Alta velocità, arrestati 13 imprenditori
Alta velocità, arrestati 13 imprenditori Riparte l'inchiesta dopo la sentenza della Cassazione. Polemiche sul ruolo di due carabinieri infiltrati Alta velocità, arrestati 13 imprenditori Accordi con la camorra napoletana per la spartizione degli appalti NAPOLI. L'inchiesta sulla spartizione degli appalti per l'Alta velocità in Campania riparte con una raffica di ordinanze di custodia cautelare. Dopo politici ed esponenti dei clan casertani, è la volta di 13 imprenditori arrestati ieri con l'accusa di associazione camorristica: gli mquirenti sono convinti che siano scesi a patti con la criminalità organizzata per accaparrarsi lavori per la Tav. E gli sviluppi dell'indagine, partita con l'utilizzo di due ufficiali dei carabinieri infiltrati sotto falso nome negli ambienti della malavita, sono diventati l'occasione per uno sfogo del procuratore di Napoli. Agostino Cordova è caustico: «La camorra - dice - è passata di moda e non forma più materia neppure delle astratte esercitazioni di stile». E' un'inchiesta finita nei mesi scorsi nel centro delle polemiche, quella che si è rimessa in moto dopo l'ordinanza del riesame che le aveva impresso un brusco stop. Parte dei provvedimenti emessi nella prima fase nei confronti di camorristi ed esponenti politici l'ex vicepresidente del Consiglio regionale Rocco Fusco, e l'ex dirigente del Ccd Pietro Funaro - era infatti stata annullata Ma questa decisione non è stata confermata dalla Cassazione che nelle scorse settimane ha rispedito gli atti al tribunale della libertà. E ieri i magistrati napoletani hanno scritto un nuovo capitolo, mandando in carcere gli imprenditori che avrebbero beneficiato degli accordi tra i camorristi e i carabinieri infiltrati - il cui ruolo di «agenti provocatori» è stato messo da più parti in discussione - i quali si presentavano come funzionari Tav incaricati di scegliere le ditte locali. In base ai patti, sull'importo complessivo degli appalti, pari a 9 mila miliardi, andavano calcolate tangenti destinate in eguale percentuale (3 per cento) a politici e camorristi. Ai fasulli esponenti della Tav sarebbe stato consegnato dagli intermediari dei clan un elenco di imprenditori «amici», i 13 destinatari delle ordinanze, fra i quali il presidente dell'Associazione dei costruttori di Caserta, Antonio Bruno Farina. Ma la nuova fase dell'inchiesta ha offerto a Cordova lo spunto per scendere in campo sulla questione al centro del dibattito sulla giustizia. Dibattito nel quale «i magistrati vengono duramente attaccati non appena manifestano opinioni scomode» e in cui «manca il benché minimo accenno» agli strumenti per reprimere il potere criminale «che lo Stato non è in grado di contrastare». Il procuratore sottolinea che l'attività inquirente è invece «oggetto di fuochi di sbarramento e di Uberi ed nidisturbati attacchi di ogni genere e ad ogni livello» e ancora ima volta lementa le carenze di uomini e mezzi. «La forte riduzione delle dotazioni concesse dal ministero di Grazia e Giustizia - sostiene Cordova - comporterà presto il blocco delle vetture blindate riservate alla tutela della sicurezza dei magistrati della Dda, con consenguenze non ancora prevedibili». E intanto, insiste il procuratore, la camorra «passata di moda» continua a dettare legge. Cordova cita le affermazioni di un boss, «vero assessore ai lavori pubblici» dei Casalesi. Secondo lui, la realizzazione della Tav sarebbe stata impossibile senza un accordo con il clan «salvo un presidio dell'esercito su ogni metro del percorso». Mariella Cirillo Agostino Cordova
Persone citate: Agostino Cordova, Antonio Bruno, Cordova, Mariella Cirillo, Rocco Fusco
Luoghi citati: Campania, Caserta, Ccd Pietro Funaro, Napoli
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