PISA da qui al nobel

?]SAé qui le fabbriche del sapere La Normale e il Sant'Anna, fra classici antichi, libri di teologia e robot ?]SAé qui PISA DAL NOSTRO INVIATO L'una, la Normale, pur con tutti i suoi anni (fu varata da Napoleone nel 1813), è ancora fiorente nel suo meraviglioso palazzo del '500 trasformato dal Vasari; l'altra, la Scuola superiore Sant'Anna, festeggia i dieci anni di autonomia ed è come una lolita scatenata nel suo ex monastero di suore benedettine. L'una, la Normale (una Scuola cioè che detta le Norme del sapere), ha lanciato tre futuri Premi Nobel come Carducci, Fermi e Rubbia e sfoggia una corona ricchissima di ex allievi, fra cui Ciampi e Citati, e di aneddoti: da Carducci sorpreso da un bidello a consultare appunti durante la prova d'ammissione, ai dioscuri rossi Mussi e D'Alema devoti del ping-pong; quando perdevano, al vincitore davano del socialdemocratico. Il Sant'Anna, dal canto suo, vanta già nomi come Amato, Cassese e Maccanico. Due scuole d'eccellenza, Normale e Sant'Anna, due cittadelle del talento, due culle per la classe dirigente: spiccano come gioielli sull'abito cascante e sul corpaccione sinistrato dell'Università pubblica, dove s'annidano certo altre zone di più o meno precario prim'ordine. Queste due sono davvero speciali, sono votate per definizione, per statuto, al massimo, all'efficienza. Rispettano ancora questa vocazione? Che umori hanno? Vitali o depresse? E che cosa possono dire a un'Università di Stato scossa ora da qualche brivido di rinnovamento? La Normale si muove con agilità e freschezza. Il cuore storico, l'appartamento del direttore, attualmente il fisico Giuseppe Franco Bassani, è rimasto intatto dai tempi di Gentile con le sue stanze familiari e i suoi tavoli ovali '800 da casa privata, le sue foto color seppia alle pareti con i numi della filologia. Ma in giro incontri studenti che vanno veloci: sono pochi, di nuovi ne entrano solo una cinquantina l'anno divisi nelle due classi, quella di Lettere e filosofia e quella di Scienze matematiche, fisiche e naturali. Sono ammessi soltanto per esami: il curriculum, il voto alla maturità, i quattrini di casa, tutto questo non conta. Conta solo il merito. E hanno quest'aria assorta e questo ritmo rapido perché combattono su due fronti. Hanno tutti gli esami dell'Università di Pisa da sostenere nei tempi previsti dal piano di studi senza scendere sotto il 27 di media, e in più devono frequentare i seminari e superare i colloqui alla Normale, che resta fedele al suo modello: non sostituisce, ma affianca, integra l'Università; fornisce il metodo, il valore aggiunto, la forma mentale per approfondire i problemi della ricerca. Stupende, le biblioteche-labirinto a scaffale aperto ricavate nell'adiacente palazzo medievale del Conte Ugolino: gli studenti prendono i libri da soli e se li studiano su tavoli per niente affolla- ti muniti di prese per i loro computer portatili. Vivono ognuno in camera singola con bagno in quattro collegi; alla mensa si siedono accanto ai professori. Non pagano nulla; ricevono anzi centomila lire al mese come contributo didattico. Seguono i seminari di musica e i concerti, prendono i ed dalla discoteca, fanno teatro e organizzano cicli di film. Scombussolano un po' gli stereotipi. Ragazzi cupi e secchioni? Basta vedere in viso il ventenne Mario Telò di Cremona, aspirante filologo classico con Le Etiopiche di Eliodoro sotto il braccio: allegro, ironico, dall'orologio decorato con greche e motivi vascolari attici. Mario Romeo ha invece l'aspetto più concentrato: 21 anni, quarto anno di Matemati¬ ca, da Catania, legge Aristotele e la Bibbia e ha vinto una coppetta a un torneo di scacchi. Ragazze senza richiamo e foruncolose? Rachele Zinzochi sembra una Milly Carlucci mora: si laurea in filosofia con Remo Bodei studiando Heidegger e il teologo protestante Bultmann. Ecco una tendenza nuova fra i giovani della Nonnaie, da sempre laicissùno Olimpo: va di moda la teologia, che dal secolo scorso non esiste come disciplina nelle nostre Università. «Dà una certa concretezza alla discussione filosofica dice la Zinzochi, che s'è fidanzata con un normalista nello stesso collegio -. Le Scritture sono lì, oggettive». La concretezza, l'oggettività, il rigore storico, documentale: un'ansia, un'esigenza che accomuna le due anime della Normale, l'umanistica e la scientifica. Le famose due culture qui vanno a braccetto. Anche la parola letteraria è indagata nella sua esistenza dura, fisica, testuale. La Normale non demorde, non cede alle o r A è , j avventure della critica tanto suggestiva quanto arbitraria, avventata. Ora si cambia scena; là, alla Normale, trionfa la scienza pura, paga di se stessa; qui al Sant'Anna, fra chiostri con pitosfori profumati e lunghi corridoi di ex celle monacali, si costruisce un ponte fra la ricerca teorica e l'applicazione pratica, fra l'Università e l'industria. Discorso spinoso: Università e industria fino a ieri erano due mondi separati se non contrapposti, le loro relazioni erano considerate pericolose perché l'Università rischiava di perdere la sua purezza, di precipitare nell'affarismo. «Storie, basta essere seri», dicono al Sant'Anna, che mobilita nella sua ìnission di ricucitura fra i due territori le sue sei Facoltà, in scienze sociali (economia, giurisprudenza, scienze politiche) e in scienze sperimentali (agraria, ingegneria, medicina). L'Istituto ammette tre studenti l'anno per corso; in più, gli allievi dei dottorati di ricerca (come alla Normale), dei master e del postperfezionamento. Il direttore Riccardo Varaldo, economista, di Savona, gioca a fondo la sua partita: questa scuola d'elite meritocratica è ili continuo movimento, è essa stessa un esperimento universitario di struttura gestionale snella, a gerarchia per così dire orizzontale, il meno burocratica possibile. In pochissimi anni si sono apprestati laboratori interdisciplinari dove si studiano realtà virtuali, percorsi informatici e microtecnologie. La «meccatronica», disciplina che deriva dall'incontro fra meccanica ed elettronica, celebra i suoi fasti. In una stanzetta due studenti hanno messo a punto Pollicino, un microrobot campione di miniaturizzazione con il suo solo centimetro cubico: ha due ruotine e due braccmi, uno porta la luce e uno effettua biopsie. Lo si può inserire in un Roboscope, altro minuscolo robot che viaggia nel colon con una telecamera: prepara il terreno per operazioni chirurgiche mirate al millimetro. Con questi risultati il Sant'Anna consegue brevetti e avvia società (le cosiddette spin-off) con imprese private come la Ferrari e la Philips e con enti pubblici. Guadagna fondi europei con i suoi progetti e s'impegna in iniziative complesse come il Progetto Link, con la Piaggio e il Comune di Pontedera, per varare innovazioni tecnologiche ed economiche nell'industria e nel territorio. «Noi stessi siamo come un'azienda privata», dice con tranquillità e fierezza il direttore Varaldo. Docenti come imprenditori. Si può diffondere il modello Sant'Anna? «Ci si pensa - risponde Varaldo -, L'Università dovrebbe contribuire di più alla competitività delle nostre industrie. Il Sant'Anna è una sfida». Claudio Altarocca (Continua) Dove hanno studiato Carducci, Fermi eRubbia, Amato, Cassese e Maccanico Carlo Azeglio Ciampi, a sinistra il fisico Enrico Fermi, premio Nobel nel 1938 A fianco la facciata della Normale di Pisa con la statua di Cosimo I de' Medici. Sopra il pidiessino Fabio Mussi e nella foto in basso il ministro Berlinguer

Luoghi citati: Catania, Comune Di Pontedera, Pisa, Savona