Giochi proibiti

Giochi proibiti All'assemblea della Popolare hanno trionfato privilegi di casta, non di una società europea avanzata Giochi proibiti L«) assemblea della Banca Popolare di Milano ha portato in primo piano le incongruenze e le fragilità del sistema creditizio italiano, ha reso di pubblico dominio il persistere di privilegi di casta propri non di una società europea avanzata, ma piuttosto di una tradizione feudale calmucca. Lo statuto delle banche popolari concede ai dipendenti poteri esorbitanti nella nomina del gruppo dirigente. Avviene così che l'assemblea della Popolare di Milano mandi a casa un presidente protagonista di un impervio risanamento dei conti ed elegga managers che avranno doveri di riconoscenza nei confronti di chi li ha portati al vertice e che perciò attende la restituzione di favori. Il presidente prescelto Paolo Bassi è un uomo d'onore, un dirigente capace che ha aiutato il predecessore Francesco Cesarmi nell'opera di riordino dell'istituto: è tuttavia difficile per un gruppo dirigente che non voglia essere rimosso ostacolare i desideri e le richieste dei dipendenti-azionisti-elettori. La Banca Popolare di Milano è quotata in Borsa e appalesa un evidente conflitto di competenze e di interessi tra la sua forma proprietaria, la struttura statu- taria, i metodi scelti per eleggere il vertice. Sono condizioni che all'estero fanno gridare allo scandalo, che potrebbero provocare un allontanamento dei risparmiatori e degli investitori. Tutto ciò avviene con la protezione e il sostegno palese dei sindacati autonomi, con l'acquiescenza della Cgil-Cisl-Uil dei bancari. E i sindacati confederali che ne pensano, sono disposti a sposare o a coprire simili privilegi di casta? E' difficile che la Banca d'Italia e il Tesoro possano sopportare la riproduzione di un malcostume che ci allontana dal resto d'Europa. Il settore del credito non tollera posizioni protezioniste frutto di privilegi assurdi che favoriscono le inefficienze e la crescita dei costi, richiede piuttosto strutture efficienti e capacità di innovazione per offrire il supporto necessario allo sviluppo dell'economia e di tutta la società. Le banche italiane sono frammentate, di piccole dimensioni, scarsamente redditizie, con un elevato costo del lavoro e un eccesso di dipendenti. E soprat¬ tutto sono tuttora in grandissima parte sotto il controllo pubblico, spesso gestite avendo come riferimento le nomenclature dominanti. L'avvicinarsi dell'Euro e la riduzione dei tassi di interesse infliggono ulteriori effetti negativi ai conti non brillanti degli istituti creditizi. E' da auspicare che la ristrutturazione in corso non sia pagata dalla clientela, che si scelga senza reticenze e ritardi la strada della efficienza, segnata anche dall'abbandono delle abitudini alle protezioni. E' indilazionabile il processo di liberalizzazione, il rispetto delle leggi del mercato, di privatizzazioni rigorose e immediate, per rafforzare le nostre banche, inefficienti e costose, use ad agire in realtà chiuse e protette, soggette alle pressioni degli ambienti circostanti. Le banche estere si stanno impadronendo della parte alta e più remunerativa del mercato dei servizi finanziari: agiscono da protagoniste nelle privatizzazioni fin qui realizzate e in quelle all'orizzonte, nelle attività eh acquisizioni e fusioni, nel seguire le quotazioni di società in Borsa. Le banche italiane si attardano nel difendere interessi proprietari retrivi e antistorici. Le Fondazioni non sembrano propense ad autoprivatizzarsi, con qualche lodevole eccezione. Sarebbe utile pensare a una autorità che dipani la matassa intricata anche con atti imperativi, per scavalcare gli interessi particolari di quelle comunità locali di cui le Fondazioni sono espressione. Le privatizzazioni sono ostacolate anche da quelle forze che predicano l'esigenza di farle precedere dalle ristrutturazioni degli istituti creditizi, per renderli appetibili sul mercato. Nella realtà effettuale si tratta di un rinvio alle calende greche, dato che il riordino di una banca passa dalla trasformazione dei rapporti tra proprietà e management, dal cambiamento del gruppo dirigente. Appare ingenuo o troppo astuto affidare agli oggetti del cambiamento il compito di generare le condizioni che ne metterebbero in gioco ruolo e poltrone. «Ognuno si affeziona alle proprie cose», sostiene un banchiere abile e sagace, anche se ci sarebbe da eccepire su un senso della proprietà alquanto improprio. Antonio Mereu

Persone citate: Antonio Mereu, Paolo Bassi

Luoghi citati: Europa, Milano