«I guadagni illegali vanno tassati»

«I guadagni illegali vanno tassati» Contribuente di Treviso costretto a pagare Irpef e Ilor su false fatture «I guadagni illegali vanno tassati» La Cassazione: ciò che conta è il possesso di redditi ROMA. Se qualcuno pensa di arricchirsi con guadagni illeciti, sappia che dovrà comunque pagare le tasse. Il principio è ribadito dalla prima sezione civile della Cassazione (sentenza 3259/97) che afferma: ai fini delle imposte dirette (Irpef e Ilor) ciò che conta è il possesso di redditi, siano essi in denaro o in natura, continuativi o occasionali, e provenienti «da qualsiasi fonte». Secondo i magistrati la legge 537 del 24 dicembre 1993 (articolo 14, quarto comma) dispone che «devono intendersi ricompresi nelle categorie di reddito... i proventi derivanti da fatti o atti qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo, se non già sottoposti a sequestro o confisca». La Suprema Corte ha così rigettato il ricorso di un contribuente, a carico del quale l'ufficio delle imposte dirette di Treviso aveva accertato un maggiore imponibile, dovuto fra l'altro a commissioni legate all'emissione di false fatture su operazioni commerciali inesistenti. Al ricorrente davano ragione le commissioni tributarie di primo e secondo grado. Ma non la commissione centrale: a suo parere Ilor e Irpef andavano pagate sulla base del mero fatto economico della percezione dei redditi, indipendentemente dalla natura delle attività produttive e quindi «erano da includersi nell'imponibile anche i compensi di comportamenti penalmente illeciti in quanto non confiscati». Contro questa decisione il contribuente si è rivolto alla Suprema Corte sottolineando che qualificare come reddito i frutti di un reato è violare la legge di riforma tributaria (dpr 29 settembre 1973) che si riferisce esclusivamente ad attività lecite, e affermando che non si può imporre ad un contribuente di denunciarsi come autore di reati quando presenta la sua dichiarazione dei redditi. Per i magistrati della prima sezione civile (che con questa sentenza si discostano dall'indirizzo espresso dalle sezioni unite penali, il 12 novembre del 1993, prima che le nuove norme entrassero in vigore) l'articolo 6 del dpr che ha istituito l'Irpef, al fine della «determinazione della base imponibile, classifica i redditi in fondiari, di capitale, di lavoro di impresa e poi a essi affianca, come categoria residuale, i redditi diversi, così comprendendo ogni altra ipotesi di profitto, che sia munito delle indicate connotazioni». Nella sentenza viene inoltre sottolineato che non può sopraggiungere dopo la tassazione una confisca che comporti un doppio prelievo per il contribuente con un «ingiusto arricchimento» dell'amministrazione finanziaria perché il verificarsi di tale situazione «travolgerebbe a posteriori l'atto impositivo...». [Agi]

Luoghi citati: Roma, Treviso