Londra, la guerra elettorale dell'Ira di Fabio Galvano

Londra, la guerra elettorale delPlra Migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporti e scaricati dai treni alle porte della città Londra, la guerra elettorale delPlra La capitale bloccata dalla minaccia bombe LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A dieci giorni dalle eiezioni britanniche l'Ira ha paralizzato l'intero centro di Londra e i tre maggiori aeroporti della capitale, con una serie di telefonate in codice con cui si avvertiva che numerose bombe erano state collocate nella città. Aerei, treni, metropolitana, auto sono rimasti bloccati per tutta la mattinata dopo la chiusura delle vie centrali, di cinque stazioni ferroviarie e di altre della metropolitana, degli aeroporti di Luton, Gatwich e, in parte, Heathrow. Soltanto nel pomeriggio, dopo una serie di perlustrazioni e di esplosioni controllate, Londra ha potuto respirare. Ma lo sdegno per la «politica del terrore» adottata dall'Ira non si era spento che già un'altra tegola cadeva sulle elezioni: il discorso ad Amsterdam in cui il presidente della Commissione europea, Jacques Santer, censurava i «mercanti di disgrazie» in tema di integrazione europea. Senza citarli, era evidente il suo attacco agli europessimisti inglesi, che negli ultimi giorni hanno avvelenato la campagna elettorale e messo in serie difficoltà - i conservatori sono palesemente spaccati - il premier John Major. Ieri un sondaggio Gallup ha indicato un altro piccolo recupero dei tories, che avrebbero ridotto da 19 a 16 punti il loro distacco dai laboristi. E qualcuno suggerisce addirittura che a favorire Major sia, in un Paese essenzialmente sospettoso di tutto ciò che sa di Europa federale, proprio la resistenza alla moneta unica e all'Europa da parte di un buon numero di suoi candidati e ministri, quelli che sua moglie Nonna ha definito «traditori». Ma ieri persino le accuse di Blair al primo ministro, di aver perso proprio per quelle spaccature il rispetto dei partner europei e soprattutto dell'elettorato, sono passate in secondo piano davanti alla paralisi di Londra, la più grave degli ultimi anni. A un certo punto l'intero centro e i quartieri del West End erano virtualmente isolati, per i blocchi stradali o per gli intasamenti. Lanciate proprio nell'ora di punta, quando tutti andavano al lavoro, le telefonate in codice dell'Ira hanno provocato il massimo danno con il minimo sforzo. E' la strategia già attuata nei giorni scorsi nell'Inghilterra centrale e all'ippodromo dove si correva il Gran National, la più famosa corsa inglese. Migliaia di passeggeri sono rimasti bloccati per ore negli aerei appena atterrati, o scaricati dai treni alle porte di Londra. Poco per volta, dopo il cessate allarme nel pomeriggio, il traffico è ripreso. Ma in serata Londra era ancora a soqquadro. La condanna di Major, di Blair, di tutti i protagonisti politici delle elezioni è stata unanime e immediata. Ma può servire? Quella di ieri, dicono gli inglesi sperando di esorcizzare tale minaccia con le parole, potrebbe anche essere stata una «prova generale» in vista di un grande attentato - ma ormai basta la minaccia, come ieri - il giorno delle elezioni. L'odio per l'Ira è stato ieri alimentato anche dalla rivelazione di un «pentito», Eamon Collins, secondo cui un capitano delle «teste di cuoio» britanniche, le Sas, dopo esser stato ucciso dai terroristi nel maggio 1977 presso Dundalk sarebbe stato fatto scomparire nel modo più orrendo: utilizzando i tritacarne industriali di una macelleria. Collins riferisce nella sua autobiografia di averne avuta recente conferma: «Fu trattato come qualsiasi altra carcassa animale», gli è stato detto, senza tuttavia precisare che cosa accadde ai resti. [f. gal.) Tony Booth. E' un sostenitore forse troppo di sinistra per il New Labour, politicamente poco accorto e quindi pericoloso. Ma inevitabile, impossibile da cacciare. E' ii padre di Cherie Blair, la moglie del leader laborista. «C'è il pericolo - scriveva il «Daily Telegraph» che diventi per il Labour non meno imbarazzante di quanto sia per i tories Tom Major-Ball, il fratello del primo ministro». Il mondo della musica è diviso. Andrew Lloyd Webber, l'autore di tutti i musical di maggiore successo, è accanito conservatore e ha fatto scalpore dichiarando - come Frank Bruno, ex campione del mondo di pugilato fra i pesi massimi - che se vincerà Blair se ne andrà dall'Inghilterra. Anzi, ha già messo in vendita (45 miliardi) la sua casa di Londra, l'immensa cantina di vini pregiati, le collezioni d'antichità. In campo laborista giostrano Mick Hucknall (Simply Red, che ha persino scritto una lettera al «Sun» appoggiando Blair), Bono degli U2, Damon Albarn di Blur, mentre i due fratelli Gallagher sono stati ritenuti «troppo instabili» per giustificare una loro inclusione in scuderia. Ma di fede tory ci sono non solo alcuni vecchi nomi Cliff Richard, Shirley Bassey, Cilla Black, Phil Collins, persino Bill Wyman dei Rolling Stones - che in Inghilterra non hanno perso il loro fascino, ma anche quel fenomeno del momento che sono le Spice Girls. E' stata Geri a dichiarare le sue simpatie per Major. «Una sponsorship che le brucerà», si disse a dicembre. Dopo altri due dischi in testa alle classifiche, hanno smentito le Cassandre e sono una bella carta nella smazzata conservatrice. Fabio Galvano Times Square deserta: una conseguenza delle misure di sicurezza scattate nella capitale dopo gli allarmi-bomba Lo scrittore Ken Follett una colonna dei laboristi