«Io, schiava di tre albanesi»

«lo, schiava di tre albanesi» Costretta a vendersi dopo essere stata segregata, violentata e presa a pugni «lo, schiava di tre albanesi» Fuggita da Tirana, baby-prostituta a Milano MILANO. Cristina aveva pagato un milione, per scappare dall'Albania e venire in Italia dove sognava di fare soldi veloci. Era pronta a tutto, anche a prostituirsi. Ma sulla strada ha trovato altri tre albanesi che l'hanno rapita, sequestrata, violentata. Per quasi quindici giorni, quando Cristina è riuscita a scappare dai carabinieri. Cristina era arrivata in Puglia solo due settimane fa, mescolata tra i 14 mila che sono scappati dall'Albania negli ultimi mesi. In treno, assieme ad un gruppo di amiche, aveva raggiunto Rimini, dove sognava di rifarsi una vita partendo dalla strada. Un metro e settanta, capelli biondi a caschetto, un corpo più adulto dei suoi 16 anni, Cristina era pronta a tutto. «Ma forse non sapeva che non ci si può prostituire senza protezione, senza racket», dicono i carabinieri che hanno raccolto la denuncia della ragazza. Che sulla strada è stata notata da Fabian Prifti e dai suoi due amici. Che il racket l'hanno impiantato a Milano e sono sempre alla ricerca di ragazze nuove, sempre più giovani perché danno più soldi, da buttare per strada. Per convincerla a seguirli sono stati pugni, calci, botte. Poi, caricata a forza su un'auto, è stata portata a Milano. Prima in un appartamento di via Cenisio. Poi, la notte, a Melegnano, lungo la superstrada che va a Lodi. Per prostituirsi, per guadagnare soldi per i suoi connazionali. Dieci notti sulla strada a inseguire clienti, quasi a elemosinare le 50 e le 100 mila lire che dalle sue tasche passavano a quelle di Fabian e dei suoi amici e a lei solo le briciole, a volte nemmeno quelle. Che tanto non le servivano, c'erano loro che avrebbero pensato a tutto e a non farle mancare niente. Il tutto, era quell'apparta¬ mentino di via Cenisio, dove lei stava di giorno, segregata senza alcuna possibilità di uscire. Ed erano botte, pugni, calci e anche violenze sessuali perché quella ragazza era loro, roba loro. Dieci giorni così, e Cristina non ce l'ha fatta più. Chissà dove, ha trovato l'indirizzo della stazione dei carabinieri di Gorla Precotto. Si è presentata una sera e ha raccontato tutto, la violenza, la strada, la fuga dell'Albania verso il Paese che doveva essere felice ed invece è diventato un incubo. «Quando è venuta qui era sconvolta, era terrorizzata», ricordano i carabinieri. «Non ci voleva nemmeno dire dove la tenessero segregata», spiegano. E dicono che è la paura che fa di queste ragazze le nuove schiave. Paura di violenze, paura che anche in Albania si sappia della loro vita. «In quella casa non voglio tornare», continuava a ripetere Cristina. Che poi si è convinta. E allora è stato un attimo andare in via Cenisio e poi nell'appartamento di via Bertelli 16. Dove Fabian Prifti che ha 25 anni viveva come un uomo d'affari. Il cellulare sempre in mano, l'auto di grossa cilindrata, la casa comperata e pagata tutta in contanti. In Italia c'era arrivato solo cinque mesi fa, scappando da Corcia. E in cinque mesi era riuscito a mettere in piedi un'attività che gli fruttava molti soldi. Sfruttando ragazze, come Cristina. Ma anche con altri traffici, tutti illegali. L'uomo era infatti già stato denunciato due volte, per detenzione di armi e per possesso di documenti falsi. Adesso Fabian Prifti è a San Vittore, accusato di sequestro di persona, violenza carnale, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Dei suoi compagni, invece, nessuna traccia. Fabio Potetti Un'altra ragazzina albanese è stata costretta a prostituirsi

Persone citate: Fabian Prifti, Fabio Potetti, Gorla