C'è un piano-ritirata se saltano le elezioni di Vincenzo Tessandori

C'è un piano-ritirata se saltano le elezioni C'è un piano-ritirata se saltano le elezioni TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Hanno dato l'assalto a un magazzino di materiale edile, ieri appena notte, nel quartiere Kombinat, sulla strada per il mare. Coi Kalashnikov per razziare mattonelle. Il guardiano, Fatos Leja, 23 anni, uno che faceva l'insegnante, ha, come dicono i mattinali di polizia, opposto resistenza. E lo hanno ammazzato. Lui pure ha sparato e ucciso un malvivente e ferito un altro. La banda era partita dal quartiere periferico di Bathorja, quello a Nord, abitato da diecimila «ceceni», come chiamano con disprezzo qui quelli delle montagne del profondo Nord. E un altro morto nello stesso quartiere ancora per rapina. Episodi di ordinaria delinquenza, sennonché hanno fatto alzare la guardia a Luan Skuqi, ministro della Scuola e dello Sport, democratico: troppo rischioso riaprire le scuole, e così molti bambini ieri sono arrivati davanti agli istituti trovandoli chiusi. Scuole aperte, dunque, soltanto a Fier, Kavaja, Korcia e Lag. Altrove, tutto sbarrato: «Per ragioni di sicurezza», hanno spiegato alla televisione. Perché ancora nessuno si sente sicuro e finché i militari della missione di pace non prenderanno il controllo, i rischi appaiono davvero eccessivi. Del resto, le bande armate imperversano, soprattutto a Sud e sulle strade di Berat e Argirocastro hanno dato l'assalto a due convogli che risalivano dalla Grecia. Due morti e quattro feriti. Dunque, «Alba» è cominciata, ma già si notano segni di disagio. E non soltanto perché i greci mostrano fastidio per dover sottostare al comando italiano, soprattutto perché a Tirana sono ripresi i giochi balcanici che potrebbero mandare in frantumi il governo di unità nazionale. E Beniamino Andreatta, ministro della Difesa italiano, mostrava qualche perplessità: «Penso che i politici albanesi avranno la saggezza di non far cadere l'unica speranza di evitare un confronto fisico in Albania. Il governo è l'unico punto di riferimento dell'intera operazione: immagino che nessuno potrà pensare a compiere un atto come questo che corrisponderebbe alla rottura di un patto, un atto che precede la guerra civile». Ma chi ha portato il Paese sulla soglia della guerra civile? «E' un Paese pieno di voci. E' chiaro comunque che in una situazione come quella albanese può avvenire ciò che avveniva in Bosnia, e cioè che la stessa parte creasse attenta¬ ti, sparasse, usasse i mortai per denunciare i delitti dell'altra parte: queste cose, nella politica balcanica, sono frequenti». Poi le elezioni, che tutti assicurano di volere per l'inizio dell'estate. Ha proseguito Andreatta: «Se si verificassero in giugno potremo mantenere la Forza multinazionale di protezione nei tempi fissati dalle Nazioni Unite. Questo mi pare importante anche per l'Albania: la democrazia non può nascere con un lungo periodo di presenza di truppe internazionali. Se il Paese potesse dunque votare alla fine del mese di giugno e noi potessimo ritirare le Forze alla fine del mese successivo, questo sarebbe importante sia per l'Albania sia per i Paesi che contribuiscono alla Forza di pace». Nel caso malaugurato venisse a mancare l'interlocutore, cioè ca¬ desse il governo, non rimarrebbe che richiudere le valigie. Del resto un «piano di recupero» è già pronto e vedrebbe impegnati aerei a Tirana e navi a Valona. Si vedrà. La nebbia è notevole anche se Tritan Shchu, presidente del partito democratico ed ex ministro degli Esteri, ha confidato di non credere a un reale «pericolo di spaccatura che non si possa ricomporre». Ma la proposta di silurare Agim Shehu, capo della polizia e vice primo ministro, democratico, ha avuto l'effetto di un terremoto di ottavo o nono grado della Scala Mercalli. E la proposta è partita da Bashkim Fino, socialista, ex benzinaio ed ex sindaco di Argirocastro, diventato primo ministro dopo che il presidente Berisha aveva bocciato diciassette candidature. Per Shehu il Presidente si era rifiutato di firmare il licenziamento. E a Fi¬ no non era rimasto che commentare: «Per un poliziotto si sta sciogliendo il governo». Il che non è poi del tutto vero, perché neppure quelli del suo partito sono d'accordo in blocco di buttare a mare la chance che sembra a portata di mano del Paese. Ma anche i socialisti vivono giorni convulsi. E c'è chi mette in discussione la leadership di Fatos Nano. Una spaccatura verticale, dicono voluta da Sapit Brokaj, che fu cardiologo di Enver Hoxha, e da Islami Kastriot, responsabile del settore stampa. L'occasione per l'attacco a Nano sarebbe stato l'ingresso in Parlamento di nove deputati. Il leader aveva dato la propria benedizione e gli altri gli hanno detto sul viso: «Così favorisci Berisha». Vincenzo Tessandori Le truppe italiane si dispiegano nella città ribelle del Sud albanese L'operazione non ha subito i temuti intoppi L'unico problema è stato il vento

Luoghi citati: Albania, Bosnia, Grecia, Tirana