Bibi danza sull'orlo del vulcano di Fiamma Nirenstein

Bibi danza sull'orlo del vulcano Bibi danza sull'orlo del vulcano La nuvola del sospetto ha spaccato a metà il Paese TEMPESTA ALLA KNESSET GERUSALEMME. Dopo la decisione della procura e dell'Avvocato dello Stato di liberarlo dall 'incubo del rinvio a giudizio, Benjamin Netanyahu si è presentato al pubblico non con la faccia del trionfatore, ma della vittima ed insieme del vendicatore. Se Edna Arel e Eilakim Rubinstein avessero compiuto la scelta opposta, le dimissioni non sarebbero state evitabili. Invece, i due massimi esponenti del sistema giudiziario, dopo aver più volte con grande accoramento spiegato la loro indifferenza alla voce dei media e della piazza, e anche a quella della politica, e la loro decisione di trattare gli accusati come cittadini qualunque, alla ricerca soltanto di prove giudiziarie, hanno deciso di lasciare soltanto «una nuvola di sospetto» intorno al primo ministro. 0, come ha detto la Arel, di specificare che un mercanteggiamento estraneo e improprio si era svolto nel governo, ma che le prove per indiziare Netanyahu non bastano. Dunque Netanyahu, pallido, compresso, ha brevemente ruggito la sua presa di posizione che è di certo identica a quella del 50 per cento del Paese, e opposta a quella dell'altro 50 per cento, e che quindi lascia in Israele il tempestoso tempo che trova: a destra, prende piede sempre di più, e per bocca di Bibi, la teoria del complotto; si rafforza la critica alla sinistra che non vuole,. non può accettare, ha detto Bibi, che il Paese abbia democraticamente scelto di andare in una direzione diversa dalla sua, e che quindi ha fatto uso di tutte le possibili armi per far fuori la coalizione di Netanyahu. Di questa coalizione proditoriamente fa parte, secondo l'interpretazione del primo ministro, un vero e proprio complotto della stampa, in prima linea il telegiornale di Stato, che sempre per odio inconsulto ha pompato ogni possibile notizia avversa al governo di destra e a lui personalmente. E' ovvio che da queste considerazioni Netanyahu, senza soffermarsi sulla «nuvola di sospetto» se non con un generico «ci deve essere stato qualche errore di cui prenderemo cura», trae la conclusione che non solo le dimissioni non sono affatto in vista, ma che, anzi, le manovre nemiche così aggressive ed ingiuste devono essere controbattute rafforzando tutte le scelte che alla sinistra non piacciono: costruire a Gerusalemme, non restituire il Golan, non consentire uno Stato palestinese... Insomma, Netanyahu oggi, dopo la decisione dell'Avvocato dello Stato e della procura, ha tutta l'intenzione di cavalcare fino in fondo la teoria della caccia alle streghe, e probabilmente di risistemare il governo in modo che non si manifestino più quelle sgradite defezioni che erano avvenute in questi giorni, così da usarla come macchina da guerra. Ma dall'altra parte la decisione di Rubinstein e della Arel, così accorati, così consapevoli del valore che Israele dà all'integrità del sistema giudiziario, lascia completamente aperto lo scontro politico. Il sospetto che Netanyahu abbia fatto mer¬ cato del ruolo di Avvocato dello Stato, e che solo l'impossibilità di provare la cosa lo mantenga nel suo altissimo ruolo, gli crea da stamattina svariati problemi cruciali: prima di tutto è diventato impensabile formare una coalizione politica con un uomo da cui il sospetto non è stato sgomberato; quindi svanisce l'idea accarezzata a lungo dalle due parti di un governo di unità nazionale. In secondo luogo la sinistra ha molte più armi per condurre un'opposizione durissima, e certamente il caso Netanyahu andrà nelle prossime ore in appello all'Alta Corto di Giu¬ stizia ad opera dei deputati del partito laburista. Essi faranno anche una guerra aperta in Parlamento. Ancora: già alcuni ministri del suo stesso governo hanno dichiarato più volte di non essere disponibili a restar presi nella rete della confusione di Bibi. Per esempio Nathan Sharansky, ministro dei Lavori Pubblici, che controlla sette seggi, ha detto che nel caso fosse rimasto anche il 10 per cento del sospetto, avrebbe lasciato il governo. Anche Kahalani, ministro della Polizia e capo della «Terza Via», un altro partito che siede nella coalizione, po¬ trebbe disertare il governo pollandosi via i tre voti su cui può contare in Parlamento. E altri importanti ministri, come Dan Meridon al Tesoro, sono noti per la loro rettitudine. E questa storia di mercanteggiamenti li ha resi molto nervosi. Infine, ma certo non meno importante: l'unico indiziato di reato è rimasto Arieh Deri, il leader dello Shas, il partito religioso dei sefarditi. Adesso è solo, nerovestito, coi suoi occhi neri, e incarna il simbolo della sofferenza e della solitudine che lamentano sempre i religiosi di origine africana, che si sono sentiti perpetue vittime del potere ashkenazita dalla fondazione dello Stato di Israele. Adesso ancora di più si sentiranno tagliati fuori dal potere. La piazza di Deri, fatta di gente che segue con fede intangibile il rabbino Ovadia Yossef e quindi Deri che ne è delfino, potrebbe esplodere sin da queste ore, e anche i dieci seggi di Deri potrebbero volare a) vento. Per fare la coalizione ci vogliono 61 voti; per mettere in piedi un impeachment ce ne vogliono 80... Lo scontro non è finito, anzi, in questa fase della storia, Israele si prepara a danzare sull'orlo del vulcano, in piazza, nei tribunali, alla Camera, e nell'ambito del processo di pace. Fiamma Nirenstein Il 50 per cento della gente pensa al complotto contro il primo ministro, l'altro 50 che abbia fatto mercato del potere politico L'avvocato dello Stato Eilakim Rubinstein e la procuratrice capo Edna Arel Nella foto a sinistra: il leader del partito laborista Shimon Peres

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele