Carità miliardaria di un avaro
Carità miliardaria di ua avaro Centomila milioni in case e conti correnti per opere di beneficenza. I vicini: ossessionato dal denaro Carità miliardaria di ua avaro Lascia i suoi tesori alla diocesi di Milano MILANO. Affiora qualche tratto di un mistero, di un uomo vecchissimo e ricchissimo che morendo lascia molti miliardi al cardinal Martini. A lui in persona, non alla Chiesa. Così almeno si credeva in un primo momento; poi dalla curia hanno chiarito: no, i miliardi sono lasciati all'Arcidiocesi, e non si sa neppure quanti sono esattamente: si diceva addirittura centodieci, ma adesso pare siano di meno e comunque sono tutti liquidi, in conti correnti e titoli, e poi ci sono le case, le varie proprietà. Tutti denari destinati a «specifiche opere di carità», come dicono in Arcivescovado: non si sa quali. L'uomo, vecchissimo e ricchissimo, è morto lo scorso febbraio. S'è fatto cremare, è sepolto a Verona, la città da cui è venuto a Milano. Era del '99, viveva solo, senza figli. Si chiamava Lino Abriani. Non sembra aver lasciato tracce di sé, ricordi affettivi, parenti, amici. A parlare di lui sono i condomini della casa dove viveva, un palazzone che lui stesso aveva tirato su nei primi Anni Cinquanta demolendo una piccola costruzione. Lo descrivono per niente devoto, anche se in passato frequentava il parroco di una chiesa vicina con cui però aveva poi bisticciato. Altri dicono che questa colossale donazione alla Chiesa se l'aspettavano perché lui stesso, Abriani, ogni tanto borbottava quest'intenzione. E c'è chi si spiega tutto ripensando a colei che era stata la sua compagna negli ultimi anni, una donna brusca, morta l'anno scorso a 93 anni: lei sì che andava a messa, è stata certo lei a suggerirgli quel testamento. Impossibile, ribattono altri: Lino Abriani non era tipo da farsi convincere su qualsiasi cosa. Era un uomo strano. Anche frenetico, abile: veniva da una famiglia di possidenti terrieri. Nasce a Castelguglielmo, provincia di Rovigo, ma da quei patrimoni non si sentiva attrat¬ to e se ne andò a Verona. Qui compra un negozio d'abbigliamento a due passi dall'Arena e comincia a giocare all'ingrosso, alle vendite popolari. Ingrana, si espande, gira l'Italia a caccia di stock, di aste dove liquidano grandi quantità di capi, che lui rivende subito. Mette su una catena di negozi, il Disco Rosso, quasi una trentina, che alla fine vende alla Croff; e la Croff è della Rinascente: Abriani è ormai in un giro importante. Moltiplica le sue attività: compra e vende immobili, entra nel capitale di alcune banche. Nel '63 è tra i finanziatori della campa¬ gna elettorale di Giovanni Malagodi, segretario dei liberali. Figura a Milano tra i contribuenti più cospicui. Si racconta che in quegli anni amava le macchine potenti, che partecipò a una Mille Miglia, che indulgeva a belle femmine. Vive ormai di rendita. Si ritira in Svizzera, poi torna a Milano. E qui, negli ultimi decenni, la decadenza. Lino Abriani si isola. Si riserva l'intero settimo piano del palazzone dove abita, insieme con un ufficetto, una stanza senza servizi al pianterreno. Affitta appartamenti a prezzi altissimi. E sulla terraz¬ za di casa costruisce abusivamente una specie d'abitazione per la domestica. Ha il condono; dalla strada si vede ancora un tetto di lamiera ondulata. Non tira mai fuori un soldo per le spese del condominio, non dà una mancia. Lino Abriani ha lasciato un alone arcigno, scorbutico. Non era amato. Era ossessionato dal denaro, malato di denaro, distrutto dal denaro. Avarissimo e avidissimo, era litigioso e cupo. In ognuno vedeva un estorsore. Si fermava a sorridere soltanto con i bambini. Da qualche anno era assalito da malattie. L'artrosi l'aveva incurvato, rimpicciolito. Le gambe non lo reggevano più. Viveva in carrozzella. Ogni tanto si faceva portare nella sua Mercedes ai giardinetti o a fare un giro per Milano (prima aveva avuto un'Appia grigia e una vecchia Balilla, che chissà chi gli bruciò sotto gli alberi del viale). Ma dicono che ormai non vedeva più nulla perché aveva quasi la testa fra le gambe, da quanto era piccolo e curvo. Qualcuno lo ricorda ancora quand'era più giovane e dice che era bello, alto uno e 80, e aveva gli occhi azzurri, [c. a.] t ALTRE EREDITA" FAMOSE LA VEDOVA. Ne! 1981 il vescovo di CaltanisseHa, Alfredo Garsia, riceve l'eredità della vedova di un ufficiale dell'esercito: il più antico e prestigioso hotel del capoluogo nisseno, il «Grand Hotel Mozzone» e terreni per alcuni miliardi. LA VEGGENTE. Neil' 81 viene respinta dalla chiesa l'eredità di alcuni miliardi che «mamma Rosa», la veggente di San Damiano (Piacenza), aveva lasciato al Papa, nominato erede universale. \ L'IMPIEGATA. Un palazzo a Firenze, con tutti gli arredi, per un valore di j 4 miliardi: questa l'eredità donata nel 1995 alla «Fondazione missionarie della carità», guidata da madre Teresa di Calcutta, da Cada Augusta Brogi, impiegata di banca morta a 68 anni. li cardinale Martini ha ricevuto un lascito di miliardi per la diocesi di Milano
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