Gramsci, il comunista che piace a tutti di Antonella Rampino

Gramsci/ il comunista che piace a tutti Gramsci/ il comunista che piace a tutti Per An rivoluzionario, per D'Alema socialdemocratico ™Jlllt «DI CHI E '» L'IDEOLOGO? IN un mondo che si mondializza, ossia si americanizza, abbiamo bisogno di Gramsci». E così, preceduto dal viatico di «Liberazione», Fausto Bertinotti materializzerà, con una corona deposta sulla tomba, al romanissimo Cimitero degli Inglesi, l'omaggio all'old communist. Lanciando così un messaggio chiarissimo: Gramsci da stamattina appartiene a Rifondazione. Ora, se l'appropriazione dell'antenato politico è vizio e virtù in qualunque Paese, vero è che nel nostro, come sempre, se ne abusa. Accadde, ai tempi della Lega trionfante, al povero Carlo Cattaneo, vero padre del federalismo di cui i bossiani in vena di storicismo si appropriarono, causando l'insurrezione di tutti i liberal della penisola. E accade oggi, con il centro-sinistra al potere, ad Antonio Gramsci, stiracchiato a destra e a manca. Proprio lui che, per dirla con uno storico non sospetto, Giovanni Spadolini, «fu pienamente, totalmente, consapevolmente comunista, fino alla fine dei suoi giorni». Ecco dunque che Gramsci pare un rivoluzionario , e dunque «di destra», ai ragazzi di Gianfranco Fini. Addirittura, «uno che considerava il fascismo scellerato non perché totalitario, ma perché non compiutamente tale», secondo «Panorama», diretto dal revisionista, in senso storico, Giuliano Ferrara. Per non dire poi del leghista Bampo che tempo fa, in piena aula di Montecitorio, volantinava foglietti colorati con una frase, di falsa attribuzione, secondo la quale il Cagliaritano avrebbe definito i meridionali «semibarbari» e «biologicamente inferiori». Lo stesso Massimo D'Alema, che certo non può essere sospettato di incertezza storica circa la collocazione di uno dei padri del suo partito, D'Alema che qualche mese fa sosteneva in pubblico dibattito «Gramsci era un socialdemocratico», in un convegno di qualche giorno fa gli ha dato quasi del «liberista». E si capisce che s'ingenera così una qualche confusione. Come si fa, poi, a meravigliarsi, se gli studenti del primo anno del corso di storia contemporanea dell'università di Roma, interrogati su chi fosse Gramsci, rispondono «un deputato dei Popolari»? Dunque, ci si può immaginare cosa deve aver provato Bertinotti, nel leggere il riporto di parte del discorso dalemiano. «Nell'analisi della grande trasformazione capitalistica, Gramsci si colloca dalla parte della modernità. Vede in una certa resistenza sindacale alla grande trasformazione fordista dell'epoca un segno di spirito conservatore. Contrappone l'idea libera dello Stato, che si lega all'innovazione, a una concezione statalista corporativa, propria del capitalismo domi¬ nante». Dev'essere saltato sulla sedia, Bertinotti. Perché Gramsci, non c'è dubbio, era comunista, anche se, come si sa, fu proprio Togliatti a mettere in dubbio la cosa. E comunque un rivoluzionario vero, più di quelli che abitano il Chapas. Uno che scrisse un libretto, «Il rivoluzionario qualificato», nel quale diceva che «i veri rivoluzionari devono essere uomini politici responsabili, e non solamente degli agitatori», una frase sotto la quale, ne siamo sicuri, l'onorevole Bertinotti metterebbe certamente volentieri la propria firma. Ma, nel mentre che Rifondazione compie il suo giusto omaggio, potrebbe accadere dell'altro. L'ultimo discorso da deputato comunista Gramsci lo pronunciò a difesa della massoneria, «unico partito reale ed efficiente della classe borghese». E dunque, anche il Grande Oriente potrebbe dire «Gramsci è mio». Cose che capitano, comunque, solo ai pensatori capaci di superare l'orizzonte dell'ideologia. Antonella Rampino Antonio Gramsci

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