Dietro-front a sorpresa per spiazzare Bertinotti
Dietro-front a sorpresa per spiazzare Bertinotti Dietro-front a sorpresa per spiazzare Bertinotti Un rischio enorme per il Paese, per la sinistra e per lo stesso D'Alema: la governabilità, infatti, non è di per sé la condizione che può portare questo Paese in Europa se si tramuta in puro galleggiamento. Al punto cui sono giunte le cose (da quello che è avvenuto sull'Albania, alle manifestazioni di imprenditori e magistrati) o si cambia registro o questo governo tra qualche tempo avrà come incombenza spinosa quella di spiegare agli italiani perché sono stati costretti a pagare una tassa per l'Europa per poi scoprire di esserne rimasti fuori. Già sui giornali si legge di un'asse Parigi-Bonn ai nostri danni. Da qui a metà maggio D'Alema non potrà, quindi, esorcizzare o rinviare scelte che lo riguardano in prima persona, perché lui, e non altri, si è posto il problema di trasformare la sinistra italiana in una sinistra di governo. E una sinistra di governo non può non rimettere ordine nel nostro sistema giudiziario, non può assecondare i «no» della sua anima giustizialista, quella che si è materializzata nel documento dei 59 senatori, quella che affida questioni tanto delicate alla piazza. Né il segretario del pds può, sulla riforma dello Stato sociale, accettare supinamente le condizioni di chi vuole cambiare poco e niente. Stesso discorso vale per quelle riforme che dovrebbero assicurare finalmente all'Italia un sistema bipolare. Questo è l'impegno che D'Alema' si è preso, prima che davanti alla sinistra, davanti al Paese. Se il segretario del pds riuscirà nel suo intento, trasformando Rifondazione e le altre anime della sinistra in forze di governo che accettano anche la sfida dell'innovazione istituzionale, tanto meglio; in caso contrario, dovrà andare avanti nel suo impegno riformatore lo stesso, costi quel che costi. L'unica cosa che non può fare è fermarsi o tornare indietro accampando l'alibi della governabilità. In Italia non ha governato ieri Berlusconi, non governa oggi Prodi, non governerà domani D'Alema non solo per i loro limiti e quelli delle loro maggioranze, ma soprattutto perché mancano gli strumenti del governare vero. La vera ferita alla governabilità la infligge chi non crea le condizioni istituzionali per governare, chi prende ancora per buona l'idea che per fondare una nuova Repubblica bastano i processi contro la vecchia classe dirigente e una legge elettorale monca, chi difende una situazione anomala in cui per governare «bisogna chiedere il permesso sono parole di D'Alema - a Bossi, Bertinotti o ad altri». Ecco perché non può sorprendere il fatto - sempre che non sia un'allucinazione elettorale - che al D'Alema di ieri, per il quale le riforme venivano prima del governo, si sostituisca il D'Alema di oggi che teorizza l'esatto contrario. Se il segretario del pds andrà alla verifica dell'attuale maggioranza con questo schema logico in testa, Bertinotti riuscirà ad imporre il suo punto di vista non solo nel governo, ma anche sulle riforme della Bicamerale. Sarebbe un arrendersi alle pretese dei neocomunisti di collegare l'azione del governo agli accordi sulle istituzioni, il modo migliore per assecondare chi come Cossutta avverte che «la trattativa sullo Stato sociale non farà un millimetro senza un accordo sulla riforma elettorale». Un'impostazione del genere non serve a nessuno. Per uscire dalla situazione incresciosa in cui ci si trova tutti dovrebbero avere coraggio: il centro-destra dovrebbe aprirsi alle mediazioni sulle riforme (ma anche sulla legge per l'emittenza) e dimostrarsi finalmente affidabile; di contro, il segretario del pds dovrebbe accollarsi una volta per tutte i rischi che mette nel conto ogni innovatore. Tocca, soprattutto, a lui che si è calato nei panni dell'uomo che vuole dare al Paese una sinistra moderna. Se anche dopo le elezioni gli mancherà la capacità di rischiare, alla fine del tragitto non sarà stato il pds a cambiare Rifondazione, ma viceversa. Sarà tutta la sinistra italiana a tornare indietro. E lui, D'Alema, non sarà il Tony Blair italiano, ma un insignificante «gambero rosso». Augusto Mìnzolini La scommessa del segretario: fare di Rifondazione una forza di governo che accetta la sfida delle riforme E l'opposizione dovrebbe aprirsi alle mediazioni in Bicamerale (ma anche sulla legge per l'emittenza)
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