Fazio tiene tesa la corda dei tassi di Alfredo Recanatesi

Economia Fazio tiene tesa la corda dei tassi INTERA settimana scorsa si è dipanata nell'attesa di una nuova riduzione del tasso di sconto. L'attesa è giustificata dall'inflazione il cui passo annuo sembra scendere al disotto del già stupefacente livello del 2%. Rispetto a questo regresso i tassi di interesse, in particolare quelli a breve termine, appaiono attardati, mostrando conseguentemente un potenziale di riduzione che può realizzarsi - così almeno si ritiene - non appena la Banca d'Italia darà un segnale di disponibilità attraverso la riduzione del tasso ufficiale di sconto, che persiste su livelli chiaramente fuori linea rispetto alla media dei corrispondenti tassi degli altri Paesi europei. Per altro, le condizioni che i libri elencano per giustificare una politica monetaria meno restrittiva sembrano esserci tutte. Il cambio è stabile, sorretto com'è da una bilancia commerciale il cui surplus continua a presentare dimensioni inusitate. Il tasso dell'inflazione - si è appena ricordato - continua a scendere sotto livelli già insperati. Il disavanzo dello Stato è stato abbattuto, e quello 0,2% di Pil che, secondo le stime della Commissione europea, ancora lo separa dalla fatidica meta del 3% rientra abbondantemente secondo valutazioni pressoché unanimi - nel fisiologico grado di approssimazione di queste statistiche e conferma comunque, rispetto al 1996, un aggiustamento la cui entità non ha precedenti. E tuttavia non siamo in una situazione di scuola. I vincoli posti dal processo di avvicinamento all'unione monetaria determinano un quadro affatto particolare, unico, comunque diverso da quelli schematicamente ed astrattamente presi in considerazione dai libri di economia. i ->*flTra gli elementi della giocolare situazione che camwsrizzerà i prossimi mesi, duerno quelli meno scontati che merita, quindi, ricordare. Il primo riguarda il mercato dei titoli pubblici. La flessione dei rendimenti di questi titoli ha fatto da battistrada alla riduzione di tutti gli altri tassi, e tuttora rappresenta la reazione più rapida ed ampia alla riduzione dell'inflazione. Ciò è avvenuto perché nei due o tre anni passati i titoli dello Stato a tasso fisso presen tavano un rendimento poten ziale assai elevato in quanto al tasso di mercato, già consisten te, avrebbero potuto aggiungersi guadagni in conto capitale, consistenti anch'essi, nel caso l'aggiustamento della finanza pubblica si fosse realmente compiuto. Ed infatti, chi nell'aggiustamento ha creduto ha conseguito in questi anni rendi menti molto elevati. Ma a crederci sono stati soprattutto gli investitori istituzionali stranieri, giapponesi ed americani in particolare, sempre più attenti e tempestivi degli italiani. Pur in un mercato globale che, per I molti aspetti, ha privato di ogni I valore queste distinzioni, que sta circostanza va richiamata perché ha direttamente e strettamente correlato l'aumento delle quotazioni dei titoli con la ripresa e il consolidamento del cambio della lira. Ed il cambio costituisce, infatti, il secondo specifico elemento di attenzione. Il motivo è chiaro. La flessione dell'inflazione, e con essa quella dei tassi e dei rendimenti, non può protrarsi all'infinito. La natura stessa dei capitali affluiti dall'estero è tale da far presumere che almeno buona parte di essi non si accontenti di un impiego che prometta solo cedole corrispondenti a rendimenti non troppo dissimili da quelli conseguibili in giro per il mondo. Di conseguenza, quando il mercato percepirà che il processo si è esaurito e che altri guadagni in conto capitale non sono più prevedibili, è facile che si verifichi un flusso di uscita di capitali dall'Italia. Nulla di grave, sia chiaro; nel mondo d'oggi queste cose sono più che normali. Se non fosse, però che questo eventuale deflusso si verificherebbe nei mesi cruciali nei quali si giocheranno le ultime mani della partita per partecipare alla moneta unica: dunque mesi di ipotesi, di previsioni contraddittorie, di possibili conseguenti turbolenze sui cambi e sui tassi di interesse. Mesi, insomma, che di rischi ne comporteranno parecchi e che impongono di evitare tutti quelli prevedibili ed evitabili. Come? L'unico modo possibile è di mantenere.aDerta il più a lungo possibile laprospettiva di altre riduzioni dei tassi e dei rendimenti e, quindi, di altri potenziali guadagni in conto capitale sui titoli a tasso fisso. Lesinare sull'allentamento di una politica monetaria ispirata a criteri di massima severità, insomma rimanere indietro rispetto alla realtà dei dati ed alle conseguenti aspettative del mercato è il modo attraverso il quale la Banca centrale sta tentando di contenere la rischiosità dei prossimi mesi. Ciò non vuol dire, ovviamente, che ulteriori riduzioni dei tassi, a cominciare da quello di sconto, non siano possibili già da domani; vuol dire che un pieno allineamento dei tassi di inflazione, al contenimento del disavanzo statale, a tutti gli altri indicatori che pure renderebbero possibili politiche più espansive non potrà aversi se non quando il traguardo della partecipazione alla moneta unica non sarà stato definitivamente raggiunto e sancito. Alfredo Recanatesi

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