Finmeccanica, Fabiani sbatte la porta

Finmectanka, fabiani sbatte la porta L'azienda tornerà ad essere una holding finanziaria, e il presidente lascia dopo 14 anni Finmectanka, fabiani sbatte la porta «L'Iti cambia strada, e io difendo la mia dignità» ROMA. Fabiano Fabiani se ne va, abbandona la Finmeccanica dopo quattordici anni di regno. Rassegnerà le dimissioni da presidente all'assemblea degli azionisti del 30 aprile e lascerà all'Iri la strada aperta per scrivere un futuro diverso da quello che lui aveva programmato per la sua azienda, che tornerà ad essere una holding finanziaria capogruppo invece che una società operativa. Il cambiamento di strategia dell'istituto di via Veneto nei confronti della controllata, deciso a sorpresa giovedì, non gh ha lasciato altra scelta che togliere il disturbo. «Hanno fatto una cosa che a me non stava bene e non ho potuto che reagire così - commentava ieri in serata -; ognuno difende a modo suo la propria dignità». La notizia del dietrofront dell'istituto di via Veneto l'ha avuta per telefono dal presidente Tedeschi, che l'altro ieri l'ha chiamato alla fine della riunione di consiglio per dire che le cose erano mutate. In quattro anni di grandi manovre, Fabiani aveva gradualmente riunito in Finmeccanica tutte le funzioni operative del gruppo, incorporando Alenia, Ansaldo e le attività italiane Elsag Bailey, nonché quelle di Agusta, Galileo e Oto Melara rilevate dalla vecchia Efun. Ora l'Ili ha deciso di invertire la rotta, di scorporare le aziende in modo da «rendere più agevoli le necessarie alleanze», rafforzare la competitività delle aree prioritarie anche per rendere «più proficuo e rapido u processo di privatizzazione del gruppo». Sembra che Fabiani non se l'aspettasse, nessun indizio aveva fatto pensare ad un riorientamento delle strategie. E pare anche che Prodi, con cui il numero uno uscente della Finmeccanica ha parlato ieri pomeriggio, non fosse al corrente degli sviluppi. Così dietro le quinte si pensa adesso che Tedeschi, e sopra di lui il ministero del Tesoro, abbia ambizioni più importanti e punti diritto verso l'inglobamento della Finmeccanica nell'Ili. Se questo fosse il progetto, è chiaro che un Fabiani pienamente in sella ad una società operativa avrebbe potuto costituire un ostacolo al limite dell'insormontabile. L'Iri ha motivato la sua mossa con due ordini di ragioni. Partendo dalle perdite ritenute ancora pesanti (540 miliardi nel '96 e terzo anno di gestione industriale negativa), via Veneto è passata a chiedere una . revisione delle strutture e delle I strategie in modo da poter rendere l'attività nuovamente redditizia. «Non era un atto di sfiducia nei confronti del management - si faceva notare ieri all'istituto di Tedeschi ma solo la volontà di riprendere a fare utili». La metamorfosi poteva essere compiuta anche senza rinnovare i vertici e le dimissioni di Fabiani «non erano né attese né richieste». Ma, ora che ci sono, all'Ili qualcuno tira un sospiro di sollievo. Le spiegazioni degli uomini di via Veneto suscitano perplessità nella Finmeccanica che, nell'elaborare il bilancio, ha puntato sulla carta del rosso strategico «d'accordo con l'I- ri», ripulendo i conti e portando al livello massimo gli ammortamenti. Il messaggio è che «il gruppo non va male», ma sta vivendo una fase di riassetto che passa anche attraverso una pulizia di carattere finanziario. Al di là delle cifre e dei possibili pretesti, è palese che lo scontro ha radici più profonde. Nasce dal dissidio fra due logiche industriali divergenti in cui, per ora, ha avuto la meglio l'azionista di controllo. Cioè Tiri e, quindi, il Tesoro. L'addio di Fabiani ha scatenato una valanga di reazioni. Detto che al momento l'amministratore delegato Bruno Steve non intende seguire l'esempio del suo presidente («per senso di responsabilità» visto che ci sono delle trattative in corso con le banche per ridurre gli oneri del debito), si registrano umori solidali un po' in tutti gli schieramenti politici e no. «Un segno di correttezza, che però potrebbe dare all'Ulivo una nuova occasione di lottizzazione», ha commentato l'economista di fi Antonio Marzano. «Amareggiato e sorpreso» 0 responsabile economico di Rifondazione, Nerio Nesi, vicino a Fabiani e critico con il Tesoro, col direttore generale Draghi in particolare: ((Avrebbe fatto meglio a dimettersi Tiri». Aggiunge Bertinotti: «Il governo respinga le dimissioni». La Cgil chiede al ministro dell'Industria di «dare gli indirizzi per Finmeccanica e il suo management», la Uil auspica una verifica sulla vicenda, mentre la Cisl denuncia la mancanza di prospettive strategiche per il gruppo. Il pds invita ad un riesame complessivo dell'industria pubblica. Fabiani, a torto o a ragione, era considerato l'ultimo grande boiardo delle Partecipazioni statali. Entrò in Rai nel 1955 con un concorso pubblico e poi, vicinissimo ad Ettore Bernabei, è stato direttore del telegiornale unico e artefice della riforma di viale Mazzini. Nel 1978 è passato all'Iri come direttore centrale e nel '79 ha assunto il ruolo di amministratore delegato di Autostrade. DalT81 è in Fimeccanica, di cui è diventato amministratore delegato nell'85. Da allora ha trasfonnato il gruppo di cui ha assunto la presidenza due anni fa. Abile comunicatore, cattolico in grado di dialogare proficuamente con la sinistra, Fabiani è stato uno dei pochi manager pubblici sopravvissuti alla cosiddetta Prima repubblica. Le sue dimissioni sono la sua nuova sfida. Marco Zatterin LA «SCALATA» DALLA RAI A FINMECCANICA 1930. Nasce a Tarquinia il 17 maggio. 1955. Entra in Rai con un concorso pubblico. Lavora per 20 anni ricoprendo le cariche di: direttore del telegiornale e dei programmi culturali televisivi, vice direttore generale per il coordinamento delle direzioni tecnica, amministrativa, commerciale e del personale. 1978. Passa all'Iri, come direttore centrale. 1979. E' amministratore delegato della Società Autostrade e lo sarà fino a marzo 1981. 1981. Diventa direttore generale e consigliere di Finmeccanica. 1985. Sotto la presidenza di Franco Viezzoli, diventa amministratore delegato: ha gestito la vendita dell'Alfa Romeo alla Fiat, la fusione con la Sifa, lo sbarco in Borsa, la mega-fusione con le società operative Ansaldo, Elsag Bailey, Alenia, l'acquisto delle aziende ex Efim. 1995. Per questione di età e di statuto Iri, lascia a Bruno Steve la carica di amministratore delegato e diventa presidente. La ratifica a fine aprile Rifondazione attacca il Tesoro mente redditizia. di sfiducia nei congement - si faceva ituto di Tedeschi ntà di riprendere a metamorfosi poteva anche senza rinnoe dimissioni di Fao né attese né ria che ci sono, all'Ili sospiro di sollievo. degli uomini di via o perplessità nella he, nell'elaborare il tato sulla carta del «d'accordo con l'I- La ratifica a fine aprile Rifondazione attacca il Tesoro i

Luoghi citati: Roma, Tarquinia