Torino, la città della politica invisibile di Diego Novelli

Torino, la città della politico invisibile Campagna elettorale sottotono per i mille candidati, al momento vince l'indifferenza Torino, la città della politico invisibile Dopo il dramma del Duomo, una stanca attesa del ballottaggio B TORINO ATTONO i mercati, capolinea di un percorso impoverito da disinteresse e par condicio, Mani Pulite e nuove mode. Tra massaie frettolose e bancarelle ingombre i mille candidati di Torino cercano il senso di una campagna elettorale mai così affollata e stanca. Mille per 50 posti, come ai concorsi dell'Usi o alle chiamate pubbliche che ogni martedì riempiono di deboli speranze il cinema-teatro Massaua, a due passi dalla vecchia fabbrica di cioccolato, la Venchi Unica, chiusa 28 anni fa e solo adesso consegnata alle ruspe. I torinesi, anche quelli meno frastornati e commossi dall'incendio che si è portato via la secentesca Cappella del Guarini e un'ala di Palazzo Reale, osservano distratti. Sordi ai megafoni, sgusciano via gli operai di Mirafiori, oltre le porte della Grande Fabbrica dove politici e sindacalisti costruirono le loro fortune. Lo zapping, poi, uccide i rari confronti televisivi: l'altra sera, in piazza San Carlo, il comizio del pds ha radunato sì e no mille persone. E parlava Veltroni. Forse perché tutto sembra già scritto. Domenica a conquistare il ballottaggio saranno Valentino Castellani, 57 anni, sindaco uscente appoggiato dall'Ulivo e poco amato da Rifondazione, e Raffaele Costa, 61 anni, l'ex ministro specializzato in blitz. Il persecutore dello Stato sprecone è emigrato da Mondovì quando al Polo si erano già negati gli industriali Sergio Pininfarina e Bruno Rambaudi, il designer Giorgetto Giugiaro, ed era rapidamente tramontato il debutto in politica di Amedeo d'Aosta. Poco più che briciole agli altri 11 candidati. Forse, tanto silenzio nasconde l'agonia di una classe politica incapace di rigenerarsi dopo il suicidio collettivo del Consiglio comunale, anno 1992, l'arrivo del commissario prefettizio, ima Tangentopoli subalpina che qui è stata soprattutto sanitaria e autostradale. Se per trovare un nome spendibile il centro-destra si è spinto fino a Cuneo, anche Umberto Bossi ha dovuto riciclare Domenico Cornino, ex sottotenente degli alpini ed ex ministro di Berlusconi. Cornino, lo «Schwarzenegger del Carroccio», vive a Morozzo, a pochi chilometri da casa Costa. L'alternativa poteva essere il deputato Mario Borghezio, commesso viaggiatore della protesta urbana che ha come slogan «Contro Castellani, sindaco marocchino». Bossi ha preferito altrimenti. Cuneo contro Torino: «Certo, è curioso, - ammette l'ex sindaco comunista Diego Novelli -. Ma non possiamo stupirci. La politica ha dovuto fare un passo indietro, e la cosiddetta società civile si tiene nascosta, con i suoi cartellini gialli e rossi in tasca. Pronta a ammonire chi sbaglia, ma non a rispettare quella sorta di servizio militare che scandisce l'impegno per la propria città. Dove sono finiti gli intellettuali, i giornalisti, gli uomini dell'economia e dell'impresa?». Forse, come sottolinea il sociologo Luciano Gallino, «continuano a fare il loro mestiere, cercando di farlo bene». «E' una caratteristica molto torinese, ma non la dipingerei come un tratto negativo. La ve- rita è che amministrazione e politica non hanno bisogno di dilettanti. Mi preoccupano i giovani, piuttosto: quale interesse possono avere i ragazzi di 20-22 anni, quando dall'età della ragione si sentono dire che l'Italia è governata da farabutti, che i partiti sono popolati di ladri? Possiamo stupirci che solo cinque su cento siano interessati a quanto accade nel Paese e nelle loro città?». Ma i partiti dissanguati dall'emorragia di tessere e sfrattati dagli eleganti palazzi del centro, sor no metafora di un disagio più va¬ sto. «La Torino di oggi ha meno paure di quella che salutò la vittoria di Castellani nel 1993 - ricorda Tom Dealessandri, sindacalista Cisl -. Ha messo in piedi cantieri e iniziative culturali. Però i segni di riscossa non bastano: restiamo un'area di crisi». La disoccupazione è del 13 per cento, e un giovane su sei in età da lavoro non trova posto. A tre anni dal diploma è ancora iscritto all'ufficio di collocamento il 12 per cento dei medici, il 37 per cento dei laureati in Giurisprudenza, il 20 per cento dei laureati in Economia. Quasi 70 mila torinesi compresi tra i 19 e i 24 anni sono a carico della famiglia, anche se non studiano più. Le agevolazioni per l'acquisto di nuove auto hanno dato ossigeno alla Fiat e quindi all'indotto, ma la crescita del prodotto interno lordo della città è inferiore all' 1 per cento, vicino alla crescita zero. Le piccole e medie imprese continuano a perdere addetti, il presidente dell'Associazione commercianti, Giuseppe De Maria, sostiene che «in quattro anni sono state restituite 2000 licenze, pari a sei-settemila posti andati in fumo». La giunta Castellani ha approvato il piano regolatore, ma in un anno le richieste di licenza per nuove costruzioni sono state solo 121 ed erano quasi tutti interventi di modesta entità. Cifre di un declino inarrestabile, come il calo di popolazione (300 mila residenti persi dagli Anni Settanta)? «No - spiega Gallino -, stanno sviluppandosi nuove attività neU'informatica, nella metallurgia, nel design. Ma il processo non può essere rapido». Una conferma dall'Unione industriale, dove le cifre vengono lette senza toni drammatici dal presidente Francesco Devalle: «La vera minaccia? Rimanere emarginati dal sistemaEuropa di domani». Per scongiurare il pericolo gli industriali sottolineano la necessità di infrastrutture solo in parte avviate: traffico interno e soprattutto linee veloci verso la Francia, parcheggi, e quella metropolitana attesa da una trentina d'anni. Gli industriali, per la prima volta, insistono su un altro aspetto: la qualità della vita, condizione necessaria per attirare risorse umane e investimenti finanziari. «Tutte le grandi città hanno l'obiettivo di assicurare le condizioni dello sviluppo e coniugarle con una migliore vivibilità e convivenza sociale. A Torino, su questo terreno, non ci sono stati i progressi che si auspicavano». Dopo l'occupazione, ecco l'altra emergenza, comune a tutte le grandi città, ma che qui, più che altrove, potrebbe giocare un ruolo decisivo nella partita a due per Palazzo civico. Come voteranno uomini e donne di San Salvano, il vecchio, elegante quartiere della stazione centrale dove più forte è cresciuta la rivolta contro gli immigrati clandestini e gli spacciatori? E i commercianti di Porta Palazzo, il mercato storico assediato da piccola e grande criminalità? O, ancora, quelli della Pellerina, quel parco che per anni è rimasto ostaggio della prostituzione nera? Castellani assicura di aver fatto tutto il possibile, coniugando rigore e solidarietà. Costa promette un ritorno alla legalità. Intanto l'infaticabile Borghezio guida sparute ronde in camicia verde e, con il bel tempo, ricompare la «voglia di spranga» denunciata due anni fa dal parroco di San Salvario, don Piero Gallo, con il suo corollario di agguati e spedizioni punitive. I dati dicono che in un anno a Torino rapine ed estorsioni sono diventate 6400, da 3600 che erano; e i furti sono cresciuti da 99 mila a 128 mila. Città in precario equilibrio tra sviluppo e declino, dunque. Capace di costruire una vivace stagione culturale; di spendere più di tutte in assistenza agli anziani, agli handicappati, ai inalati, e intanto lasciar crescere la tradizione della solidarietà sociale; di concorrere ad ospitare l'authority per le telecomunicazioni e la scuola quadri doll'Onu. Ma pure di chiudere gli occhi sulle periferie dove vanno in pezzi i casermoni costruiti troppo in fretta negli anni del boom. Si chiamano Mirafiori Sud, Vallette, Falcherà: fino a pochi anni fa erano lo specchio del disagio e il serbatoio di voti per i grandi padroni delle tessere. Si pensa di ricostruirli, e intanto se ne parla sempre meno, sacrificati come appaiono alle nuove emergenze. Ma lì continuano a consumarsi povertà, degrado e morti per overdose. In quei quartieri, dicono gli esporti, vivono molti degli elettori (e sono il 30 per cento) che ancora non hanno deciso chi votare. E lì potrebbe decidersi lo strano derby tra Valentino Castellani, il professore imprestato alla politica per il primo esperimento di sinistracentro,, e Raffaele Costa, il politico imprestato a Torino per guidare la riscossa del Polo nella provincia più rossa d'Italia. Giampiero Pavido ) I SEGGI DELLA LEGISLATURA CASTELLANI in nero : •" ~ . " ! 1 Msi a maggioranze);■■ : 1 Alleanza 5 Rifordazi GLI ALTRI CANDIDATI Francesca CASELLA (Dalia federale) Luciano GARATTI (Italia unita) Maurizio LUPI (Verdi-verdi) Gianni PINTUS (Noi per Torino) Renzo RABELLINO (Immigrati clandestini basta, Commercianti-artigiani uniti) Lucia SECHI (Partito umanista) Carla SPAGNUOLO (Socialisti italiani uniti) Bianca VETRINO (Rinnovamento italiano) Antonio ZIPPO (Movimento sociale fiamma tricolore) DOMENICO COMINO DC ELEONORA ARTESIO Rifondazione comunista Quarantadue anni, insegnante elementare, sposata. E1 entrata in Consiglio comunale nel 1975 e dall'80 all'85 è stata assessore all'Istruzione nella giunta guidata da Diego Novelli. DOMENICO COMINO