Una maratona di incontri in nome del doppio turno di Augusto Minzolini

Una maratona di incontri in nome del doppio turno Una maratona di incontri in nome del doppio turno LA STRATEGIA DEL PDS B, ROMA UONGIORNO a piazza del Gesù. Massimo D'Alema impiega le prime ore di lavoro per andare a trovare Franco Marini. Obiettivo, convincere il segretario del ppi ad accettare lo schema con cui il presidente della Bicamerale vuole uscire dall'impasse attuale: un premierato forte abbinato ad una legge elettorale simile a quella presentata da Giovanni Sartori, cioè un doppio turno con uno sbarramento nei collegi uninominali al 6 per cento, che offrirebbe alle forze che raggiungono questa soglia la possibilità di partecipare al secondo turno o di desistere, approfittando dell'opportunità di essere favorite nel riparto dei seggi assegnati nella quota proporzionale. A Marini va bene il premierato, meno questo tipo di doppio turno. Il segretario del ppi preferisce di gran lunga l'ipotesi Barbera, quella che prevede un ballottaggio a due nel secondo turno e un premio di maggioranza. «Ho paura che con la proposta che ci fai - osserva il segretario del ppi - noi rischiamo di diventare i nuovi cristiani sociali, cioè di essere inghiottiti dalla Quercia». Il segretario del pds, per quel che può, rassicura U suo interlocutore e gli spiega: «Se voglio costringere il Polo a lasciare il semi-presidenzialismo per il premierato, ho bisogno che voi accettiate almeno il doppio turno». Accelerare, accelerare: questo è il nuovo credo di D'Alema. Solo che il presidente della Bicamerale sta saltando una serie di passaggi, mettendo insieme cose diverse, alcune volte inconciliabili. Del modello Sartori, D'Alema prende solo la parte riguardante il sistema elettorale buttando via il semipresidenzialismo, boccia senza appello l'ipotesi di Augusto Barbera (quella che piace tanto a Walter Veltroni), chiede sacrifici a Marini sulla legge elettorale, al Polo non concede l'elezione diretta né risolve il problema della Lega e, per essere convincente, minaccia di andare avanti sulle questioni istituzionali con la maggioranza di governo. A ben vedere, quindi, l'unico a cui il segretario del pds non chiede sacrifici è se stesso: lo schema che ha in testa, infatti, è quello che gli crea meno problemi con Rifondazione e, quindi, quello che meglio mette a riparo l'attuale equilibrio politico. E' quello che dà più ruolo ai partiti e meno alle coalizioni, che privilegia il pds rispetto all'Ulivo. Ma può avere successo una riforma studiata più sul presente, sullo status quo, che sul futuro? Può avere possibilità di riuscita una proposta che va in- contro alle esigenze di uno soltanto? Domande in attesa di risposta. Scena di fine mattinata a Montecitorio. D'Alema, sempre lui, riunisce i rappresentanti del pds, Cesare Salvi e Fabio Mussi, del ppi, Sergio Mattarella, quelli di Forza italia, cioè il trittico Urbani-Calderisi-Rebuffa, e il delegato di An, Domenico Nania, per fare il punto sul lavoro del comitato sulla forma di governo. Al numero uno di Botteghe Oscure interessa stringere. Vorrebbe un'indicazio¬ ne sia pure generica della commissione sull'ipotesi del premierato. A detta dei presenti, il presidente ha un tono duro, quasi sprezzante. Si parla ancora del metodo ma D'Alema non rinuncia a porre problemi di merito: «Se accettate - dice ai commissari del Polo - l'idea di un premier senza elezione diretta, allora potremmo venire incontro alle esigenze che ponete di un potere di governo forte. Altrimenti noi saremo co- stretti a ragionare in termini di maggioranza. Per favorire la stabilità dei governi si potrebbe anche scegliere un sistema elettorale che preveda un doppio turno nei collegi uninominali». Di più il presidente della Bicamerale non dice, resta nel vago, ma dal dibattito mformale che segue alla sua sortita emergono elementi interessanti per capire quello che ha in testa. Giuliano Urbani gli domanda: come può un sistema elettorale che non preve¬ de il premio di maggioranza previsto dal progetto Barbera assicurare governi forti se non è accompagnato neppure dall'elezione diretta del premier? D'Alema risponde: «Lasciamo perdere la proposta Barbera che favorisce solo le ammucchiate. Si può superare quel rischio dando delle garanzie anche ad un possibile governo di minoranza. Ad esempio si potrebbe introdurre il vincolo di mandato per gli eletti, un vincolo che oggi la nostra Costituzione esclude». D'A- lema ha fatto capire poi ai rappresentanti del Polo che 0 premier dello schieramento che ottenesse la maggioranza relativa potrebbe automaticamente avere il diritto di formare il governo, godere di una fiducia presunta, avere il potere di scioj limento dell'assemblea parlamentare e potrebbe essere sfiduciato soltanto dalla maggioranza assoluta del Parlamento. Insomma, pur di evitare un sistema che introduca l'elezione diretta di uno dei due vertici istituzionali, il segretario del pds, a sentire i suoi mterlocutori, sarebbe pronto ad introdurre addirittura una sorta di obbligo di fedeltà al premier per gli eletti della coalizione vincente. Una cosa che fa sobbalzare anche un alleato di governo come Mattarella. Sarà solo una «boutade» ma dimostra carnuto D'Alema sia rigido su questa posizione. Inoltre, il sistema che sembra preferire il presidente della bicamerale se affronta il problema di Rifondazione lascia del tutto aperto quello della Lega. «Se Cossutta per essere favorito nel proporzionale - gli fa presente Calderisi nella stessa riunione potrebbe anche accettare di non partecipare al secondo turno, la Lega che ha una presenza concentrata sul piano territoriale non si ritirerebbe di certo: qui, invece che verso il bipolarismo, si va verso un tripolarismo». Al segretario del pds l'obiezione non importa più di tanto: «Non essendo presenti in due terzi del territorio, i leghisti non avrebbero un candidato a premier. Comunque, non potete porre il problema della lega in termini di bottega». Sarà, ma dopo quella risposta i rappresentanti del centro-destra hanno continuato a chiedersi perché dovrebbero approvare una riforma che si preoccupa di Rifondazione e non della Lega. Risultato: un'altra riunione che si chiude al punto di partenza. Augusto Minzolini A sinistra: il segretario del partito popolare Franco Marini A destra: Massimo D'Alema segretario del pds e presidente della commissione Bicamerale per le riforme istituzionali

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