempre stato coerente». Adesso si tratta di confer¬ mare la vittoria, presidente. Che farete? «I candidati del Polo si rivolgeranno ai moderati, spiegheranno agli elettori di Dini e a quelli della Lega che con il loro voto, in passato, hanno consegnato il Paese alla sinistra. E ai leghisti spiegheremo che il consiglio di Bossi, cioè di andar in montagna, può far bene alla salute ma non alla democrazia». A proposito di Dini, da Washington il ministro degli Esteri insiste sulla necessità di aprire il dialogo sulle pensioni, sullo Stato sociale. Siete d'accordo? «Per quanto riguarda Dini, è lui che deve concretizzare, subito, la sua apertura e passare nel centrodestra dopo tanti andirivieni di dichiarazioni. Se non lo fa e resta dov'è, deve capire che tradisce i suoi elettori. Del resto, lui conosce benissimo la nostra riforma delle pensioni, presentata quando lui era mini- stro del Tesoro. Per quanto riguarda le pensioni e lo Stato sociale la nostra posizione è nota: non intendiamo abbatterlo, ma al contrario vogliamo farla finita con l'assistenzialismo e il clientelismo e migliorare i servizi per i meno abbienti». Non voterete più a favore del governo, dunque. Ma che destino avrà, a questo punto, la Bicamerale? «Anche li saremo fennissimi e guarderemo solo alla sostanza delle cose. Ma, del resto, la Bicamerale è l'unica possibilità che ci hanno offerto per cambiare le cose. Per questo l'affrontiamo con la massima serietà. Purché si facciano le cose sul serio. Prendiamo la divisione delle carriere nella magistratura. Noi vogliamo per davvero giudizi imparziali e sereni. E' un principio a cui teniamo e si tratta di un principio da affermare nella Carta Costituzionale». E la riforma elettorale? «Noi siamo per un bipolarismo di sostanza. Vogliamo una riforma elettorale che ci permetta di raggiungere una governabilità stabile. Sì quindi all'intervento diretto dei cittadini per la scelta del capo del governo o del Presidente. Ma non crediamo che si debba portare avanti un bipolarismo non vero». Ugo Bertone ai centro non conta più niente. Esiste solo la sinistra, per cui la via per l'Europa passa per più tasse. Così perdiamo posti di lavoro» «Dini? Deve concretizzare la sua apertura e passare nel Polo dopo tanti andirivieni. Lì dov'è tradisce gli elettori» vi Nella foto a sinistra il leader del Polo Silvio Berlusconi Qui accanto il leader del pds Massimo D'Alema

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