L'inimitabile profetessa del camp

MIRABILE MIRANDA MIRABILE MIRANDA L'inimitabile profetessa del camp VEDIAMO se riesco a scriverlo. E tico tico ti e tico tico ta, e tico tico tico tico tico ta... Era lei a cantare questa specie di scioglilingua esoticheggiante, dimenando a più non posso le anche: sto parlando di Moia De Carmo Miranda De Cunha, naturalmente, e cioè di Carmen Miranda. Chissà che cosa avrebbe detto la Carmen, se fosse venuta a conoscenza del fatto che a tanti anni di distanza la sua figura sarebbe diventata un'icona gay, al punto da essere scelta come simbolo della nuova edizione del festival «Da Sodoma a Hollywood». A Hollywood Carmen Miranda arrivò nel 1940, quando la Fox volle scritturarla per il lungometraggio «Notti Argentine». Nata in Portogallo nel 1909, aveva debuttato a Broadway nel '39, e le sue doti di vitalità ed esuberanza non erano sfuggite ai cronisti dell'epoca, che la soprannominarono «la Bomba Brasiliana», forse perché in Brasile aveva raggiunto la popolarità come cantante, ballerina e diva radiofonica. Di statura piuttosto ridotta viaggiava su tacchi alti dai 20 ai 30 centimetri, e amava sfoggiare bizzarri copricapi formati da torri di frutta, nei quali la banana aveva un significato molto preciso. Capace sin d'allora di stimolare la fantasia e la creatività di tantissimi estimatori. Carmen Miranda torna oggi alla ribalta come profetessa del camp. Imitatissima e inimitabile. Giuseppe Culicchia CINEFILI, NON PERDETE QUESTI FILIVI Ci sono stimoli specifici che rendono «Da Sodoma a Hollywood» imperdibile per il cinefilo. Ad esempio, non si potrà mai parlare di nuovo cinema senza vedere e discutere l'ultimo, provocatorio, estremo documentario di Rosa von Pranheim, cineasta che proprio il festival gay ha contribuito in modo decisivo a far conoscere al pubblico italiano. «Transexual Menace» prende titolo e spunto dal nome del più famoso gruppo organizzato sui diritti dei transessuali, operante negli Stati Uniti: ma la serietà dell'assunto e l'impegno politico del film non gli impediscono di essere volutamente provocatorio, proprio il contrario del falso scandalismo documentario dei servizi per le «impegnate» trasmissioni televisive. E subito dopo non farà male rivedersi «The Rocky Horror Picture Show», presto in teatro anche qui da noi e successo assoluto del cinema in¬ dipendente americano, miscuglio di cinefilia e di cattivo gusto, di spunti pop e di volontari sberleffi a ogni perbenismo possibile. Poi, visto che quest'anno a Cannes sarà sicuramente l'anno di un ritrovato Marco Bellocchio (pare che il suo «Principe di Homburg» sia bellissimo, che abbia conservato la grande capacità di regia e abbia ritrovato la rabbia delle origini), sarà importante rivedersi nella retrospettiva italiana l'ottimo «Marcia trionfale», violento attacco al militarismo di caserma. Infine, siccome ridere non fa mai male, nella stessa retrospettiva non va perso «La patata bollente», nel quale Massimo Ranieri ed Edwige Fenech si contendono l'amore dell'operaio comunista Renato Pozzetto: il tutto condito da risate sicuramente grasse, ma mai volgari, come il grande professionista Steno sapeva concepire, [s. d. e]

Luoghi citati: Brasile, Cannes, Hollywood, Portogallo, Stati Uniti