A colpi di star e vip

A colpi di star e vip A colpi di star e vip Chi tifa per Blair e chi per Major CELEBRITÀ' E POLITICA PLONDRA ER un momento era parso che la «star» delle elezioni inglesi potesse diventare la principessa Diana: se mai dicesse per chi voterà alla sua prima esperienza elettorale potrebbe trascinare con sé schiere di voti. Ma lei, affrancata dai legami reali che le impedivano in passato un ruolo politico, tace a oltranza. Non tace, invece, l'orda di attori, cantanti, musicisti, scrittori, personaggi dello sport che, abbracciando la causa Tory o quella del New Labour, fanno a gara nell'Olimpiade delle celebrità: sponsor talora attivamente corteggiati, sempre accolti a braccia aperte. Perché nell'elezione del millennio gli Oasis o le Spice Girls valgono quanto un dibattito sulla spesa sanitaria. Se non di più. Le squadre ormai sono fatte; e per la prima volta i conservatori sembrano aver rovesciato la pre¬ valenza laborista, tale da quando Harold Wilson riuscì nel 1964 ad avere dalla sua quattro ragazzi di cui non conosceva neppure il nome ma che il mondo venerava come Beatles. Ma la battaglia degli Oscar va a Tony Blair: fra le sue file - non solo sostenitrice, ma deputato e candidata a un ruolo ministeriale - è infatti Glenda Jackson. Di Oscar ne ha vinti due, nel 1969 e nel 1773, per film allora controversi in cui non aveva esitato a giocare le carte del nudo e del sesso. Trasformata ora in animale esclusivamente politico, senza neppure un filo di trucco sul volto da sessantenne in gran forma. Anche l'altro Oscar in piazza, Vanessa Redgrave, gioca a sinistra; ma non si candida. Sostenitrice (e fondatrice) del trotskista Partito Rivoluzionario dei Lavoratori, con il fratello Corin - attore anche lui accusa il governo conservatore di rappresentare «un fascismo in abiti gessati», di avere dato vita a «uno Stato poliziesco» e di avere nelle proprie file «molti politici con convinzioni identiche a quelle di Le Pen». Ma il gruppo ha un solo candidato; e Vanessa raccomanda perciò di votare per i liberal-democratici: «Gli unici - dice - che ancora credono in un sistema giusto». L'attore e regista Richard Attenborough, 74 anni, non esita a dichiarare i suoi 52 anni di fede laborista quando accompagna Tony Blair nella campagna. L'ho visto a Edimburgo dire che «con Blair la speranza diventa la nostra grande anna», sostenere che «dal 1° maggio le cose cambieranno», applaudire con insolita piaggeria l'ingresso del suo nuovo idolo. Agli inglesi piace questo Lord venuto dalla gavetta: lo applaudono, soprattutto lo ascoltano. Ma non è il solo pezzo da novanta in casa del New Labour. Blair ha, dalla sua, lo scrittore Ken Follett, da sempre eminenza grigia dei laboristi, la cui moglie Barbara guida la carica femminile e femminista ai corridoi del potere, capogruppo di un'operazione che ha creato non pochi mugugni da parte di vecchi bastioni del partito messi in disparte soltanto perché non in gonnella. Ha Gore Vidal, fatto venire dall'America per il lancio del manifesto, ma lasciato poi in disparte quando quello ha cominciato a definire «lilli¬ puziane» - paragonandole a quelle americane - le elezioni inglesi. Fra gli scrittori «politici» la grande speranza dei conservatori Frederick Forsyth - appoggia invece da posizioni di antieuropeismo viscerale («Ogni settimana vediamo scivolare via un altro pezzo della nostra sovranità») il Referendum Party di Sir James Goldsmith, che in pratica chiede l'uscita dall'Unione europea. Al suo fianco figura l'attore Edward Fox, che interpretò - una pura coincidenza - il film «Il giorno dello sciacallo» tratto dal romanzo di Forsyth. Entrambi persi ai grandi partiti, come perso è Sean Connery, in questi giorni valido sostenitore della causa dei nazionalisti scozzesi. Dal mondo del cinema la sempre affascinante Joan Collins sta con Major, mentre Jeremy Irons si dichiara laborista. Ma c'è anche, con Blair, una gloria tv del passato: Geri (Spice Girls) tifa Major, come Joan Collins

Luoghi citati: America, Edimburgo