Il baluardo del nostro Paese e l'internazionale della burocrazia

// baluardo del nostro Paese e l'internazionale della burocrazia lettere AL GIORNALE // baluardo del nostro Paese e l'internazionale della burocrazia Idoli e bidoni della povera Italia E cosi in quest'Italia sfasciata, invasa da delinquenti e sbandati di ogni continente, l'ultimo baluardo del sentimento di identità nazionale, e cioè Domenica in, si è miserevolmente rivelato a tutti i teledipendenti come un bidone, proprio come la classe politica sia della prima sia della mitica seconda Repubblica. Quindi che cosa ci resta ormai? Per fortuna per quasi due mesi abbiamo ancora il campionato di calcio, ma poi? Quali ideali resteranno al popolo? Gianfranco Ribolzi, Torino I dubbi di un dirigente Ho 52 anni e sono dirigente d'azienda da circa 17 anni, ho passato i miei 32 anni di lavoro cercando di muovermi nel massimo della correttezza e del rispetto del vivere comune sia nell'ambito del lavoro che in quello di cittadino italiano fiero di esserlo. Ho sempre assunto le mie responsabilità sempre pronto a pagare di persona i miei errori ed ho cercato di trasmettere questo comportamento prima di tutto a mia figlia oggi laureanda ma anche ai miei collaboratori nell'ambito del lavoro. Non riesco più a raccapezzarmi in un mondo dove conta solo la piccola furbizia, dove l'immagine di un individuo è data solo dall'apparenza e non da quei valori reali che sono l'onestà e la serietà. Non mi sento e non appaio vecchio! Ma mi sento molto preso in giro da quelli che dovrebbero essere i primi difensori di quei valori che, a parole, sono tutti molto pronti a proclamare. Mi vengono spontanee alcune domande alle quali spero qualcuno sappia rispondere. 1) E' possibile che il sig. Berlusconi pluriindagato si permetta tramite la risonanza dei suoi potenti mezzi di mettere in stato di accusa la magistratura? 2) E' possibile che il sig. Berlusconi inviti, all'apice di una «performance» televisiva con lacrime, alcuni poveri albanesi a spese sue c poi queste spese con relativi problemi logistici vengano risolti a spese della Regione Lombardia? 3) E' possibile che in pieno marasma politico amministrativo per il recupero dell'ingente debito statale si debba assistere al «grave» dilemma della Rete4 sul satellite o no? 4) E' possibile che in nome del così detto «diritto all'informazione» vengano date notizie false o perlomeno tendenziose senza che alcun organo intervenga a proibirne la ripetibilità? E ne avrei ancora molte altre di queste domande alle quali sarebbe molto semplice rispondere e porvi rimedio se solo fossimo tutti un po' più seri e soprattutto cominciando da chi ha, per scelta propria o per capacità naturali, maggiori responsabilità. Edgardo Bertoli, Milano Apostoli e preti neanche una donna Una persona è una persona e questa è una verità che siamo abilissimi a dimenticare. E ogni pretesto è buono visto che tendiamo sempre a giudicare la gente in base al colore della pelle, al sesso, alla classe sociale, all'età, alla salute e alla bellezza. La Chiesa Cattolica dice che le donne non possono diventare sacerdoti perché gli Apostoli erano uomini. E' già strano che si noti che erano dei maschi e forse è anche un po' riduttivo visto che erano, prima di tutto, delle persone in cuore, anima e mente. Meno male che, almeno per ora, non si è notato che erano tutti bianchi e per di più tutti ebrei. Possibile che siamo sempre così abili a fare distinzioni e se- parazioni? Possibile che a metà dell'umanità sia proibito servire il suo Dio, in tutto l'arco delle sue possibilità, quando è più che possibile compiere atti malvagi? Io non capisco proprio come facciamo a giudicare il pensiero, la moralità, l'intelligenza o la vocazione di una persona soltanto dal suo aspet¬ to esteriore, dai suoi cromosomi o dai suoi ormoni. Non dice S. Paolo che «non esiste né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna?». E allora perché si parla tanto di carità quando ci dimentichiamo persino la giustizia? , Valentina Zanelli, Genova Se sono per bene troverò lavoro? Ho assistito a una puntata di «Amici di sera». In uno dei casi presentati si confrontavano un padre ed un figlio di 23 anni, quest'ultimo tossicodipendente, spacciatore, con pendenze giudiziarie per furto. Alla fine la conduttrice Maria De Filippi offriva da subito un posto di lavoro al ragazzo, dietro la promessa di un futuro comportamento migliore. Cosa dobbiamo dire ai tanti bravi ragazzi che non rubano, non spacciano, non si drogano, rispettano la famiglia e la società, e nonostante ciò non trovano un lavoro? Forse le strade da percorrere indicate da questa tv sono queste, e tutto ciò mi sembra piuttosto diseducativo. Che cosa ne pensa? Elisabetta Tarocchiono Socco, Torino I giochi della tv regalino libri Nel malcostume televisivo di regalare facilmente tanti soldi a chi fortunosamente partecipava ai giochi, i giochi stessi sono aumentati, il volume dei premi pure (a Buona Domenica arriviamo a 500 milioni) e di fronte a queste possibilità di «guadagno» gli ingegni si aguzzano: l'occasione fa l'uomo ladro. Mi domando: c'è proprio bisogno di tanti giochi e quiz in televisione e, se sì, è proprio necessario regalare tanti soldi? Sono convinto che la gente parteciperebbe ugualmente agli spettacoli se i premi fossero più modesti o, meglio ancora, fossero costituiti da collane di libri, di dischi, di programmi e di giochi per personal computer, ecc. D'altra parte, anche se tali spettacoli venissero ridotti, la gente guarderebbe lo stesso la tv: è spesso una abitudine. E poi le somme che si rendessero disponibili potrebbero essere destinate a spese socialmente utili; siamo in una seria crisi economica, mi pare. La tv ne guadagnerebbe certo in serietà e moralità, soprattutto nei confronti dei giovani e di chi, bisognoso, non potendo «ora» partecipare alle regalie, sta anche peggio. Ing. L. Bardino, Pesaro Enti pubblici una frase illuminante Vorrei portare un piccolo con tributo alla lotta contro la fa migerata «Internazionale burocratica», anche se mi rendo conto di quanto sia impari, oltre che ingenua. Leggendo in questi giorni un saggio in inglese (forse in questi Paesi vi è una maggiore consapevolezza, un minore fatalismo sul fenomeno burocratico?), in cui si valutava l'impatto degli Enti pubblici di assistenza tecnica sull'attività dei piccoli agricoltori, ho colto una frase che mi pare illuminata, utile a chiarire molte altre analoghe situazioni. Tali Enti cioè «...have usually been considered as ends in themselves and not as a means to an end». Creati in origine per potenziare le possibilità limitate di individui, famiglie, piccole comunità, al fine di ottenere determinati vantaggi collettivi, tendono progressivamente a privilegiare la propria sopravvivenza e crescita, «a considerarsi come dei fini in se stessi e non come dei mezzi per raggiungere un fine». Il fine istituzionale originario - che solo giustifica l'esistenza del servizio - viene un po' perso di vista nella routine quotidiana degli operatori, diventa sempre più lontana e nebulosa. E così la macchina burocratica prende il sopravvento, la maggior parte della sua energia viene assorbita in vorticosi passaggi di carte da un ufficio all'altro, la ricerca del quieto vivere nei funzionari e quindi la non assunzione di responsabilità, la scelta dei percorsi più lunghi per raggiungere determinati obiettivi... In un clima di inevitabilità e di rassegnazione da parte di noi tutti, il cerchio allora si chiude, il mezzo-servizio pubblico diventa, usually, un fine in se stesso. Mario Tonini Bossi Cavour (Torino)

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