Il primo intoppo in terra d'Albania

Il primo intoppo in terra d'Albani «E' ancora troppo presto, non ci sono le condizioni». Lo sbarco si è svolt Il primo intoppo in terra d'Albani Venturoni: per ora non si va a Valona Mezz'ora di ritardo, pcassetta con gli interruta tensione murata lìposto dove non avrebbsere, accanto alla biquella per le gomene cferma la nave, ed è impbassare il portellone. «liens!», commentano i fle loro attillate tute miocchio all'orologio e l'azale del porto che degliare. Ma «les itaiiensuna piega: semplicemeno il San Marco. «Corastra», ordina il comandno di vascello Antonio anni, di Montevarchi di Arezzo. E alle 8,23, a poppa viene abbassato e ci sono telecamere dappertutto. Un minuto dopo salta a terra Federico Dapuzzo, 37 anni di Cava dei Tirreni, sposato con due figli, abitante a Livorno, tenente colonnello della Folgore. Ecco, è questo il ciak dell'operazione cominciata fra l'indifferenza della gente. «Alba!», ordina l'ufficiale, e i suoi con il basco amaranto si raggruppano e poi stendono un cordone lungo la strada fino all'uscita dDurazzo vive una gnima: degli elicotteridei blindati e dei militno ai denti, alla genteimportare nulla, nessusulle banchine, soltamattinata, ceco, alcunchiedono l'elemosina no, Artan, che offre focordo, dice, compra unlek». Lo chiamano D-daun'invasione e il colonzo commenta: «Abbiamo della tranquillitàquindi possiamo comirare nel modo migmanteniamo alto il lidia, ma siamo transappiamo che la poponese è stata regolarmta sugli scopi della nne». Delle informazioni popolazione albanesetese, parla Buyar Tiraza lavoro, disorganizdo gli hanno bruciatoda quel giorno è prestre centinaia di uominbar lungo il vialone ariamo che i militari rirezza e ordine in quesi dovranno occupaalimentari». Per la velo sanno bone che cosE ora scendono dpennone del San Marla bandiera albanese dell'Europa con otto stelle, una per ogni Paese che partecipa alla missione. Alle 8,35 escono i primi camioncini, poi un ruggito fa voltare la testa: e dal buio sbuca Arco, autoblindo pesante della classe Centauro, un bolide da 28 tonnellate che con le sue enormi ruote corre a 120 chilometri all'ora, armato con un micidiale cannone da 105, quattro uomini d'equipaggio. Sono questi i «destrieri» del glorioso Savoia Cavalleria, quello che nella notte del 24 agosto 1942, nella steppa russa di Isbushenskij, lanciò l'ultima carica a cavallo della storia. E dopo Arco, ecco Regina, poi Zibibbo e Tersicore, Valanga e Bacco. Sono i nomi dei cavalli di quella notte che i ragazzi col basco nero ti raccontano come si racconta la mitologia. E i francesci sono lì, a sorvegliare, perché è compito loro. «Restiamo, per ora, poi vedremo», dice il capitano Christophe Demiron, 30, di Le Mans. Sono sbarcati un'ora prima, dall'Orage, e per la scena la mano del regista si è dimostrata felice. «On y va», ha ordinato Demiron dopo aver osservato i magazzini e la sede della dogana anneriti dal fumo, perché nei giorni della follia, quando a migliaia si accalcavano sui moli in attesa di una carretta qualsiasi per Lamerica, qui hanno distrutto tutto. Durazzo è una piazzaforte francese, da ieri, e quando arriva Beniamino Andreatta, ministro della Difesa italiano, lo riceve il generale Maurice Godinot, capo del corpo di spedizione transalpino. Loro, francesi, sanno nel dettaglio che cosa devono fare nei prossimi giorni, devono garantire sicurezza s quelli che arriveranno. Al contra rio, i nostri sanno che prima di tut to dovranno prendere posizione nei porti di Durazzo e Valona e all'ae roporto e che dovranno sì scendere anche nella «libera repubblica di Vlora», ma quando lo ignorano. In ogni modo, sarà «entro D+10», informa il tenente colonnello Gianfranco Scalas, con quel linguaggio così in voga negli alti Stati Maggiori. Insomma, entro il 25 aprile Perché non subito? «E' ancora presto per andare laggiù», ha tagliato corto l'ammiraglio Guido Venturo ni, capo di Stato Maggiore della Difesa. «Il porto non offre garanzie di agibilità. Non è recintato e a ridos so delle banchine è sorta una baraccopoli densa di popolazione la cui presenza non è compatibile con uno sbarco militare». E allora, am miraglio? «Allora stiamo valutando se sia il caso di arrivare a Valona trasferendo via terra le forze desti nate al Sud. Entro la fine di questa settimana sarà possibile fare una perlustrazione minuziosa della zo na, muovendoci da Fier verso Vaio la fine ttimana o una razione ziosa zona e emo se ngere la a terra» na. Solo dopo questa perlustrazione si potrà stabilire quando raggiungere via terra la città e iniziare a valutare l'ipotesi di un successivo sbarco nel porto». L'improwisazione e la fantasia, ecco che cosa dovranno soccorrere e, forse, stupiranno i compagni di avventura, i francesi e magari pure gli spagnoli. E l'ammiraglio conferma: «Non è stato tra l'altro deciso se inviare il 151° reggimento fanteria della Brigata Sassari oppure l'8° reggimento bersaglieri della Garibaldi, che dovrebbero comunque essere trasferiti a Durazzo entro tre o quattro giorni». E in quale situazione politica si tufferanno i nostri soldati, laggiù? «Stiamo aspettando che il governo albanese nomini un commissario, o riconfermi i consigli eletti, anche se non sarà male tenere i contatti con tutti gli organismi rappresentativi sorti nella zona». Ma non è un comitato cittadino, riconosciuto o meno, a condizionare la situazione politica: sono le armi, che pochi hanno restituito. E con tanta gente armata le urne rimarranno un sogno, ha detto ieri Gene Pollo, neosegretario generale del partito demo¬ cratico, quello che a Valona voleva impiegare i carri armati. «Non si possono immaginare elezioni se prima non ci sarà stato il disarmo dei comitati del Sud». Facendo un passo in avanti, appare chiaro che a giugno, qui, non si voterà. Del resto lo ha lasciato intendere anche Andreatta, quando ha osservato: «Speriamo che in tre mesi, o qualche mese in più, si torni tutti insieme a casa». Ha pure detto: «Siamo qua per aiutare in un momento di difficoltà nazionale il popolo albanese. Spero che questo sia compreso da tutti gli albanesi, siamo qua per far uscire l'Albania dall'anarchia che l'ha colpita nelle ultime sei settimane». A Tirana, a Tirana. La colonna degli italiani si è avviata lenta verso la capitale, in tutto 270 uomini, e altri 150 erano sbarcati all'aeroporto di Rinas. Fra loro, però, non c'era più Iuri Corona, vent'anni, sardo: si è lussato una spalla durante il viaggio, l'altra notte. Ne avrà per un mese. «Sarà felice la mia fidanzata. Ma voglio tornare». Anche gli spagnoli ora sono arrivati, con l'Hernan Cortez. «Andiamo a Scutari, poi vedremo», dice il capitano José Castro. Ma lo sa chi c'è a Scutari? «Jente buena y bandidos». Suerte, capitan, buona fortuna, a tutti. Vincenzo Tessandori «Entro la fine della settimana faremo una perlustrazione minuziosa della zona e decideremo se raggiungere la città via terra» Andreatta: speriamo di Ma aggiunge subito: o tornare a casa in 3 mesi qualche mese in più \ Andreatta: speriamo di Ma aggiunge subito: o tornare a casa in 3 mesi qualche mese in più