Cara TV non ti guardo più

non ti guarà) più Tre milioni di ascolto in meno rispetto all'anno scorso: parlano i critici non ti guarà) più LA televisione perde pubblico perché è brutta, perché è ripetitiva, perché è tutta uguale da anni, e su tutte le reti. I dati dell'Auditel parlano chiaro: tre milioni di telespettatori in meno rispetto all'anno scorso. Ma sappiamo quanto i dati d'ascolto siano convenzionali, adatti a chi deve vendere il prodotto (le reti pubbliche e quelle private), e a chi lo deve acquistare (i pubblicitari). Perché è un paradosso televisivo anche questo: in tv la pubblicità non vende, ma compera, e il prodotto da acquistare è per l'appunto il pubblico. La convenzione, adesso, porta in ascesa la radio e in caduta quasi libera la tv. Tre milioni di telespettatori in meno rispetto all'anno scorso (divisi su un'intera giornata che di milioni di persone ne raccoglie una decina, 27 concentrati nella sola prima serata): è un dato che, sia pure tra smentite e contraddizioni, merita di essere interpretato. Vuol dire che tre milioni di persone spalmate nell'arco della giornata hanno deciso di fare altro invece che pigiare il fatai bottone. Ma c'è una categoria di spettatori che il bottone lo pigia sempre e comunque, per dovere, ed è quella dei critici televisivi. I critici televisivi sono pochi perché è in crisi la critica in generale, e anche perché è difficile resistere ad anni di nonscelte. Un critico non sceglie quello che vuole guardare in tv, ma guarda quello che deve: e quindi telenovele, telefilm, festival, informazione, barbosissimi talk show e varietà più barbosi ancora, programmi del giorno e della notte, del mattino e della sera, prima di pranzo e dopo pranzo, e durante lo spuntino. L'essenza della marmellata televisiva, il grande «Blob» del nostro scontento, è dentro quel manipolo di volenti o nolenti maniaci del video, Aldo Grasso del «Corriere della Sera», Gianluca Nicoletti di Radunino, Gualtiero Peirce di «Repubblica», Norma Rangeri del «Manifesto», Claudio Sorgi dell'«Awenire» e la qui scrivente Alessandra Comazzi della «Stampa». Dunque perché la televisione perde ascolti, secondo chi la guarda per mestiere? Personalmente penso che il calo sia dovuto ad una tv dove «non c'è niente da vedere», e non è un luogo comune. La tv è brutta, ma perché è così brutta? Perché è stantia, puzza di vecchio, non appena c'è un programma un po' più fresco come «Anima mia» (che era in fonde una sfilata, simpatica con ospiti simpatici, ma sempre una sfilata) pare sia avvenuto un miracolo, e giù riconoscimenti, come s'è visto l'altra sera ai «Premi della regia televisiva» affibbiati da Daniele Piombi. La tv è brutta perché è «generalista», cioè rivolta a tutti, e rivolgendosi a tutti non accontenta nessuno. Perché non c'è più differenza tra reti pubbhche e reti private, per arginare la concorrenza e restare sul mercato le une hanno adottato i temi, i tempi e i metodi delle altre. Perché tutto è fermo nell'attesa di decisioni politiche inevitabili pure per la lentezza italiana, e di cambiamenti tecnologici che premono alle porte. E che si tradurranno in affari colossali. Perché le storie che il video racconta, sia quelle vere sia quelle finte, sono sempre tutte finte e ormai si sente, si capisce, si nota troppo. La televisione non accontenta più le esigenze di quella fascia di pubblico trenta-cinquantenne che, cresciuto con lei in casa, non la ritiene più un punto di riferimento e non ci trova più i miti che ci trovava da giovane. Perché i giovani, a loro volta, fan- no altro, hanno i video giochi, i programmi al computer. Poi si è sviluppato un uso diverso dello schermo: i navigatori di Internet sono un'altra parte di pubblico che ha lasciato i deludenti programmi tradizionali. Sempre più la televisione sta diventando un elettrodomestico, come aveva predetto Eduardo in tempi non sospetti: le videocassette lanciate dai giornali ne stanno già suggerendo quell'uso personale che la tv digitale dovrebbe presto consentire. Siamo alla vigilia di una rivoluzione tecnologica di cui non riusciamo ancora a valutare la portata. Con il sistema digitale non sarà soltanto diversa la qualità delle immagini: sarà diverso il rapporto con il televisore. Che ci darà più canali, più interattività, una pubblicità diversa. Nell'attesa, siamo in una palude dove qualcosa si trova, con molta pazienza e cercando molto: a volte bastano felici prime serate (la «fascia» più debole), spesso è necessario avventurarsi in terreni vampireschi, alzandosi presto, andando a dormire tardi. Ogni tanto, uno sprazzo di illusione, come capitava ad Ungaretti che se lo diceva da solo: «Ungaretti, uomo di pena, ti basta un'illusione per farti coraggio». Alessandra Comazzi Programmi brutti e tutti uguali, come spazzatura riciclata. Il video non dà più scosse AIDO CRASSO. Il Corriere dello Sera. Questa perdita di pubblico è una sbadataggine dell'Auditel (come si fa a pensare che l'Auditel non è manovrata, visto che i controllati sono anche i controllori?). Tant'è vero che, dopo essersi dati la mazzata sulla testa, stanno già cambiando i campioni, in modo che i giochi tornino sempre. Il calo d'ascolto ha tre cause reali e tre cause ideali. Cause reali: bel tempo; le cassette dei giornali che hanno favorito un uso diverso del video; i giovani che se ne distaccano sempre più. Cause ideali: programmi brutti (più alla Mediaset che alla Rai) e il pubblico se n'è accorto; il pubblico ha scoperto che la tv è una gabbia di matti; ha anche scoperto intrattenimenti alternativi. La tv è brutta perché non non ha più beneficiato di investimenti di idee: non si è coltivato niente. Quando uno come Gori è costretto a usare la moglie incinta... GIANLUCA NICOLETTI, Rodiouno. Non si tratta di motivi estetici: si guarda meno la tv non perché è brutta, ma perché è sempre uguale, è ripetitiva. La tv è prima di tutto intrattenimento, deve essere una rottura rispetto alla routine: ci lamentavamo tutti della tv spazzatura, ma almeno quella fu imo choc. Poi la tv spazzatura è stata riciclata, e adesso ce la vediamo davanti agli occhi tutti i giorni, senza distinzione tra reti pubbliche e private. Mentre i telespettatori si sono stancati di essere trattati come bambini scemi. Si è scoperto che i quiz sono truccati, ma c'è forse qualcuno che crede ancora ai programmi «verità»? Qualcuno crede che non sia fiction quella di Castagna? Qualcuno non si è accorto che tutti gli ospiti dei programmi hanno sempre i loro prodotti da vendere? Il pubblico cresce, ha nuove consuetudini, ma nessuno molla l'osso. Le direzioni sanno quello che Frizzi e Castagna possono rendere: non rischiano, e li sparano alti, come nella giostra «Calcinculo». GUALTIERO PEIRCE. Lo Repubblica Dopo aver constatato il decesso della tv generalista, il pubblico sta elaborando il lutto. Si sta rifacendo una vita. Quegli ex telespettatori rubati all'audience vanno a spasso, al cinema, a teatro. I tre milioni di emigranti televisivi sono lì, belli e pronti per la tv a pagamento. In questa fase di transizione, nell'attesa di un imponente quanto inevitabile cambiamento tecnologico, i transfughi potranno di nuovo imparare a cercare quello che preferiscono, senza sorbirsi ogni aberrazione trasmessa sul video. Attraversiamo una fase fondamentale: una fase di autocoscienza, di addestramento. Questi famosi tre milioni di persone, grazie alla rinnovata frequentazione con cinema, teatri, sale da concerto, grazie a qualche passeggiata in più, saranno, finalmente, pronti per occuparsi d'altro. CLAUDIO SORGI. Avvenire L'ascolto cala? Non mi strappo i capelli per questo. Purtroppo i programmi peggiori tengono bene: «Stranamore», «Beato tra le donne» resistono. Trasmissioni valide ce ne sono proprio poche: alcuni programmi giornalistici, «Pinocchio», quello dell'Annunziata, che ha avuto poco successo ma non era male. Questa televisione è nata in un altro contesto politico e culturale, e non ha recepito il cambiamento. NORMA RANGERI. Il manifesto Non si sa più che cosa vedere, in tv, efirto che gli ascolti calano. Soprattutto alla Mediaset. Alla Rai te la cavi ancora, pure in prima serata, c'è Biagi, Superquark, Pinocchio. Ma Bonolis: un programma come «Il gatto e la volpe» ammicca al livello più basso di pubblico. Ma il pubblico è ormai smaliziato come un gatto: non mangia due volte una cosa che gli ha fatto male. Gli autori valutano male i telespettatori: loro, gii autori, non sono obbligati a sorbirsi tutto il peggio della tv, il pubblico sì. LA STAMPA brutti uguali, zatura video scosse Tre milioni di ascolto in meno rispeperde pubblico ta, perché è rihé è tutta uguate le reti. I dati no chiaro: tre tatori in meno corso. Ma sapi d'ascolto siaadatti a chi detto (le reti pubvate), e a chi lo i pubblicitari). osso televisivo v la pubblicità mpera, e il proe è per l'appuna convenzione, cesa la radio e bera la tv. Tre tatori in meno corso (divisi su che di milioni AUDITEL SBADATO NON BRUTTA, RICICLATA PRONTI PER IL NUOVO I COLPA DEGLI AUTORI