«Così difenderò la privacy»

«Così difenderò la privacy» Dall'otto maggio entra in vigore la nuova legge di tutela «Così difenderò la privacy» Rodotà: basta fughe dalle banche dati IL GARANTE MI CITTADiNI ROMA ON si viola certo la privacy del Garante rivelando che la neo nominata Autorità per la privacy, appunto, come purtroppo capita in Italia, non ha ancora una sede propria. La sta ricercando «affannosamente», assicura Stefano Rodotà (per ora grato ospite della Camera a Palazzo San Macuto), perché l'8 maggio entra in vigore la legge 675, e da quel giorno almeno in teoria la società dell'informazione dovrebbe voltare pagina. E la privacy dovrebbe divenire un valore non solo riconosciuto, ma protetto fin dentro gli archivi e le banche dati (non solo elettroniche). Tra meno di un mese, quindi, milioni di cittadini avranno un diritto in più: quello sulle informazioni personali che li riguardano. E di cui, secondo Rodotà, «grazie alla legge torneranno ad essere proprietari». Il che, naturalmente, comporta nuovi doveri per chiunque (e qui si tratta di migliaia di soggetti: aziende, enti, associazioni, pubblica amministrazione, media) abbia fin qui raccolto, conservato e diffuso informazioni personali - e in molti casi non potrà più farlo senza il consenso degli interessati. Tanto sospirata (se ne parla dagli Anni Ottanta), quanto frettolosa (per impellenze europee, soprattutto), la normativa sulla tutela della riservatezza affronta anche delicate e controverse questioni che hanno a che fare con l'informazione, ponendo limiti ai giornalisti per quanto riguarda «i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale» (art. 25). A regolare tutta questa incandescente materia, con un personale di 46 unità comandate da altre istituzioni, e uno stanziamento di 8 miliardi per l'anno in corso, provvede il Garante, organo collegiale di quattro membri di cui Rodotà - che di privacy si occupa dal 1973 - è il presidente. Quando pensa che troverete una sede? «Due locali sono stati individuati, speriamo di muoverci tra una decina di giorni. Ma intanto, domani cominciamo con le pubbliche audizioni: associazioni aziendali, Arci-gay, editori, giornalisti». E' così grave la situazione italiana? «Direi anomala, più che altro. Qui tutti hanno potuto raccogliere tutto su tutti senza chiedere il permesso. Lo sviluppo dell'elettronica ha aggravato le condizioni. Più che un poliziotto, come si leggeva in un titolo del New York Times, il vero Grande Fratello rischia di essere un imprenditore interessato a raccogliere informazioni sui cittadini». Per farci cosa? «Vede, oggi le informazioni personali sono molto ambite, fanno parte del mercato, in certi casi sono il motore stesso dell'attività economica...». Esempio? «Esempio banale: certe pubblicità che ci troviamo nella cassetta della posta arrivano senz'altro sulla base di indirizzari in cui siamo stati inseriti senza saperlo. Esistono parecchie organizzazioni che attraverso carte di credito o abbonamenti a giornali sono in grado di compilare profili sui gusti e le abitudini di un certo segmento di consumatori, profili che vengono mes;si sul mercato per individuare tar- get, o impostare campagne pubblicitarie. Con la legge sulla riservatezza tutto questo finisce». In che senso? «Nel senso che rispetto alle informazioni scatta il diritto all'autodeterminazione: sono io, cioè, che stabilisco cosa si può raccogliere, in quali circostanze e con quale diffusione. Le banche dati sono sottoposte a un nuovo regime, anche di sicurezza, per evitare fughe. Alcuni settori - si pensi alla sanità, e quindi alle malattie - dispongono infatti di informazioni personali assai delicate. Lo stesso la previdenza, che può facilmente estendere la raccolta dei dati sul reddito dei cittadini. Per non parlare delle segnalazioni telefoniche ai vari 112, 113 e 117». Anche quella è privacy? «Certo. Se il 117, per dire, non attiva accertamenti, ma le informazioni anonime restano, e allora io ho diritto di sapere chi e come ha eventualmente parlato di me. Si tratta della classica raccolta che va regolata perché potenzialmente rischiosa. Così come rischiosissima è la gestione della banca-dati del Viminale, che dal Comitato parlamentare dei servizi passa sotto il nostro controllo». Lì, veramente, qualche fuga si è già verificata... «Se è per questo anche alcune informazioni personali - penso ai tabulati della Telecom - sono state raccolte in modo discutibile». Nessun cittadino, però, potrà mai andare a vedere. «Ma proprio perché non c'è questo diritto per quanto riguarda l'elaboratore dati del ministero dell'Interno il Garante sente un dovere in più». Bene. Ma per quel che riguarda i mass media, invece, l'impressione è di una legge un po' raffazzonata, non del tutto comprensibile e al tempo stesso severa, vagamente minacciosa, anche... «Certo, un passaggio d'aula non le avrebbe fatto male. Si è sacrificata la precisione per la fretta, così ci sono molti dubbi inter- pretativi e di applicazione. Perciò abbiamo voluto sentire, subito, i rappresentanti degli editori e dei giornalisti. In seguito potremo proporre correzioni, oppure sospendere il giudizio in attesa del codice di deontologia giornalistica di cui si parla nella legge. Ma intanto lasciamo cadere l'allarme». E tuttavia preoccupa questo divieto a scrivere o parlare della salute e della vita sessuale. Che vuol dire «vita sessuale»? Pensi all'inchiesta sulle vallette. Non sarà elegante, ma ci sono giornali che campano sulle amanti e gli amanti. E la salute? Come ci si dovrà regolare, ad esempio, con il calciatore cardiopatico, il ginocchio della sciatrice, il tremore del capo religioso, il piede dell'esule politico, e giù, giù, fino al presidente che s'è affettato un dito tagliando il salamino? «Un momento. La finalità della legge è chiara. Non si tratta di non poter scrivere che il presidente della Repubblica aveva il raffreddore il giorno in cui si discuteva la missione militare in Albania, o che il calciatore dell'Inter è stato operato. Si tratta di scoraggiare un tipo di informazione che si risolve in una intollerabile intromissione nella sfera privata di un soggetto, magari tirando fuori notizie perfino a sua insaputa». Può fare un esempio? «Quello di una persona a cui, una volta ricoverata, viene diagnosticato un cancro. Non gli viene comunicato, e se lo ritrova li sul giornale. Perché lo spirito della legge non è censorio, tiene conto dell'interesse pubblico. Non credo sia stato illegittimo che i giornalisti si siano interrogati sull'effettiva corrispondenza alla realtà dei bollettini medici ufficiali quando il Papa è stato ricoverato. La tutela della privacy riguarda informazioni pubblicate per ragioni di mero pettegolezzo o attacco personale». Ma i media si occupano di personaggi pubblici. «Per i quali certo, almeno secondo la Corte Suprema degli Stati Uniti, la tutela è per forza minore. Sono loro che si espongono al pubblico, d'altra parte, nessuno li ha obbligati. E io, elettore, devo poter controllare se il candidato che propaganda la fedeltà coniugale come un dato decisivo, tradisce o meno la moglie. Se lo fa, è bene che questo character, come si dice in America, sia portato a conoscenza dell'elettorato». Lì, comunque, Clinton e Dole hanno mostrato le cartelle cliniche. In Italia, invece, l'informazione sulla salute si tutela per legge... «Beh, forse non è tanto un fatto di legge, m:. una questione di dinamiche sociali. Se la gente dice: "Io voglio sapere", alla fine i politici possono pure non darle, le cartelle cliniche, ma sanno benissimo che in questo modo sorge una situazione di sospetto che senz'altro gli nuoce dal punto di vista elettorale». E quindi... «Quindi noi vogliamo un sistema all'interno del quale i cittadini siano provvisti anche di questo tipo di informazioni sui politici, data ormai l'estrema personalizzazione. E' chiaro che si va verso l'investitura di singoli leader con un potere molto forte. Ma...». Ma? «Ma non dimentichiamoci che la questione della privacy riguarda anche i non-politici, le persone comuni indifese. Quel signore, ad esempio, che se n'è andato via di casa, è scomparso, ha addirittura cambiato città. Se i parenti lo cercano attraverso un programma televisivo in cui viene detto che a 18 anni si drogava, che era un tossicodipendente, ecco, per questo signore che nel frattempo si è ricostruito una vita, la diffusione di quel dato è una violazione bella e buona. E il Garante ha il dovere di intervenire». Filippo Ceccarelli «Finora si è potuto raccogliere tutto su tutti senza chiedere permesso» «No all'informazione che si risolve in una intollerabile intromissione» «Con queste norme torneremo ad essere i proprietari delle informazioni personali» Mercoledì 16 Aprile 1997 15 ge di tutela vacy» che dati «Con queste norme torneremo ad essere i proprietari delle informazioni personali» o Rodotà simo onio Di bi hanno azioni e A destra Stefano Rodotà Da sinistra Massimo D'Alema e Antonio Di Pietro. Entrambi hanno denunciato violazioni della privacy

Luoghi citati: Albania, America, Italia, Roma, Stati Uniti