«Congeleremo l'ovaio»
«Congeleremo l'ovaio» «Congeleremo l'ovaio» Flamigni: è il futuro della fecondazione NUOVE TECNICHE DI PROCREAZIONE ASSISTITA BOLOGNA ON più congelamento dell'embrione o della sola ovocita. Ora l'obiettivo della ricerca nel campo della fecondazione assistita è il congelamento dell'intero ovaio. Ci vorranno ancora studi e sperimentazioni, ma tra cinque anni, o forse dieci, sarà possibile espiantare l'ovaio dal corpo della donna, congelarlo e reimpiantarlo al momento giusto. Una tecnica utile soprattutto per conservare la capacità riproduttiva delle donne, anche giovanissime, che devono sottoporsi a terapie nocive per l'apparato genitale, ad esempio in caso di tumore. E' ancora una volta l'equipe del Centro di sterilità e fecondazione assistita dell'università di Bologna, sotto la direzione del professor Carlo Flamigni, a dare il via alle ricerche in Italia: il la- voro comincerà già nei prossimi giorni. La notizia è stata data ieri dalla dottoressa Eleonora Porcu, responsabile del Centro, che al suo attivo ha fra l'altro la nascita, lo scorso febbraio, di una bambina generata da mi ovocita congelato: il primo caso riuscito al mondo. L'avvio degli studi per il congelamento dell'intero ovaio, che è in pratica la continuazione del progetto del singolo ovulo congelato, è stato annunciato in occasione dell'apertura del convegno intemazionale su «Ovociti umani: dalla fisiologia alla fecondazione assistita», che per tre giorni metterà a confronto a Bologna 300 medici e ricercatori, metà dei quali stranieri. Due gli obiettivi della sperimentazione, come hanno spiegato il professor Flamigni e la dottoressa Porcu: il primo è quello di dare più «chances» per ripristinare nella donna la funzione riproduttiva agendo non soltanto su un uovo, come accade oggi; il secondo obiettivo è di dare una speranza di diventare madre anche a quelle donne af¬ fette da gravi patologie, come il cancro o la leucemia, e che rischiano la sterilità a causa di terapie radianti. «Con le tecnologie di fecondazione assistita non ci si vuole sostituire alla natura - hanno ribadito Flamigni e Porcu - ma solo aiutarla, cercando di imitarla e, quando possibile, addirittura di correggerla. Dunque nessun "antro delle streghe", ma solo un aiuto con il massimo rispetto di ciò che avviene in natura». Tecnicamente, l'equipe bolognese comincerà i primi test per verificare la possibilità di sopravvivenza di frammenti di tessuto ovarico. Il grado di difficoltà è molto più elevato rispetto al congelamento di un singolo uovo - ha spiegato la più stretta collaboratrice del professor Flamigni - perché si tratta di mantenere in vita diversi gradi di vulnerabilità al freddo. Lo scopo finale è quindi di «far crescere le uova in provetta, accompagnarne il processo di maturazione e poi restituirle alla paziente». Ma la ricerca punta anche a risparmiare alle donne gli attuali trattamenti per l'induzione all'ovulazione, giudicati «molto pesanti». Il cammino sarà comunque lungo e non privo di difficoltà, anche perché «occorrono spazi e risorse», come ha sottolineato Eleonora Porcu. E se l'equipe del centro di sterilità bolognese sarà la prima in Italia ad avventurarsi su questa strada, all'estero c'è già chi opera nella stessa direzione: è il caso del professor Roger Gosden, dell'università di Leeds, che proprio al convegno di Bologna domani porterà un filmato sulle ultime novità sul congelamento dell'ovaio. Roberta Castellano Il professor Carlo Flamigni. In alto Raffaele Morelli e Pamela Villoresi
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