Pollini, chimica, stress di Ezio Giacobini

Poi lini, chimica, stress Poi lini, chimica, stress Triplicate le allergopatie nei Paesi avanzati QUASI ogni giorno si sente ripetere la domanda: ma le malattie allergiche sono comparse soltanto adesso? Perché una volta non se ne sentiva parlare? Perché continuano ad aumentare? Il progressivo aumento delle malattie allergiche è documentato dagli studi scientifici, statistici, epidemiologici: l'incidenza delle allergopatie è quasi triplicata, in particolare nei Paesi a sviluppo avanzato: da una percentuale oscillante fra il 3 e il 4 per cento nel 1975-1980, oggi possiamo considerare che circa il 12-20 per cento della popolazione soffre o ha talvolta sofferto di manifestazioni allergiche. Le cause dipendono da vari fattori che si influenzano fra di loro: inquinamento ambientale, aumento della diffusione delle sostanze chimiche (ogni anno ne vengono messe in commercio più di 30 mila), uso di sostanze alimentari sempre più sofisticate, aumento dell'industrializzazione e dello stress con conseguente usura del sistema nervoso, aumento del monte-geni al¬ lergico. E poiché l'età più colpita va dai 6 ai 40-50 anni, ossia i soggetti in età scolare e lavorativa, sono immaginabili i riflessi economici e sociali di questa patologia sulle assenze scolastiche nei più giovani e sulla perdita di giornate lavorative nei soggetti adulti. I maggiori responsabili delle manifestazioni allergiche sono i pollini e gli acari domestici: i primi con la fioritura primaverile causano la cosiddetta «febbre da fieno» (anche se raramente la sintomatologia oculorinitica è accompagnata da febbre), con l'acme - per quanto riguarda l'Italia settentrionale - aprile a giugno, con la fioritura delle graminacee. La polvere di casa in realtà è composta da una serie di sostanze ed organismi potenzialmente allergenici e, per merito di Voorhost, nel 1966 si è scoperto il vero allergene comune alla polvere di tutte le abitazioni, che è un derivato degli acari del genere Dermatophagoides ed in particolare di un loro prodotto fecale. Questi microscopi¬ ci artropodi vivono nelle nostre abitazioni, che costituiscono il loro habitat ottimale: temperatura fra 18" e 25° e umidità intorno al 70-80 per cento. Ne consegue la necessità di una bonifica ambientale, soprattutto del letto, dove gli acari si annidano più frequentemente. Ma poiché non sempre la sola bonifica ambientale riesce a distruggere tutti gli acati, è necessario fare ricorso alle cure farmacologiche e immunoterapiche. Mentre le prime sono soprattutto un presidio immediato e puramente sintomatico, ossia con carattere di temporaneità, l'immunoterapia specifica (Ita) è la strategia terapeutica più efficace per modificare la risposta immunitaria del soggetto allergico, allo scopo di abolire o ridurre la fastidiosa e talvolta grave sintomatologia. Pur essendo stata introdotta da Noon nel 1911, ancora oggi non ne è del tutto chiaro il meccanismo d'azione, anche se gli enormi progressi in campo immunologico hanno dimostrato le modificazioni umorali e cellula¬ ri che l'its induce. Tuttavia numerosi controlli ne hanno confermato l'efficacia clinica, con notevole miglioramento della sintomatologia asmatica e oculorinitica e della iperreattività bronchiale aspecifica, che è il problema attuale più importante nei pazienti asmatici. Nel tentativo di ovviare ai rischi implicati nell'Its, sono state messe a punto metodiche differenti per ridurre la dose dell'allergene contenuto in quello che comunemente viene chiamato vaccino. Una di queste è l'Enzyme Potenziated Desensitisation (Epd), nella quale vengono impiegate dosi molto basse di allergene, miscelato con jaluronidasi e B-glicuronidasi. Oltre all'eliminazione delle reazioni avverse e dei rischi, questo metodo offre numerosi vantaggi: non esistono controindicazioni (eccetto la gravidanza od altre vaccinazioni in corso), è indolore e utile a chi per ragioni di lavoro non può recarsi dal medico per praticare le iniezioni settimanali per 3-4 mesi. [e. b.] mente un grammo di forfora al giorno, e che tale quantità è sufficiente a mantenere in vita migliaia di acari per almeno tre mesi! Oltre alla immunoterapia specifica, ossia le iniezioni iposensibilizzanti praticate con il cosiddetto «vaccino» (oggi disponibile anche per via orale e in dose unica da somministrasi una-due volte l'anno), dobbiamo prenderò in considerazione le strategie per ridurre la presenza degli acari, la loro crescita e la concentrazione di particelle allergizzanti nelle abitazioni. Esistono metodi biologici per la bonifica ambientale, cioè per distruggere e prevenire la crescita della popolazione di acari: la temperatura (esposizione del materiale lettereccio a 25:,C per sei ore oppure a 50°C per quattro ore), l'umidità ambientale inferiore al 50 per cento per almeno due mesi, specie nel periodo invernale; è evidente però che sono metodi scarsamente praticabili. Poiché si trascorrono nella camera da letto circa 8 delle 24 ore della giornata, dobbiamo mettere in atto una serie di misure di bonifica, che possiamo riassumere nel «Decalogo della profilassi ambientale» pubblicato qui accanto. Riguarda, come si vedrà, arredi, vestiario, biancheria, libri, tende, tappezzerie. La guerra agli acari passa attarverso questo decalogo. E speriamo di riuscire a lasciare al di là della finestra i pollini delle piante. Enrico Belli Primo rimedio una accurata bonifica degli ambienti Italia fanalino di coda SE esistessero le Olimpiadi della scienza l'Italia sarebbe sicuramente tra le nazioni in coda. Nessuna medaglia d'oro (premi Nobel), nessuna d'argento e pochissimi bronzi negli ultimi 10 anni. Se teniamo conto del rapporto della nostra produzione scientifica col numero degli abitanti, il prodotto nazionale lordo e la percentuale investita in ricerca e sviluppo passiamo al fondo della classifica delle nazioni industrialmente più avanzate. Uno studio presentato recentemente su «Scienze» ci mette al corrente di questi fatti. I dati presentati dovrebbero far riflettere seriamente i politici italiani. Questa situazione d'allarme non fa presagire un futuro benessere economico per l'Italia a meno di non continuare a esportare solo scarpe e vestiti. Partiamo dalle notizie migliori. Quindici nazioni contano per circa l'85% della produzione scientifica mondiale stimata come numero di pubblicazioni in tutti i campi delle scienze, dell'ingegneria e della medicina nei 15 anni tra il 1981 e il 1994. L'Italia si mantiene al settimo posto (2,7 per cento) tra le 7 potenze economiche mondiali (i G7) con gli Stati Uniti al primo col 35 per cento della produzione mondiale (più delle 15 nazioni dell'Unione europea assieme). Fin qui le cose andrebbero benino. Se la qualità di tali pubblicazioni viene stimata usando il numero totale di citazioni si mantiene ancora l'ordine precedente della classifica. Noi passiamo invece per valore relativo alla metà delle francesi, a un terzo delle tedesche o giapponesi e a un quarto delle inglesi. Anche qui gli Stati Uniti fanno la parte del leone con circa la metà del totale. La situazione peggiora notevolmente quando consideriamo il rapporto chiamato impatto relativo di citazione che rappresenta il numero delle citazioni di tali pubblicazioni diviso per il numero stesso delle pubblicazioni. Solo tre delle nazioni G7 si mantengono tra le prime dieci in classifica (Stati Uniti, Regno Unito e Canada), la Francia viene proiettata al 14" e l'Italia al 19°. Svizzera, Svezia, Danimarca e Regno Unito balzano ai primi posti (in quest'ordine) dopo gli Stati Uniti: e, come si faceva notare, solo il Regno Unito è tra i «grandi». L'Italia compare dopo nazioni come Olanda. Finlandia e Australia con peso economico minore del nostro. Come prevedibile le cinque nazioni che sono in testa al mondo per produzione scientifica e qualità della loro ricerca sono le stesse che investono maggiormente. In testa a tutti sono Giappone e Stati Uniti (2,9% e 2.5% del prodotto nazionale lordo speso in ricerca) seguite da Regno Unito, Germania e Francia, tutte oltre il 2%. L'Italia ha il primato del più basso investimento tra le nazioni industrializzate del mondo con poco più dell'1%, appena superiore a quello dell'India. Si . deve notare che Paesi come la ! Svezia e la Svizzera investono proporzionalmente di più nella ricerca che gli stessi Stati Uniti (3,3 e 2,7% rispettivamente). Un saggio di qualità della ricerca mondiale può esser rilevato in venti singoli campi della ricerca che riflettono entro certi limiti un investimento più selettivo di un certo Paese. Anche qui lo sforzo è misurato basandosi sulla popolazione e sul prodotto nazionale lordo di quel Paese. I dati mostrano in testa gli Stati Uniti seguiti da Svizzera, Svezia e Regno Unito con un numero maggiore di campi. Mentre certi Paesi europei emergono ad esempio nel campo della ricerca biomedica (Danimarca, Svezia e Svizzera), le nazioni asiatiche concentrano i loro sforzi in ingegneria, informatica e chimica altre invece come l'Australia, il Canada, la Nuova Zelanda e il Sud Africa puntano su risorse naturali. Le nazioni più avanzate industrialmente distribuiscono le proprie risorse in modo equo tra i campi principali. L'Italia ha il dubbio primato di non essere inclusa tra le prime cinque in un singolo campo dei 20 considerati. Qual è la performance relativa della ricerca italiana in relazione alla sua popolazione e agli investimenti compiuti nella ricerca di base? A parte il fatto che il maggiore successo relativo appartiene a dodici Paesi minori dell'Italia, essa compare al fondo della classifica, al 16° posto tra le nazioni più industrializzate. Ezio Giacobini

Persone citate: Enrico Belli, Noon