Addio a Mlynar, ultimo esule della Primavera di Anna Zafesova

Addio a fl/llynaiy ultimo esule della Primavera VIENNA Dopo l'arrivo dei carri armati sovietici fu emarginato e costretto ad abbandonare il Paese Addio a fl/llynaiy ultimo esule della Primavera Nel '68 a Praga cercò con Dubcek il socialismo dal volto umano MOSCA NOSTRO SERVIZIO La «Primavera di Praga» continua a perdere i suoi eroi. All'età di 67 anni ieri a Vienna è mancato Zdenek Mlynar, uno dei leader del tentativo di riforma del socialismo schiacciato dai carri armati sovietici e del dissenso cecoslovacco. Soffriva da tempo di un cancro ai polmoni. Una vita tra ascese vertiginose e sconfitte disastrose, tra ideali e delusioni, segnata per sempre da una delle vicende politiche e umane più drammatiche di questo secolo. Mlynar era uno di quegli intellettuali che sotto la guida di Alexander Dubcek decisero nel 1968 di costruire un «socialismo dal volto umano». Fu uno dei personaggi chiave della «Primavera di Praga», segretario del partito comunista cecoslovacco in quei pochi mesi di euforia e speranza culminati in quella che secondo molti fu la fine dell'utopia socialista. Dopo l'arrivo dei carri del Patto di Varsavia, venuti ad aiutare i «fratelli cecoslovacchi» a salvare la rivoluzione, Mlynar aveva abbandonato il Comitato Centrale. Fu espulso dal partito nel 1970 insieme ad altri 500 mila riformisti. Andò a lavorare nel Museo Nazionale di Praga, condividendo l'esilio interno di tanti altri suoi compagni, fior fiore degli intellettuali, finiti a lavorare come guardiani, operai e spazzini sotto l'occhio vigile dei servizi segreti. Ma perfino in quell'esistenza modesta ci fu spazio per la ribellione. Nel 1977 Mlinar ha firmato, insieme a Vaclav Havel e altri dissidenti la «Charta 77» per la difesa dei diritti dell'uomo. Che gli costò l'impiego. Provvidenziale, dall'Austria arrivò l'offerta di andare a insegnare Scienze politiche all'Università di Innsbruk e all'Istituto di politica internazionale di Vienna. E Mlynar scel¬ se l'esilio. Un esilio mai terminato, perfino dopo la «rivoluzione di velluto» di Havel nel 1989. Mentre i vecchi compagni, Dubcek in testa, si prendevano la rivincita dopo venti anni di attesa, i tentativi di Mlynar di reinserirsi nel nuovo establishment politico non ebbero successo. Ma per Mlynar non ci sarebbe stato il 1968 se non fosse stato preceduto dal disgelo di Krusciov che lui aveva vissuto a Mosca, studiando giurisprudenza all'università Lomonosov. Un'esperienza importantissima, vissuta insieme con il suo compagno di stanza al campus universitario: Mikhail Gorbaciov. Un'amicizia che non si è interrotta nemmeno negli anni di disgrazia. Con il futuro padre della perestrojka aveva condiviso il dolore per la morte di Stalin e poi le prime scoperte e i primi dubbi dopo lo choc del XX congresso. Insieme avevano letto Bukharin, nasconden¬ do i suoi libri sotto il materasso e scambiandosi poi le opinioni sottovoce. Bukharin all'epoca era ancora proibito. Sarebbe stato riabilitato solo trent'anni dopo, da Gorbaciov. La «Primavera di Praga» per Mlynar era nata lì, nel vecchio convitto universitario sulla Stromynka, alla vecchia periferia industriale di Mosca. Per una combinazione del destino quel gruppo di ragazzi che studiavano all'università e passavano il tempo tra discussioni, feste e amori, ignari della propria sorte, sarebbero poi quasi tutti entrati nella storia. Tra gli amici di Mlynar c'erano Yurij Levada, oggi sociologo numero uno della Russia e uno degli intellettuali della perestrojka, e Merab Mamardashvili, il filosofo dissidente georgiano. Dovevano ancora passare quasi trent'anni perché Mlynar tirasse le somme di quell'epoca di illusioni scrivendo il suo libro «Gelo nella notte»: «L'unica esperienza che avevamo era quella della guerra e dell'occupazione nazista. Uno dei principali risultati di tale esperienza è stata una visione del mondo in bianco e nero, con il nemico da una parte e il suo avversario dall'altra». Anna Zafesova L'ex leader cecoslovacco Mlynar