Il fortino segreto di Berisha di Pierangelo Sapegno

Il fortino segreto di Berisha Il fortino segreto di Berisha Dove si addestrano le nuove milizie camion». E quei fantasmi senza scarpe, con le magliette sotto la giacca, i calzoni larghi? «No, nessun prigioniero», rideva Nicola, un poliziotto. Ma tutto quello che si è visto - questo va detto - è in realtà strano, indecifrabile. Sin dall'inizio. Perché poi, nonostante tutte le diffidenze, è bastato un piccolo stratagemma ai cronisti per entra¬ re. Il posto è fatto così. Ci sono tre palazzine. Quelle più vecchie sono state costruite dagli italiani nel '39. Una più grossa dove c'è il comando, quella al centro, un'altra dove fanno la scuola, a destra, e quella a sinistra è per la mensa. Raccontò qualche ufficiale italiano che venne chiesta anche la disponibilità di questi edifici per i nostri soldati. Gli risposero: «No, lì non si può assolutamente». Adesso, dentro all'ex Accademia, i cronisti sono accompagnati da 5 albanesi in borghese. Dicono tutti di non capire una parola di italiano. Forse mentono. Ci si incammina. Sopra, al comando, c'è un viale, poi ci sono i percorsi di guerra. Sotto, ci sono i campi, anche quel¬ lo di calcio, gli ostacoli, le sbarre, il castello di manovra. Le finestre sono tutte senza vetri, da quando l'Accademia ò stata assaltata. Da sopra, dalla terrazza, si vedevano i giovani fare esercizi. Adesso, finalmente, arriviamo al prato. Ci sono 40 giovani seduti sull'erba, alcuni senza scarpe, sorvegliati o protetti da un civile con il Kala¬ shnikov, là, in fondo, sulla destra. I cronisti si avvicinano a 3 ragazzi, facce da contadini, occhi chiari. C'è un camion messo sul vialetto, e un gran silenzio. Da dove venite? «Berisha perfetto», risponde subito uno, alzando il pollice. Uno rifa la domanda, e «Berisha super» risponde un altro. Interviene uno degli accompagnatori albanesi, di- ce qualcosa, e loro «viva Berisha» ripetono. Altro colloquio albanese. Si ricomincia. Allora, ci dite da dove venite? Dal Nord? Uno, ridendo: «Vlora». Un altro, ridendo ancora di più: (cArgirocast.ro». A questo punto, si stacca dal centro del prato uno con la barba da Gesù Cristo che viene urlando verso i giornalisti con tare molto arrabbiato. Gazetari, gazetari! Un altro degli accompagnatori, quello con una camicia rossa sangue di bue lo blocca, ci parla un po'. Torna indietro, e dice «basta domande». Adesso andate via, dice facendo i segni con la mano. Dal prato guardano senza interesse. Capelli corti, facce tristi. I cronisti sono portati fuori da un poliziotto. «Vengono tutti dal Nord quelli che sono dentro - spiega - qui dormono e aspettano». Che cosa? Niente, aspettano. Forse, di entrare nelle guardie nazionali di Berisha, come suggerisce ancora Nicola: «Sono circa 180, stanno qui per un mese. Si occupano solo della protezione di Berisha. Sono addestrati con la boxe e il karaté». Fuori, si risale sulla terrazza. C'è Agim che aspetta, e vestito tutto di nero, e anche gli occhiali hanno i colori della notte. Sta seduto con le gambe sul parapetto e la radio della macciiina con le portiere aperte canta Zucchero. ((Allora, avete visto?» Sì, abbiamo visto. Ma non si capisce molto. «Uomini Berisha, questa verità». Ma quegli uomini sembrano fantasmi, chissà se prigionieri, se miliziani, chissà che cosa. ((Ah, uomini Berisha. Grande mistero». Il fotografò beve la birra. «Vedi, italiano - dice Agim - questa era l'Accademia della polizia, ma l'hanno chiusa due mesi fa durante la rivolta». Si alza, sbatte la portiera della macchina. E' ancora chiusa, ufficialmente. Invece e aperta, e non c'e più la polizia. Non si può entrare. Eppure ci siamo riusciti, diciamo. Ali, fa lui come infastidito. «Quella è villa di Berisha»: in faccia a noi, con il perimetro di mura grigie e le sentinelle che guardano fuori dalle torrette. Più in là, ci sono le palazzine di un grande orfanotrofio. E poi sui dossi di fronte le due caserme. Agim stava nell'Accademia, racconta, e una notte il comandante caricò 400 allievi sui camion Iveco: «Andiamo a fare un'esercitazione a Berat». Ma li portò a Saranda e li tirò giù dicendo «occuperemo la città». Finì che 4000 abitanti armati li circondarono: «Se non ve ne andate, vi scanniamo». Scapparono via. E l'Accademia finì quel giorno, dice Agim. «Adesso grande mistero. E uomini di Berisha». E' il mio Paese che è così, dice. Pierangelo Sapegno «Qui dentro vengono tutti dal Nord e si preparano per proteggere il Presidente» E' incominciata ieri la prima distribuzione degli aiuti alimentari Sono state consegnate 35 tonnellate di farina, fagioli e olio