«Il marito a caccia» è Gianrico Tedeschi

ALL'ALFIERI ALL'ALFIERI RISO ALLA FEYDEAU «Il marito a caccia» è Gianrico Tedeschi aUEL che stupisce in Georges Feydeau è la capacità di utilizzare ogni mobile, ogni soprammobile, ogni anfratto della scena: ogni particolare della struttura si lega a un altro, in un incastro abilissimo; nulla è mai lasciato al caso». La frase è del regista Piero MaccarineUi e fa parte delle «note di regia» che sono state scritte in occasione della prima di «Quando il marito va a caccia» (in originale «Monsieur Chasse») avvenuta a Milano all'inizio dello scorso mese. Lo spettacolo martedì 15 aprile approderà al Teatro Alfieri e vi resterà sino al 20. Vi recitano Gianrico Tedeschi, Marianella Laszlo (insieme nella foto), Franco Iavarone, Dina Braschi, Franco Fama, Edmondo Tieghi, Rosalba Trevisan, Alessandro Tiberi e Luigi Zelli. Tedeschi è l'aspirante fedifrago Duchotel che si congeda dalla moglie con la scusa di una battuta dz caccia insieme con l'amico Cassagne. Il quale puntualmente'si reca a far visita ai Duchotel mandando a monte l'alibi e innescando una serie di incontri, scontri, fughe, scambi, addirittura irruzioni della polizia. La traduzione e l'adattamento sono stati curati da Mario Flaiano che ha a sua volta af¬ fermato: «E' il grande artefice a menare le danze, per cui si può solo cercare di oliare le molle del mirabile meccanismo; evitare interiezioni e superate ripetitività, tentare di aggiornare qualche modo di dire; cercare di eliminare la "polvere" del tempo, niente di più...». Insomma: il buon vecchio artigiano del teatro, l'allegro costruttore dei migliori vaudeville che siano mai stati scritti, il licenzioso e al tempo stesso impietoso illustratore dei vizi della borghesia parigina, offre la levità di meccanismi talmente perfetti da far dimenticare la complessità che li sostiene. Per lo spettatore è divertimento leggero e piacevole, buon ritmo, prevedibile eppur sempre gradevole girandola di equivoci e finale rassicurante, con la situazione di partenza che si ricompone in una indolente normalità. Per gli «addetti ai lavori» scattano invece immediate la sorpresa e l'ammirazione per la perfezione dell'artigianato comico. Congegni e invenzioni drammaturgiche tarati con millimetrica precisione, sono la traccia costante da cui lasciarsi trasportare. L'unico aspetto del1 opera di Feydeau che è a discrezione di regista e attori è quello che si nasconde discreto eppur nitido dietro la spensieratezza di tanto vaudeville. Sta agli interpreti e a chi li dirige fare o no trapelare lo sguardo critico, disilluso e sarcastico di chi descriveva una borghesia in fondo stupida e ignorante, una società popolata da individui egoisti, che non conoscono altra ricchezza al di fuori del denaro, avvezzi a ingannare, mentire, tradire. L'allestimento in scena all'Alfieri ha questo pregio: unisce al divertimento del mecca-

Luoghi citati: Milano