Quattromila desaparecidos dopo la grande migrazione

Quattromila desaparecidos dopo la grande migrazione Quattromila desaparecidos dopo la grande migrazione LE CIFRE DELL'ESODO BRINDISI DAL NOSTRO INVIATO Sono arrivati a migliaia in Puglia per sfuggire alla fame e alla violenza di un Paese in rivolta. Molti hanno trovato ricovero nei centri di accoglienza disseminati in tutt'Italia. Altri, però, sono spariti una volta ottenuto il permesso temporaneo di soggiorno: secondo stime ufficiose sono quattromila, un esercito di albanesi «desaparecidos» che attraversa in lungo e in largo la Penisola e che in un futuro non lontano potrebbe andare a ingrossare le file degli immigrati clandestini. Alcuni hanno comunicato - come prevedono gli accordi - il proprio allontanamento dai campi profughi per riunirsi ai parenti che da tempo vivono e lavorano in Italia, ma nessuno è in grado di garantire che restino con i familiari fino alla scadenza del visto. E c'è anche chi, di fronte alla prospettiva di dover tornare in patria quando il documento rila- sciato dalle autorità italiane non avrà più valore, ha preferito sparire senza preavviso, lasciandosi alle spalle un tetto sicuro e un pasto caldo e andando incontro a un futuro da clandestino. I funzionari del Viminale, tuttavia, sono meno pessimisti: secondo loro gli albanesi spariti dai centri di accoglienza sono un migliaio, ma ammettono che «si tratta di un numero approssimato per difetto». Anche ora che le vecchie carrette del mare salpate da Valona e Durazzo non attraversano più l'Adriatico con il loro carico di disperazione, è difficile tracciare un primo bilancio del grande esodo dei profughi in fuga dal loro Paese. Dal mese di marzo 13.450 albanesi sono sbarcati con ogni mezzo sulle coste brindisine: un'ondata che per settimane ha sommerso la Puglia e che polizia e carabinieri hanno arginato con difficoltà. Problemi che in quei giorni nemmeno il ministro dell'Interno, Giorgio Napolitano, si sentiva di nascondere: «Siamo preoccupati per le infiltrazioni criminali di albanesi e stiamo procedendo all'individuazione di elementi pericolosi per lo Stato e per l'ordine pubblico». «Abbiamo lavorato come muli nel tentativo di identificare migliaia di uomini, donne e bambini sprovvisti di documenti: a volte abbiamo avuto successo, spesso abbiamo dovuto arrenderci - ammette un funzionario della questura di Bari -, Come se non bastasse, proprio in quei giorni c'era stata una fuga di massa da un carcere albanese, ma le autorità di Tirana non avevano nemmeno pensato a inviarci un elenco degli evasi. Nella maggioranza dei casi abbiamo dovuto fidarci della parola dei profughi che ci hanno dato le generalità loro e dei bambini di cui dicevano di essere i genitori. Non ci è rimasto altro che annotare i nomi, scattare una foto e prendere le impronte digitali». Ma la rete dei controlli spesso ha funzionato. Nei giorni successivi al grande esodo di marzo le autorità di polizia hanno individuato ed espulso 1302 profughi «indesiderati». Altri, invece, hanno deciso spontaneamente di tornare in Albania. Come Luaneta Taulau, 20 anni, che il 28 marzo si era imbarcata con oltre cento profughi su una motovedetta albanese che non sarebbe mai arrivata in Puglia: è affondata nel canale di Dei 12.148 albanesi che hanno superato le verifiche della polizia, 7944 sono sotto il controllo del ministero dell'Interno. Dopo avere ottenuto il permesso di soggiorno, migliaia di profughi sono partiti dalla Puglia (che ancora ne ospita 2025) verso le mete più disparate: dalla Lombardia (464) al Piemonte (236); dalla Toscana (1354) alla Calabria (523). Che fine hanno fatto gli altri Alcuni hanno raggiunto parenti o amici nelle varie regioni, ma di altri non c'è più traccia Crescono i dubbi sulla effettiva possibilità di tenere le elezioni a giugno, come previsto Il nuovo segretario del partito del Presidente: «Prima bisogna disarmar^ i Comitati del Sud» Otranto dopo una collisione con la nave militare «Sibilla», trascinando in fondo al mare 83 persone fra cui molte donne e bambini. Quando Luaneta ha saputo che nell'elenco delle vittime c'era anche Mirand Kagaku, 28 anni, l'uomo che aveva sposato solo tre mesi fa e con cui aveva sognato di rifarsi una vita, ha detto addio per sempre all'Italia ed è tornata a Valona. Il ministro della Difesa Beniamino Andreatta con il gen. Luciano Forlani

Persone citate: Beniamino Andreatta, Giorgio Napolitano, Luciano Forlani, Mirand Kagaku