Le maschere dell'imbroglio di Massimo Gramellini
le maschere dell'imbroglio le maschere dell'imbroglio Le due anime dell'intendente «modello» ROMA I colleghi dell'intendente di B finanza Umberto Baldini, presunta anima nera della rapina a telefono armato di «Domenica In», raccontano di conversazioni al bar dell'ufficio in cui una voce si levava solenne a deprecare lo scadimento dei costumi e la disonestà della classe politica. E quella voce non apparteneva a Nembo Kid ma proprio al Ealdini, l'eroe di questa storia piena di commercialisti e di agenti delle tasse, le due categorie che nella hit parade dell'impopolarità nazionale rimangono dietro soltanto ai giornalisti. Non si può già dire che Baldini è il colpevole, anche se lui fa di tutto per sembrarlo, mostrandosi alle telecamere con una faccia che sembra quella di un uomo che sta seguendo il proprio funerale. Possiamo invece affermare con una certa sicurezza che è ur. italiano. Molto italiano. Pure troppo. Ma non l'italiano che non c'è, vagheggiato dai moralisti che hanno inventato la «società civile» e aumentano l'inganno autoconsolatorio che chi ci governa sia peggio di noi. Qui abbiamo a che fare con l'italiano che c'è. Quello che si lamenta del traffico e parcheggia in seconda fila, che detesta i furbi e lascia le vecchie multe sul parabrezza per ingannare il vigile, che disprezza la doppiezza dei politici e si districa come uno slalomista fra la cena col coniu¬ ge e il digestivo con l'amante. I nostri Baldini non sono peggiori di quelli d'importazione. Solo più fantasiosi e cattolicamente ipocriti, perché non riescono a peccare con faccia serena, ma devono esibirne immediatamente un'altra, indignata. La prima inquadratura dell'uomo di «Domenica In» lo mostra un attimo dopo la truffa, con il microfono in mano e lo sguardo di uno stracchino mentre minimizza in diretta. A telecamere spente indossa la maschera lamentosa con Galeazzi per depre¬ care la scarsa diplomazia della Venier nel rendere pubblico lo scandalo, ma torna solenne e spietato di fronte ai funzionari della Rai, promettendo una relazione sull'accaduto. Infine il capolavoro, l'unico fotogramma di questa storia destinato a sopravviverle: la porta del camerino di Mara Venier si spalanca e sulla soglia appare lui, il Baldini, stavolta nei panni della vittima perplessa e costernata: «Ma come sarà potuto accadere?», si chiede sconsolato. Già, come? Purtroppo da noi il talento viene sempre rovinato dalla superficialità, che dai tempi de «I soliti ignoti» rende le truffe italiane così simili a tutto il resto: fantasiose, ma goffe e quindi smascherabili. La Rai ha cominciato a sospettare il trucco all'inizio di marzo, quando un concorrente declinò d'un fiato le generalità dei Cugini di Campagna, manco fossero i Beatles. Ora, nessuno al mondo può sapere a memoria i nomi dei Cugini di Campagna, neppure i Cugini di Campagna. Un truffatore americano, ma persino svizzero, avrebbe suggerito al complice telefonico di aspettare qualche secondo per rendere più credibile la risposta, magari dicendo di averli letti sulla copertina di «(Anima Mia». Possibile che bisogna sempre insegnargli tutto, a questi bricconi? Massimo Gramellini
Persone citate: Baldini, Galeazzi, Mara Venier, Umberto Baldini, Venier
Luoghi citati: Roma
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