I nostri parà dai leader di Valona

II Comitato: «Benvenuti italiani» Lite sulle elezioni, Berisha e Nano le vogliono ma non il 29 giugno come dice Vranitzky I nostri para dai leader di Vaiolici II Comitato: «Benvenuti italiani» TIRANA dal nostro inviato Quella stretta di mano fra il briccone di Valona e il comandante degli incursori del Col Moschin rilanciata dalla televisione? «Non l'ho vista», taglia corto Massimo Brutti, pidiessino, sottosegretario alla Difesa, accorso qui a Tirana per «seguire da vicino il lavoro dei soldati». Perché è questa la cosa importante, il lavoro dei soldati. Del resto, prima il ten. col. Gianfranco Scalas, poi l'ambasciatore Paolo Foresti, raccontano dell'incontro sul molo fra il col. Luciano Nardi e Zani Caushi. Le versioni collimano, salvo qualche dettaglio minimo. Il paracadutista, l'altro giorno, era con i suoi in ricognizione sul molo quando si sono avvicinati uomini armati. Uno ha chiesto di parlargli. «Avete bisogno di qualcosa?». «Non abbiamo bisogno di niente». Poi la stretta di mano, ed è finito. E ieri Albert Shujti, leader del Comitato di salvezza, ha dichiarato a una folla di duemila persone che sì, d'accordo, «Valona vive un momento delicato, ma non si fa certo dirigere da Zani e lui è uno che lavora da solo, non è legato a noi, ma come tutti i cittadini è libero di raccontare quello che vuole». Shujti era reduce da un incontro con dieci paracadutisti italiani, arrivati in avanscoperta da Fier con due blindati per ispezionare il porto e la scuola navale, dove farà base parte del contingente. «In questa città - ha rivendicato il leader ribelle con orgoglio - sono al lavoro un consiglio comunale, la polizia e il Comitato di salvezza. Tutti stiamo lavorando per dare i! miglior benvenuto agli italiani». Shujti ha poi escluso il pericolo di impiego di armi chimiche nel Sud dell'Albania: «A Valona ha detto - né Zani né altri ha in mano armi chimiche». A Valona, dunque. E al più presto, ha sottolineato Brutti, «già dalla prossima settimana». L'ammiraglio Venturoni ha detto lunedì: lei conferma? «Beh!, se l'ha detto l'ammiraglio, vuol dire che sarà così. E poi, non è Valona il cuore del problema, non abbiamo questo dubbio». Certo, il nodo più grande sono le armi e il disordine pubblico. Ieri, a Fier dove sono acquartierati i nostri, si sono ammazzati in tre a raffiche di mitra. Nella città della gente forse più volubile del mondo, il tema del momento sono le elezioni. E così passa nell'indifferenza l'arrivo della Forza di pace, quella che deve garantire aiuti umanitari: perché forse è vero che nessuno guarda con diffidenza o ostilità i soldati che corrono per le strade dissestate da secoli sui loro mezzi verde-oliva, ma la gente li segue col distacco riservato alle cose dovute. Ed entro stasera saranno più di duemila i militari sbarcati qui in Albania. Mancano solo i rappresentanti della Romania e della Danimarca. Sì, tutti ripetono, «al voto al voto». E il fatto che nel Paese circolino un milione o un milione e mezzo di Kalashinikov non sembra preoccupare poi troppo i futuri, esuberanti elettori. Il punto è che dal voto tutti si aspettano qualcosa, o molto, e an- dare alle urne con il mitra in pugno viene considerato un rischio accettabile. Come era stato accettato quello di affidare i soldi alle finanziarie «a piramide» e che non poteva non essere evidente. Vuole il voto Fatos Nano, elle cerca di dare una scossa alla sini¬ stra. E dice che si dovrebbe votare, e al più presto, anche il pretendente al trono Leka Zogu, il quale spera di ricavare un personalissimo vantaggio, perché potrebbe innestare nel confronto elettorale il referendum Repubblica-Monarchia. Il presidente Berisha gli avrebbe detto che la cosa è possibile, ha raccontato Curo Durollari, presidente del partito monarchico. «Al voto al voto», aveva ripetuto l'altro giorno Franz Vranitzki, rappresentante dell'Osco, l'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione europea. E si era anche dato una data, lui. Ma l'ultima domenica di giugno, il 29, non sembra essere gradita a nessuno degli interessati e sia Bashkim Fino primo ministro in carica, socialista, sia Tritan Shehu, presidente del partito democratico in carica, considerato un «falco», almeno su un punto concordano: con l'austriaco Vranitzky nessuno ha preso impegni. Si voterà, certo che si voterà: vedremo poi quando. E' così che si balla il valzer triste di Tirana: un passo in avanti, due di lato e uno indietro. E da Vienna il capo della delegazione dell'Osce tenta di far quadrare il cerchio: a giugno, dice, o in un giorno qualsiasi del mese. Si vedrà. Vincenzo Tessantiori Il presidente albanese Berisha e un marine francese Intento a lubrificare una mitragliera {foto ansa] Il leader dei ribelli Shujti: è falso A Fier tre uccisi a colpi di mitra che qui ci siano armi chimiche Possibile un voto sulla monarchia