Bicamerale, D'Alema stringe i tempi di Antonella Rampino

Bicamerale, D'Alenici stringe i tempi Vertice segreto sulle riforme. Esclusi Rifondazione e i Verdi: «Senza di noi salta tutto» Bicamerale, D'Alenici stringe i tempi Berlusconi insiste sulla giustizia: meno potere aipm ROMA. Ieri, Massimo D'Alema è comparso sullo scalone di Montecitorio di ottimo umore, salutando i giornalisti con un sorriso che gli ha tirato su i baffi. Era mezzogiorno, veniva da un incontro con il segretario dei Popolari durato un'ora e venti minuti, e si accingeva a guidare una riunione lunga quasi il doppio nel suo ufficio da presidente della Bicamerale, al piano superiore alla ormai famosa Sala della Regina. Insomma, ieri è stata per D'Alema una giornata di grande attività. Le riforme vanno fatte, e vanno fatte presto. Per dirla con Giuliano Urbani, «bisogna arrivare al giorno precedente alla scadenza dei lavori della Bicamerale, il 30 giugno, con un documento firmato dai quattro principali partiti presenti in Parlamento». E ieri, nell'ufficio di D'Alema, oltre a Cesare Salvi, c'erano Urbani, Calderisi e Rebuffa di Forza Italia, Nania di An, Mattarella dei Popolari. Quando si è saputo dell'incontro, tenuto riservato al punto che Salvi ci è andato dicendo «vado a prendere un caffè», Cossutta ha protestato, «senza Rifondazione, inutile fare accordi». Hanno protestato anche i Verdi, a cominciare dal relatore del Comitato Garanzie, Marco Boato: «Se vengono presi accordi fuori dalla sede istiutuzionale, io mi dimetto». E, a buttare acqua sul fuoco, è arrivato Salvi: «Ma quali accordi, era solo un incontro informa- le». Certo non poteva restare senza eco il fatto che si discutesse di giustizia, ascoltando le obiezioni delle forze politiche alla bozza Boato, mentre al piano di sopra i rappresentanti di alcuni partiti tenevano un incontro sull'altro tema scottante della Bicamerale, la forma di governo e il sistema elettorale. Se poi la giornata di lavoro intenso di D'Alema darà i suoi frutti, è prestissimo per dirlo. Nella riunione nel'ufficio del ca¬ po della Bicamerale, Forza Italia ha chiesto al pds di uscire allo scoperto. «Il punto, dice Urbani, non è tanto, o per meglio dire non è solo, quale riforma elettorale: è stabilire qual è il punto di arrivo». Ovvero, l'elezione diretta del premier. «A noi va bene anche il semipresidenzialismo alla francese: ma il punto è dove si vuole arrivare. Insomma, abbiamo chiesto a D'Alema di uscire allo scoperto, né più, né meno come gli ha chiesto Cossutta l'al¬ tro giorno» dice ancora Urbani. Le dichiarazioni ufficiali, all'uscita della riunione, parlavano genericamente di «metodo da seguire», di «procedure per andare avanti». La riunione, ed è stato annunciato che ve ne saranno altre, comunque, è stata interlocutoria. Anche perché D'Alema avrebbe voluto arrivarvi essendosi assicurato l'appoggio dei Popolari, cui tiene molto. E invece l'incontro con Marini, che era stato deciso sabato scorso, e che è avvenuto nell'atmosfera ovattata, quasi da confessionale, dello studio del segretario dei Popolari a piazza del Gesù, è stato bruciante quasi quanto il caffè che i due hanno bevuto. Perché, secondo le ricostruzioni che del colloquio sono state fatte, a Marini non dispiace la «proposta Barbera», che comprende la sopravvivenza di una quota proporzionale nel sistema elettorale, mentre D'Alema è piuttosto orientato verso un sistema senza quote proporzionali, ma con uno sbarramento al 6 per cento. Sulla giustizia, Boato ha fatto sapere che lavorerà durante il fine settimana ad una seconda bozza, che sarà presentata a D'Alema martedì mattina, in modo da procedere alle votazioni, anche in notturna, lo stesso martedì, e il giorno seguente. E ieri, nel comitato che si occupa della giustizia, Marcello Pera ha presentato la proposta di Forza Italia in materia. Tre i punti for- ti. Il Consiglio Superiore della Magistratura deve avere una sua duplicazione in un analogo organismo che si occupi squisitamente di questioni disciplinari, e non avere semplicemente una sezione distaccata che si occupi di questi problemi. La separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante deve essere netta: tirocinio comune, per rispettare la cultura giuridica, e poi concorsi e prove attitudinali separate. Per diventare giudici, se si è pubblici ministeri, e viceversa, occorrerebbe dunque rifare concorso e prove attitudinali. Forza Italia vuole che una legge assicuri «il coordinamento e l'unità d'azione degli uffici» dei pm: in pratica un limite alla loro indipendenza. Infine propone di togliere alle procure il monopolio dell'azione penale. In questo modo, si sgraverebbe di molto il lavoro degli uffici, gravati da 13 milioni e mezzo di fascicoli. Il meccanismo potrebbe essere quello di stabilire che per determinati reati si possa procedere solo su querela, e poi restituire alla polizia giudiziaria la possibilità di perseguire, per esempio, i furti. Sulla ridefinizione del ruolo dei pubblici ministeri è d'accordo anche il pidiessino Soda. Che infatti, ieri, è arrivato in Bicamerale sotto braccio al forzista Pera. Antonella Rampino bvldduIppvumssrq

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