L'indaco dei milanesi di Stefano Bartezzaghi

L'indaco dei milanesi Gli anagrammi giocano con gli aspiranti primi cittadini, e Marco Formentini diventa «Mo' ti riconferman» L'indaco dei milanesi FRA le funzioni connesse alla carica di sindaco ce n'è una nascosta e impolitica: quella di ricordarci il più raro fra i colori dell'arcobaleno, l'indaco. E' anche per svolgere quest'umile funzione mnemonica che a Milano si sono candidati in quindici: che sarebbero stati addirittura in sedici se Gianfranco Funari non avesse rumorosamente ritrattato l'aspirazione (che aveva espresso altrettanto clamorosamente) a celebrare matrimoni civili fra meneghini. Gianfranco Funari, lo dice l'anagramma, fa annunci, fragori. Ritiratosi lui, gli altri candidati sono certo meno celebri e anzi non noti ai romani, come da anagramma del candidato diniano Antonio Marinoni. Non diremmo lo stesso per Giorgio Santerini e (soprattutto) per gli esponenti della lista dei Socialisti Italiani che lo appoggia, tra cui Intini: l'anagramma li dà in ritorno ai seg- gi, e sarà il miglior auspicio per loro." Con una A sarebbe stato bearzottiano; con la O, invece. Marco Tordelli è pivettiano. Si potrà forse dire che tramò col lìder (dove lìder è ortografia non cubana ma padana). Un altro suo anagramma suona a rimembranza del celodurismo le coltri d'amor. Il fenomeno degli ex leghisti è diffuso, e genera significati neologistici di parole come «deLegare» o «sLegarsi». Vale quest'ultimo per Sergio Bontempelli: militò per ben; slegò. Non si parla certo della Lega «d'Azione Meridionale», che ha pure il suo candidato a sindaco milanese: è Giancarlo Cito, è stato sindaco di Taranto, e se si pensa alla posizione delle Puglie nello Stivale si potrà ben anagrammare: «Tacco l'origina». Fra le altre candidature il cui successo maggiormente stupirebbe si incontrano due Ugo e due Giovanni. Ugo Sarao magari ha l'intenzione di agitare la piazza o almeno di far politica, come si dice, fra la gente: uso agorà. Ugo Frisoli immagina di risultare brillante: s'io rifulgo... GiovanniFabbrini vuole disonorare i disonesti: vi infanga, birboni (è molto arrembante, del resto, anche il nome della lista: «Milano Fuori dalla Menzogna»). Giovanni Bucci, a dar retta all'anagramma, non avrebbe una grande capacità persuasiva: convinci? Bugia. Il gioco si fa impertinente, come anche nel caso del candidato Giorgio Schultze: l'anagramma gli attribuisce un'incredibile predilezione per i cattivi voti, scolastici se non elettorali: chi gustò gli zero. Seguono due casi decisamente surreali. Il primo è quello di Tomaso Staiti di Cuddia (Movimento Sociale Fiamma Tricolore). L'anagramma incomincia dicendo «dà addosso a tutti...», che per il candidato di un partito a schietta vocazione combattiva e minoritaria poteva anche andare bene. Ma l'anagramma completo introduce un elemento bizzarro e inesplicabile: dà addosso a tutti i mici. Anche con Umberto Gay (Rifondazione Comunista) si va sull'astruso. Efficace mediatore nel caso Leoncavallo, eccolo ora negoziare (con Santoro? col capitano Achab?) una Moby-tregua. I tre candidati ritenuti favoriti hanno anagrammi assai più espliciti. L'industriale del Polo Gabriele Albertini vede ricordata la sua appartenenza alla classe agiata:... e rallegri abbienti. Da trionfo l'anagramma del sindaco uscente, il leghista Marco Formentini: mò ti riconferman. I non simpatizzanti lo leggono con intonazione ironica (mò ti rieleggono, come no), e ricordano che l'attendibilità scientifica dell'anagrammistica è una tacca sotto (o sopra? comunque molto in basso) a quella dell'astrologia. Chiude l'ulivista Aldo Fumagalli. Scongiurata l'inquietante prospettiva di un videoballottaggio tra un Funari e un (Fu)Magalli, il giovane industriale vanta lo splendore dei suoi intenti e del suo stesso spirito, e assicura (la H, in eni- ?mistica, non è necessaria): ò 'alma fulgida. Sarà sindaco? Sarà indaco? Lo vedremo presto. Stefano Bartezzaghi

Luoghi citati: Milano, Taranto