Tirano vacilla il governo (e la missione) di Vincenzo Tessandori

Il premier silura il viceministro degli Interni e capo della polizia, il Presidente non ci sta Il premier silura il viceministro degli Interni e capo della polizia, il Presidente non ci sta Tirano, vacilla il governo (e la missione) A poche ore dalla partenza degli italiani per Valona TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Due quesiti a Massimo Brutti, pidiessino, sottosegretario alla Difesa, in visita pastorale in Albania alla vigilia dell'ingresso a Valona. Il primo: c'è ima istituzione, una sola, in questo Paese che non sia andata in frantumi? «Non lo so. Mi danno resoconti molto realistici, mi dicono che la ricostruzione sia già cominciata». Il secondo: quali garanzie ha ottenuto l'Italia che sforzi e materiali non finiscano inghiottiti, qui in Albania, come è già accaduto in un passato neppure remoto? «Mah!, vede, le garanzie non cadono dal cielo, vanno costruite. Noi abbiamo fatto il possibile per avere un interlocutore credibile». E questo interlocutore è il governo di unità nazionale: dovesse venir meno, avverte il sottosegretario, l'intera missione «andrebbe rinegoziata». Ma sarebbe un'incertezza di troppo, in un Paese che sembra non avere più certezze. Ecco, fra i tanti nodi c'è quello della polizia segreta, che oggi si chiama «Shik» e un tempo «Segurimi», e che ha condizionato per cinquant'anni la vita del Paese e, dicono, la condiziona tuttora. Che cosa ne sappiamo dello Shik? «Che è un pezzo di polizia, con una struttura complessa e dipende dal controllo parlamentare». Nel suo viaggio ha incontrato soltanto membri del governo? «Sì, certo». Così, una volta tanto, non ci sono equivoci, nessun capobanda è stato accolto come un al- leato, nessun provocatore accettato come un politico. Neppure Zini Hanonui, ennesimo capomilizia di Valona, che minaccia di mettere «mine e bombe di qui fino a Bari» se la Forza multinazionale tenterà di disarmare i suoi. Da quando «hanno dimissionato» Bashkim Gazidede c'è nebbia, nel settore, e ieri la situazione si è fatta impossibile perché anche Agim Shehu, viceministro degli Interni e capo della polizia nonché uomo del presidente Sali Berisha, è stato liquidato, si dice per volere di Bashkim Fino, primo ministro, socialista, che avrebbe approfittato di un suo viaggio all'estero per assestare il colpo. E Belul Cela, ministro degli Interni, del partito democratico, protesta perché, dice, nessuno può silurare Shehu, tranne Berisha. Siamo al braccio di ferro, il rischio è che il governo di coalizione vada in frantumi. Nell'attesa di una normalizzazione che appare difficile, uno dopo l'altro tornano in edicola i giornali ed è una notizia buona. Per «Koha Jon», incendiato nei giorni della follia, l'editore sardo Niki Grauso ha portato computers e materiale per mettere su una stazione radio, forse anche una televisiva. E domani riaprono le scuole, lunedì prossi¬ mo, forse, anche l'università. I primi aiuti alimentari sono stati distribuiti ieri, 35 tonnellate di farina, fagioli e olio che i responsabili di 22 istituzioni pubbliche, da Scutari a Nord, a Saranda in Meridione, sono corsi a ritirare a Durazzo. E poi è stata diffusa una cifra che lascia sbigottiti: 140 mila famiglie vivono in miseria o si trovano sulla soglia della povertà, qui in Albania. E questa, se vera, è l'altra faccia delle «finanziarie a piramide». Oggi, forse, a Valona. Con arrivo anche dal mare, con i mezzi da sbarco lanciati sulla battigia. Perché, dicono, quelli del battaglione San Marco non ci stanno a farsi scarrozzare per mezza Albania e, in fondo, l'operazione militare appari¬ rebbe, come dire?, più completa e sicura se i soldati arrivassero da due lati. Una colonna del 18" bersaglieri, fiore all'occhiello dell'esercito, scenderà da Durazzo, con camion e blindati, e i fanti di marina chiuderanno da Sud. 11 tempo è maturo, lo ha fatto capire anche il generale Forlani, che nella prossima settimana prenderà il comando del corpo di spedizione. «Siamo in anticipo rispetto al programma». Per il momento il conio di spedizione italiana è attestato all'aeroporto di Rinas, a Fier e alla scuola allievi ufficiali di Tirana, quella non lontana dall'ambasciata Usa da dove i marines, in assetto da guerra, scrutano con attenzione i movimenti degli europei. Perché ci sono anche i francesi, alla scuola, e mostrano un'attività frenetica, su e giù per i viali di Tirana, con le loro campagnole veloci e mimetizzate vivacemente. Gli italiani appaiono più sobri o, se vogliamo, meno visibili. Perché, generale? «Ma questa è una missione di pace». E quali sono i vostri interlocutori? «Le autorità e non le bande E' così anche a Valona. Del resto, sono proprio le bande il rischio maggiore». E le bande lo sanno che il tempo per loro sembra essere scaduto. Forse per questo, ieri, ci sono stati esplosioni e regolamenti di conti, un po' dappertutto, con quattro morti a Berat (11 in tutto il Paese), lo scoppio di un deposito di anni ad Argirocastro, scontri. E un ragazzo di 12 anni, Kruja, è stato ammazzato da una bomba a mano con cui si baloccava. 11 corpo di spedizione, dunque, è quasi completo, il tenente colonnello Gianfranco Scalas scorre gli appunti e avverte che a Valona i militari faranno base nell'Accademia navale e in quella della l'anteria. Si tratta di strutture in pessime condizioni, ma la scelta è obbligata. Vincenzo Tessandori Minacce da un capobanda: non disarmateci o colpiremo. L'Onu: in povertà assoluta 140 mila famiglie Una concentrazione di uomini e mezzi italiani: pronti a partire per Valona. Sotto, l'addio a un soldato