Lo scacco delle «Finanze » di Cesare Martinetti

Lo scacco delle «Finanze » llllllll UN MINISTERO NELLA BUFERA Lo scacco delle «Finanze » Un dirigente: siamo precipitati in Serie C ROMA DAL NOSTRO INVIATO Visentini disse che era «lo sfascio» e l'evasione fiscale uno «schifo»; Guarino raccontò che nelle cantine «ci ballavano i topi»; qualcun altro ha detto che molti dirigenti erano dei malviventi. Si guarda adesso la maschera italiana di Umberto Baldini mentre la Venier lo sbugiarda a «Domenica In» e riemerge di colpo un teatro paradossale e italiano come il ministero delle Finanze, da dove si dovrebbe dare la caccia agli evasori e invece i funzionari stanno lì a certificare la più ridicola sconfitta dello Stato: imbrogli a figuracce anche nell'unica fonte sicura di entrate, giochi giochetti e lotterie. Antonio Romano sindacalista del Salfi, il sindacato autonomo, ci dice che la storia di Baldini certo non l'ha meravigliato: «Come mai tutta quella sfilata di direttori del ministero accompagnati dalle signore mgioiellate andate a fare la passerella in tivù per la finale della Lotteria di Capodanno?». Massi: come mai? E anche là ci scappò la figuraccia, sotto gli occhi del direttore dei Monopoli, Ernesto Del Gizzo, «ottimo manager» secondo curriculum nonostante le ombre del passato nello scandalo petroli, quando si inceppò la macchina distributrice di palline e di miliardi. Lo Stato non sa incassare tasse e organizza lotterie. Secondo la vecchia regola che «sa di feudalesimo», come ci dice un direttore del ministero, ogni concorso a premi dever essere autorizzato dal ministero. Che siano le figurine nei fustini di detersivo, il lotto, le estrazioni, i gratta e vinci, i concorsi a premi, gli indovinelli tivù, come quello con Mara Venier, dove il burocrate di settimo livello Umberto Baldini, funzionario dell'ufficio imposte di Trastevere, marito di una funzionaria di un altro ufficio imposte, insieme al suo amico sedicente commercialista ed ex archivista del ministero delle Finanze, aveva organizzato l'ultima truffa, la prima scoperta, così cla- morosa, così semplice, ma anche così mgenua. Giulio Tremonti, ministro delle Finanze del governo Berlusconi, accusa i suoi successori Fantozzi e Visco di aver «strutturato» il fisco sulle entrate di tipo «ludico», una scelta che riduce già di per sé la credibilità dell'azione fiscale e che ora - profetizza Tremonti - si ribalterà nella caduta delle entrate: «Il gioco si regge sulla magia, sul caso, sull'imponderabile. Se si rompe questo meccanismo, come s'è rotto domenica scorsa, crolla tutto». A «Domenica In» s'è scoperta la truffa e, dice Tremonti, ora l'amministrazione raccoglie quello che ha seminato: un funzionario che ha giocato sul gioco, ha fatto la sua riffa sulla riffa di Stato. Il tutto con una gestione «sudamericana», per esempio, sullo scandalo di Capodanno: «commissioni segrete» che non sono venute a capo di niente. Che fine hanno fatto i troppi vincitori della Lotteria Italia? E i miliardi del Gratta e vinci concentratisi chissà perché sui biglietti distribuiti a Curno, provincia di Berga- mo, incredibile a dirsi, luogo di residenza di Antonio Di Pietro? La storia aneddotica ministeriale di Giulio Andreotti racconta che il senatore a vita ha cominciato a diventare «Andreotti» proprio al ministero delle Finanze (ci rimase dal '55 al '58, nei governi Segni e Zoli) che gli venne attribuito secondo regola democristiana e nonostante che l'esame di Scienza delle Finanze fosse stato l'unico superato dal ministro con un misero « 18». Lì Andreotti ha fatto conoscenza con la burocrazia capitolina, lì si è esercitato a muoversi negli snodi più perversi e misteriosi dello Stato, lì ha costruito 0 suo cemento elettorale tra i travet romani. Lì ha conosciuto il primo scandalo, l'«affare Giuffrè», quando fu accusato di aver coperto un giro di soldi delle parrocchie disinvoltamente gestito da un prete. Se la cavò brillantemente. Lo scandalo petroli nelle sue due fasi, quella genovese del '74 e quella torinese dell'81 -'82, è radicato nella giungla del ministero delle Finanze, Fiamme Gialle, uffici che dovevano controllare e non controllavano. Negli scandali e nei sospetti sulle «Finanze» ci sguazzava il giornalista Mino Pecorelli, ammazzato forse anche per quello. Il manuale Cencelli, quello che «pesava» ciascuna poltrona secondo la più pura legge del potere, gli attribuiva una valenza di serie «A». Finirono sulla poltrona eh ministro Formica e Gava; ne fu sottosegretario, a proposito di potere andreottiano, Salvo Lima, a garantire il potere dei cugini Salvo, esattori di Sicilia per conto del ministero. Una storia così ricca e così spessa che annebbia in una furberia da piccolo funzionario periferico il trucco televisivo di Umberto Baldini, sbiancato in diretta mentre la Venier lo pescava con le dita nella marmellata. Il sindacalista Romano ci parla del ministero come di un'amministrazione precipitata nella serie «C» dello Stato, con più ispettori intemi che funzionari, tutti costretti ad arrangiarsi, in una corsa alla sopravvivenza che prevede quasi inevitabilmente il doppio lavoro: al mattino impiegati dello Stato, al pomeriggio consulenti di chi quello Stato vorrebbe ingannare. Una delle soluzioni, ci dice un direttore, sarebbe quella di farla finita con le «autorizzazioni ministeriali» per i giochi dal momento che il ministero non controlla un bel niente, e provare a dare un po' di coraggio a quei dipendenti del ministero che si comprano da soli giornali e riviste per conoscere le decisioni dello Stato in materia fiscale e si portano da casa il computer per riuscire a lavorare meglio. Ce ne sono? Ce ne sono, assicura il direttore, e domenica scorsa, davanti alla tivù, sono impalliditi nello stesso momento in cui impallidiva il dottor Baldini. Ma per un'altra ragione. Cesare Martinetti Imbrogli e figuracce nell'unica fonte sicura di entrate I funzionari costretti al doppio lavoro e ad accettare consulenze A sinistra Umberto Baldini, a destra la squadra di «Domenica In» con al centro Mara Venier

Luoghi citati: Curno, Italia, Roma, Sicilia